La Resistenza europea nella seconda guerra mondiale. Il Manifesto di Ventotene


di Alberto Pellegrino

24 Apr 2024 - Varie

In occasione della festa del 25 Aprile l’Editoriale di Alberto Pellegrino è dedicato alla Resistenza europea nella Seconda guerra mondiale e al Manifesto di Ventotene, di cui pubblichiamo anche uno stralcio, che rappresenta la prima spinta alla creazione dell’unità europea.

La Resistenza contro il nazismo e il fascismo è stata, tra il 1939 e il 1945, un movimento europeo che ha visto impegnati in tutti i Paesi occupati migliaia di uomini e donne, i quali hanno lottato contro i regimi dittatoriali per la riconquista della libertà e della democrazia. Persino nella Germania hitleriana vi è stata la presenta di piccoli gruppi clandestini di opposizione al nazismo. 

Le forme di resistenza. I Paesi europei e la lotta di liberazione

In quei paesi europei, dove è nata la resistenza contro l’occupazione nazista-fascista, vi è stata una partecipazione diretta di una minoranza di uomini e donne (stimata dall’uno al tre per cento della popolazione europea), mentre la resistenza passiva è stata molto più diffusa. Nell’Europa orientale, dove il dominio nazista è stato più oppressivo, una percentuale maggiore di persone ha fatto parte dei movimenti di resistenza organizzati (in Polonia la partecipazione è stata stimata il 10-15 per cento).

La Resistenza ha assunto in Europa modalità diverse: è stata una resistenza non violenta sotto forma di scioperi, manifestazioni, impegni assunti da associazioni e organizzazioni della società civile; vi è stata una resistenza armata come guerriglia extraurbana e urbana, sabotaggi, requisizione di armi e beni alimentari, spionaggio, stampa propagandistica, trasmissioni radio, falsificazione di documenti, organizzazione di fughe e di evasioni per ebrei, prigioni politici, prigionieri di guerra alleati.

Fin dagli inizi degli eventi bellici la gente ha iniziato a organizzarsi a livello locale e nazionale per opporsi alla deportazione degli ebrei e per contrastare l’occupazione nazifascista, sfidando i pericoli e le possibili condanne a morte con la formazione di piccoli gruppi clandestini che hanno attuato diverse modalità di lotta a seconda del territorio dove si sono trovati a operare (zone disabitate, colline, montagne, foreste, le periferie urbane). La Resistenza si è organizzata più facilmente nelle zone più selvagge e disabitate come è avvenuto nell’Italia centro-settentrionale, dove le Alpi e gli Appennini hanno offerto rifugio alle brigate partigiane. I Gap (Gruppi di azione patriottica) sono stati invece delle piccole formazioni che hanno operato direttamente nelle città.

La Resistenza si è sviluppata in Polonia, Cecoslovacchia, Austria, Norvegia, Danimarca, Francia, Olanda, Belgio, Unione Sovietica, Ungheria, Bulgaria, Macedonia, Lituania, Lettonia e Estonia. La lotta di liberazione condotta contro il regime fascista che aveva occupato militarmente l’Albania, la Grecia e la Jugoslavia nelle diverse regioni che la componevano (Slovenia, Croazia, Serbia, Montenegro, Bosnia) è stata condotta contro lo Stato italiano responsabile di avere attuato in quei territori una dura repressione che ha causato numerosissime vittime, deportazioni nei campi di concentramento, esecuzioni di condanne a morte, distruzione di interi villaggi.

Per quanto riguarda la resistenza armata, l’Esercito nazionale polacco (Armia Krajowa) è stato il più grande movimento resistenziale nell’Europa occupata dai nazisti, poiché fin dal 1943 ha riunito circa 400 mila persone. Ugualmente rilevanti sono stati le formazioni dei partigiani sovietici e jugoslavi, mentre per la resistenza francese è stata stimata una presenza di 200 mila combattenti e di altri 300 mila collaboratori attivi. In Italia, secondo stime che hanno un fondamento storico, nell’agosto 1944 il numero dei partigiani ha raggiunto le 100 mila unità, che sono salite a 250 mila nella fase finale dell’’insurrezione, nel corso della primavera 1945. Nel nostro Paese hanno preso parte alla lotta di liberazione dal nazismo e dal fascismo le formazioni degli Arditi del Popolo, le Brigate Fiamme Verdi e le Brigate Garibaldi, i gruppi di Giustizia e Libertà, tutti sotto la guida del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia costituito dai Partiti comunista, socialista, repubblicano, liberale, dalla Democrazia Cristiana e dal Partito d’Azione.

