Al MAXXI di Roma “Il poeta e il mago” di Enzo Cucchi


di Flavia Orsati

4 Set 2023 - Arti Visive

Abbiamo visitato, negli spazi della Galleria 4 del MAXXI di Roma, la splendida Mostra “Enzo Cucchi. Il poeta e il mago”, 200 opere tra cui alcune mai esposte. L’esposizione, a cura di Luigia Lonardelli e Bartolomeo Pietromarchi, è visitabile fino all’8 ottobre 2023.

(Foto di F.O.)

I morti nudi saranno una cosa
Con l'uomo nel vento e la luna d'occidente;
Quando le loro ossa saranno spolpate e le ossa pulite scomparse,
Ai gomiti e ai piedi avranno stelle;
Benché ammattiscano saranno sani di mente,
Benché sprofondino in mare risaliranno a galla,
Benché gli amanti si perdano l'amore sarà salvo;
E la morte non avrà più dominio.
D. Thomas – E la morte non avrà più dominio
L’allestimento della mostra

Per descrivere cosa è Enzo Cucchi. Il poeta e il mago bisogna uscire dall’ambito delle consuete categorie che si applicherebbero ad una recensione di una mostra canonica, perché, in effetti, l’esposizione è molto di più: le oltre 200 opere, di diversa tipologia, molte sinora mai esposte, sistematizzate negli spazi della Galleria 4 del MAXXI di Roma, con un allestimento concepito a partire da uno spunto progettuale dell’artista, mirano a ricostruire un universo di senso, che è quello del poeta/mago marchigiano, a partire dal suo libero assemblaggio a seguito di una totale destrutturazione, che non segue alcun criterio – figuriamoci quello cronologico – che esuli da quello poetico dell’ispirazione, che trae origine dai segni e dai simboli.

La quantità delle opere presenti testimonia a pieno la prolificità e la poliedricità dell’artista, classe 1949, originario di Morro d’Alba, in provincia di Ancona: troviamo quadri polimaterici, disegni, ma anche ceramiche, bronzi, progetti editoriali e libri d’artista, in quella che non si propone di essere una classica retrospettiva ma un viaggio in pieno stile nell’immaginario di Cucchi e che, come ogni viaggio che si rispetti, può avere imprevisti, ripensamenti, marce indietro, ritmi differenti. L’esposizione, aperta il 17 maggio 2023 e visitabile fino all’8 ottobre 2023, negli spazi del MAXXI di Roma, è a cura di Luigia Lonardelli e Bartolomeo Pietromarchi.

Per orientarci nel mare magnum di segni che si affastella davanti agli occhi del fruitore, è utile partire dall’unica cosa certa: il titolo della mostra. Quelle del poeta e del mago sono figure creatrici per eccellenza, che ben estrinsecano le due polarità del lavoro dell’artista: da un lato, la parola, la fertile capacità poietica del mito e della leggenda, per Enzo Cucchi contrapposta al possibile rimaneggiamento e alla faziosità della Storia, e dall’altro il lavoro alchemico e psichico sul versante simbolico. Ma poeta e mago hanno anche dei punti di tangenza, nella loro abilità di creare nuovi mondi, grazie alla resa su carta dell’immaginazione simbolica il primo e grazie alla capacità di influenzare il reale e modificarlo, anche con le parole, il secondo. Sono proprio le parole, in effetti, tanto presenti nell’opera di Cucchi, ad aprire e chiudere il percorso della mostra. All’ingresso, il visitatore si trova davanti una piccola biblioteca, compendio di una selezione di volumi amati da Cucchi, a disposizione per essere sfogliati e visionati, entrando in prima persona nella fucina creatrice dell’artista e constatando la sua propensione onnivora, che divora spunti letterari appartenenti ai classici quanto cataloghi artistici, libri fotografici d’epoca e romanzi di fiction scientifica.

Miracolo della neve (1986, olio su tela con legno, collezione D’Ercole, Roma)

Procedendo per il percorso della mostra, che dialoga a distanza con l’esposizione di Castelbasso chiusasi lo scorso 27 agosto (che abbiamo recensito qui: https://www.musiculturaonline.it/la-mostra-di-enzo-cucchi-a-castelbasso/ n.d.r.), si incontrano i temi che hanno caratterizzato sin dagli albori l’arte di Enzo Cucchi: il dialogo costante ed ambivalente con la morte e con l’immaginario mortifero, la natura marchigiana, quella ironica di Osvaldo Licini e, per certi versi, quella inquietante di Scipione, le enigmatiche figure antropomorfe e teriomorfe che abitano i suoi quadri e le sue sculture. Il teschio pare essere uno dei motivi cardine dell’opera di Cucchi, assimilato probabilmente nell’infanzia, nel paesaggio dell’entroterra marchigiano, costellato di chiese rurali e cimiteri. Un fare arte, dunque, che si presenta come un corpo a corpo con la materia e con la sua conseguenza finale, la chiusura, la morte, che viene esorcizzata e attraversata nell’unico campo in cui essa non può più avere dominio. Sono ancora le parole, con la grafia dell’artista stesso, ad accompagnare il visitatore verso la fine del percorso, su di una parete che ricorda, al contempo, l’alba e il tramonto, la fine e l’inizio: la pittura raduna il peso delle cose / una pittura è una cosa calda / si vede da lontano che odi la pittura / mostra e muori.

Trasporto di Roma (1991, olio su tela e ceramica, Pinacoteca Civica Podesti di Ancona)
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