Paisiello mon amour – Una conversazione con Bruno De Simone
di Andrea Zepponi
14 Apr 2025 - Approfondimenti classica
Riportiamo il contenuto della conversazione a tutto campo avuta dal musicista e musicologo Andrea Zepponi col grande baritono napoletano Bruno De Simone.
Non è alla portata di tutti avere a due passi da casa propria un grande cantante lirico che abbia frequentato i principali autori operistici e sia pronto a disquisire sulla sua carriera e sulla musica. Bruno De Simone, classe 1957, baritono napoletano della più nobile e consapevole tradizione, allievo eccellente ed erede artistico del sommo Sesto Bruscantini, è esperto riconosciuto di tutto repertorio belcantistico, in particolare quello settecentesco e rossiniano, nonché uno dei cantanti-attori più attivi nel panorama operistico mondiale.
Il maestro mi ha ricevuto nel suo appartamento di Pesaro, città pregna del culto rossiniano, che si arricchisce della sua adozione a cittadino di quella che è pur sempre la sede della rinascita del belcanto rossiniano con il suo Rossini Opera Festival (1980). Si è parlato di tutto: della difficile situazione della lirica odierna, dello strapotere delle agenzie, della mancanza di un progetto concreto dall’effettivo valore etico per rilanciare la lirica come parte essenziale della civiltà italiana – ora che il riconoscimento UNESCO è calato come una lapide commemorativa sul belcanto – sulla carenza di una didattica efficace senza nessun rimando nostalgico e lacrimoso ai bei tempi andati, anzi tenendo lo sguardo asciutto e realistico al mondo odierno dove la mancanza di un sano divismo non fa certo bene alla lirica e il piattume vocale invade le scene in nome di un filologismo falso e tendenzioso. Nessun passatismo, anzi il maestro riconosce la necessità dell’artista lirico di essere completo il più possibile da ogni punto di vista, anche quello fisico, per cui equilibrio ormonale e presenza scenica contano eccome in quanto procedono da un indispensabile benessere psicofisico. Con i mezzi tecnici odierni si potrebbero avere risultati eccellenti e superiori a qualsiasi epoca se ci fossero voci italiane educate al meglio e intenti estetici onesti da parte di registi. Mancano i modelli di successo e i giovani italiani, seppur dotati, non si mettono su una strada da fame che li schiavizza senza nessuna vera promessa di gloria e di riscontro economico. Le vocalità che oggi vanno per la maggiore sono discutibili nella giostra attivata da agenti e da dirigenze artistiche con pochi scrupoli artistici.


S’è parlato del suo amatissimo Paisiello che egli considera alla stregua di un Mozart italiano: la sua Nina pazza per amore, vera e propria seduta psicanalitica ante litteram, e la vocalità del baritono-basso buffo nelle opere del grande Tarantino (ad es. l’Idolo cinese), frequentate con tanto amore e dedizione, oltre all’estro che lo contraddistingue come interprete autentico delle opere di Salieri, Haydn, Galuppi, Pergolesi, Paisiello, Tritto e Cimarosa che costituiscono il nucleo iniziale del suo vasto repertorio.
Per De Simone, erede dei grandi bassi buffi napoletani, l’ascolto e la conoscenza dei grandi del passato è indispensabile, cosa di rara attuazione oggigiorno: s’incontrano dei giovani cantanti impegnati in ruoli rossiniani che non sanno neppure chi è stato Rokwell Blake. Il ‘700 è normativo dal punto di vista musicale e formativo dal punto di vista vocale, mentre il ‘600 è specialistico, però è ben chiaro che la voce ci deve sempre essere; non ci si dedica alla musica antica e barocca per ripiego e chi ha una emissione vibrata non può affrontare il repertorio settecentesco. Con ciò il maestro critica l’attuale tendenza al barocchismo e alla esecuzione “baroccara” dove, pur di esibire un repertorio considerato inusitato e prezioso, lo si fa in modo approssimativo e spocchioso senza attingere a nozioni oggettive: una fra queste è trattare armonicamente ed esteticamente il ‘600 come il ‘700. Eppure, la enorme produzione di Paisiello e Cimarosa viene ignorata anche dai teatri più facoltosi.
Nella sua casa pesarese De Simone non ama esibire i suoi tanti cimeli e i suoi trofei passati, piuttosto i più recenti come il premio “vocalis” alla carriera conferitogli nel 2024 dal San Pietro a Majella, ormai più museo che conservatorio. Un riconoscimento a lui molto caro per la completezza della motivazione che lo consacra a “raffinato protagonista del repertorio belcantistico italiano”.
Tutti ricordiamo la sua straordinaria interpretazione del ruolo di Don Pietro ne Lo frate ‘nnamorato di Pergolesi (Teatro alla Scala di Milano, 1990) con la trovata scenica eccezionale di parodia della musica francese con un birignao esilarante. La vocalità di De Simone ha il pregio unico di essere oggettivamente inconfondibile e riconoscibile tra tutte le altre.