Il Manifesto di Ventotene. Origine e contenuti

L’8/9 giugno 2024 i cittadini dell’Unione saranno chiamati a eleggere il Parlamento Europeo per riaffermare il diritto/dovere dei cittadini ad esercitare con il proprio voto quella sovranità popolare sancita dalle nostre Costituzioni democratiche. È inoltre necessario fronteggiare la grave crisi che stanno attraversando tutte le democrazie parlamentari, per contrastare la preoccupante avanzata dei movimenti sovranisti e autoritari che sono pronti ad accogliere nelle loro file anche gruppi di estrema destra, con l’obiettivo di costituire un blocco parlamentare in grado di estromettere dalla maggioranza parlamentare i Socialisti europei e di condizionare il Partito Popolare Europeo riportandolo su posizioni reazionarie. Tutte queste formazioni della destra radicale hanno una visione distorta della democrazia e della gestione dello Stato fondata sullo sfruttamento del populismo, sulla limitazione delle libertà civili e politiche, della libertà di pensiero e di stampa, sulla riforma delle istituzioni statali in senso autoritario, sul controllo delle fonti d’informazione e della magistratura, sulla massima limitazione dell’azione delle opposizioni.

In questo preoccupante quadro politico, nell’Unione Europea si continuano a seguire teorie economiche neoliberiste e si considerano come priorità assolute una maggiore integrazione dei settori della finanza, delle comunicazioni e dell’energia; il rafforzamento del mercato unico, ritenuto il più potente motore di crescita; la creazione di una difesa europea che preveda l’istituzione di un mercato comune dell’industria bellica e la costituzione di un esercito europeo.

Passano, pertanto, in secondo piano i problemi della digitalizzazione e dell’innovazione tecnologica, della transizione verde e della lotta contro il mutamento climatico, della introduzione di un sistema fiscale europeo, della sanità pubblica, del welfare e dell’istruzione, mentre 135 milioni di persone (un terzo della popolazione europea) hanno subito in questi ultimi anni un processo d’impoverimento che dovrebbe essere un motivo di forte preoccupazione per tutta l’Unione europea.

Riaffermare il primato assoluto dell’economia e della finanza rappresenta un ulteriore “scostamento” dai principi contenuti nel Manifesto di Ventotene che ha rappresentato la prima spinta alla creazione dell’unità europea, un documento che è stato scritto nell’agosto del 1941 in una piccola isola del Tirreno, dove erano stati condannati al confino tre antifascisti che si erano opposti alla dittatura mussoliniana.

Gli estensori di questa fondamentale testimonianza politica sono stati: il marxista Altiero Spinelli, iscritto al Partito comunista ma sempre fortemente critico nei confronti dell’Unione Sovietica e dello stalinismo; Ernesto Rossi, appartenente al movimento “Giustizia e Libertà”, un economista liberale ma un esponente del liberal-socialismo e quindi sostenitore di fondamentali riforme sociali; Eugenio Colorni iscritto al Partito Socialista Italiano, amico di Nenni e Pertini, ucciso dai fascisti della Repubblica di Salò alla vigilia della liberazione di Roma.

Il “Manifesto”, che è una dichiarazione di principi e un programma d’azione, si basa sul superamento dell’idea di sovranità nazionale e quindi sull’integrazione degli Stati nazionali per arrivare a un’Europa federale, cioè una federazione di Stati a cui si dovranno trasferire i poteri sovrani che riguardano gli interessi comuni di tutti i cittadini europei per eliminare frammentazioni, debolezze economiche e i rischi di provocare ancora una volta guerre, stragi e distruzioni. In questo documento il federalismo e lo spirito della Resistenza finiscono per saldarsi come ha felicemente intuito Norberto Bobbio, quando ha affermato che la Resistenza europea può essere considerata “come guerra di liberazione nazionale in nome dell’indipendenza, come guerra contro il fascismo e in genere contro il dispotismo in nome della democrazia, come guerra per un nuovo assetto sociale contro ogni tentazione di restaurazione dell’antico regime […] La resistenza non come restaurazione ma come innovazione. La resistenza che deve insieme chiudere a aprire, distruggere per costruire, essere negazione non in senso formale ma in senso dialettico. Che non deve limitarsi a vincere il presente ma deve inventare il futuro” (Il federalismo nel dibattito politico e cultura della resistenza, in A. Spinelli, Il Manifesto di Ventotene, Il Mulino, 1991, p. 27).

Una selezione di brani dal Manifesto di Ventotene

“La civiltà moderna ha posto come proprio fondamento il principio della libertà, secondo il quale l’uomo non deve essere un mero strumento altrui, ma un autonomo centro di vita…Si è affermato l’eguale diritto a tutte le nazioni di organizzarsi in stati indipendenti. Ogni popolo, individuato nelle sue caratteristiche etniche geografiche linguistiche e storiche, doveva trovare nell’organismo statale, creato per proprio conto secondo la sua particolare concezione della vita politica, lo strumento per soddisfare nel modo migliore ai suoi bisogni, indipendentemente da ogni intervento estraneo… L’ideologia dell’indipendenza nazionale è stata un potente lievito di progresso; ha fatto superare i meschini campanilismi in un senso di più vasta solidarietà contro l’oppressione degli stranieri dominatori; ha eliminato molti degli inciampi che ostacolavano la circolazione degli uomini e delle merci; ha fatto estendere, dentro il territorio di ciascun nuovo stato, alle popolazioni più arretrate, le istituzioni e gli ordinamenti delle popolazioni più civili. Essa portava però in sé i germi del nazionalismo imperialista, che la nostra generazione ha visto ingigantire fino alla formazione degli Stati totalitari ed allo scatenarsi delle guerre mondiali…Gli Stati totalitari sono quelli che hanno realizzato nel modo più coerente la unificazione di tutte le forze, attuando il massimo di accentramento e di autarchia…hanno precluso, col controllo poliziesco di tutta la vita dei cittadini e con la violenta eliminazione dei dissenzienti, ogni possibilità legale di correzione dello stato di cose vigente. Si è così assicurata l’esistenza dei ceti monopolistici e delle società a catena che sfruttano i consumatori e fanno volatilizzare i denari dei piccoli risparmiatori, dei plutocrati, che, nascosti dietro le quinte, tirano i fili degli uomini politici, per dirigere tutta la macchina dello stato a proprio esclusivo vantaggio, sotto l’apparenza del perseguimento dei superiori interessi nazionali. Sono conservate le colossali fortune di pochi e la miseria delle grandi masse, escluse dalle possibilità di godere i frutti delle moderna cultura…Nuovi dogmi da accettare per fede o da accettare ipocritamente, si accampavano in tutte le scienze. Quantunque nessuno sappia che cosa sia una razza e le più elementari nozioni storiche ne facciano risultare l’assurdità, si esige dai fisiologi di credere di mostrare e convincere che si appartiene ad una razza eletta, solo perché l’imperialismo ha bisogno di questo mito per esaltare nelle masse l’odio e l’orgoglio…

A causa della interdipendenza economica di tutte le parti del mondo, spazio vitale per ogni popolo che voglia conservare il livello di vita corrispondente alla civiltà moderna, è tutto il globo; ma si è creata la pseudo scienza della geopolitica che vuol dimostrare la consistenza della teoria degli spazi vitali, per dare veste teorica alla volontà di sopraffazione dell’imperialismo. La storia viene falsificata nei suoi dati essenziali, nell’interesse della classe governante…La stessa etica sociale della libertà e dell’uguaglianza è scalzata. Gli uomini non sono più considerati cittadini liberi, che si valgono dello Stato per meglio raggiungere i loro fini collettivi. Sono servitori dello Stato che stabilisce quali debbono essere i loro fini, e come volontà dello Stato viene senz’altro assunta la volontà di coloro che detengono il potere. Gli uomini non sono più soggetti di diritto sono tenuti ad ubbidire senza discutere alle gerarchie superiori che culminano in un capo debitamente divinizzato…

Il lento processo, grazie al quale enormi masse di uomini si lasciavano modellare passivamente dal nuovo regime, vi si adeguavano e contribuivano così a consolidarlo, è arrestato; si è invece iniziato il processo contrario. In questa immensa ondata, che lentamente si solleva, si ritrovano tutte le forze progressiste; e, le parti più illuminate delle classi lavoratrici che si erano lasciate distogliere, dal terrore e dalle lusinghe, nella loro aspirazione ad una superiore forma di vita; gli elementi più consapevoli dei ceti intellettuali, offesi dalla degradazione cui è sottoposta l’intelligenza; imprenditori, che sentendosi capaci di nuove iniziative, vorrebbero liberarsi dalle bardature burocratiche e dalle autarchie nazionali, che impacciano ogni loro movimento; tutti coloro, infine, che, per un senso innato di dignità, non sanno piegar la spina dorsale nella umiliazione della servitù. A tutte queste forze è oggi affidata la salvezza della nostra civiltà…

Le forze conservatrici si proclameranno amanti della pace, della libertà, del benessere generale delle classi più povere. Già nel passato abbiamo visto come si siano insinuati dentro i movimenti popolari, e li abbiano paralizzati, deviati, convertiti nel preciso contrario. Il punto sul quale essi cercheranno di far leva sarà la restaurazione dello Stato nazionale. Potranno così far presa sul sentimento popolare più diffuso, più offeso più facilmente adoperabile a scopi reazionari: il sentimento patriottico. In tal modo possono sperare di più facilmente confondere le idee degli avversari, dato che per le masse popolari l’unica esperienza politica finora acquisita è quella svolgentesi entro l’ambito nazionale…Il ritorno del potere nelle mani dei reazionari sarebbe solo questione di tempo. Risorgerebbero le gelosie nazionali e ciascuno Stato di nuovo riporrebbe la soddisfazione delle proprie esigenze solo nella forza delle armi. Tutte le conquiste del primo momento si raggrinzerebbero in un nulla di fronte alla necessità di prepararsi nuovamente alla guerra…

Il problema che in primo luogo va risolto è la definitiva abolizione della divisione dell’Europa in Stati nazionali sovrani…Gli spiriti sono già ora molto meglio disposti che in passato ad una riorganizzazione federale dell’Europa. Tutti gli uomini ragionevoli riconoscono ormai che non si può mantenere un equilibrio di Stati europei indipendenti…Quando, superando l’orizzonte del vecchio continente, si abbracci in una visione di insieme tutti i popoli che costituiscono l’umanità, bisogna pur riconoscere che la federazione europea è l’unica garanzia concepibile che i rapporti con i popoli asiatici e americani possano svolgersi su una base di pacifica cooperazione, in attesa di un più lontano avvenire, in cui diventi possibile l’unità politica dell’intero globo…

La linea di divisione fra partiti progressisti e partiti reazionari cade ormai, non lungo la linea formale della maggiore o minore democrazia, del maggiore o minore socialismo da istituire, ma lungo la sostanziale nuovissima linea che separa coloro che concepiscono, come campo centrale della lotta quello antico, cioè la conquista e le forme del potere politico nazionale, e che faranno, sia pure involontariamente il gioco delle forze reazionarie, lasciando che la lava incandescente delle passioni popolari torni a solidificarsi nel vecchio stampo e che risorgano le vecchie assurdità…

Un’Europa libera e unita è premessa necessaria del potenziamento della civiltà moderna…I giovani vanno assistiti con le provvidenze necessarie per ridurre al minimo le distanze fra le posizioni di partenza nella lotta per la vita. In particolare la scuola pubblica dovrà dare la possibilità effettiva di perseguire gli studi fino ai gradi superiori ai più idonei, invece che ai più ricchi; e dovrà preparare, in ogni branca di studi per l’avviamento ai diversi mestieri e alla diverse attività liberali e scientifiche, un numero di individui corrispondente alla domanda del mercato, in modo che le rimunerazioni medie risultino poi pressappoco eguali, per tutte le categorie professionali…

La potenzialità quasi senza limiti della produzione in massa dei generi di prima necessità con la tecnica moderna, permette ormai di assicurare a tutti, con un costo sociale relativamente piccolo, il vitto, l’alloggio e il vestiario col minimo di conforto necessario per conservare la dignità umana. La solidarietà sociale verso coloro che riescono soccombenti nella lotta economica dovrà perciò manifestarsi non con le forme caritative, sempre avvilenti, e produttrici degli stessi mali alle cui conseguenze cercano di riparare, ma con una serie di provvidenze che garantiscano incondizionatamente a tutti, possano o non possano lavorare, un tenore di vita decente, senza ridurre lo stimolo al lavoro e al risparmio.

Questi sono i cambiamenti necessari per creare, intorno al nuovo ordine, un larghissimo strato di cittadini interessati al suo mantenimento e per dare alla vita politica una consolidata impronta di libertà, impregnata di un forte senso di solidarietà sociale…Oggi è il momento in cui bisogna saper gettare via vecchi fardelli divenuti ingombranti, tenersi pronti al nuovo che sopraggiunge così diverso da tutto quello che si era immaginato, scartare gli inetti fra i vecchi e suscitare nuove energie tra i giovani. Oggi si cercano e s’incontrano, cominciando a tessere la trama del futuro, coloro che hanno scorto i motivi dell’attuale crisi della civiltà europea, e che perciò raccolgono l’eredità di tutti i movimenti di elevazione dell’umanità, naufragati per incomprensione del fine da raggiungere o dei mezzi come raggiungerlo. La via da percorrere non è facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà”. (Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni)

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