Zucchero infiamma Ancona
di Elena Bartolucci
24 Giu 2025 - Commenti live!
Con il tour “Overdose d’amore” il bluesman italiano celebra la sua musica senza tempo.
(Foto @stebrovettoph)
Ancona – Giovedì 19 giugno, il tour Overdose d’amore di Zucchero è iniziato all’interno dello Stadio del Conero del capoluogo dorico.
Il bluesman italiano, che conta all’attivo ben 31 album pubblicati, ha tenuto concerti in tutti e 5 i continenti e ha collaborato con grandi nomi del calibro ad esempio di Bryan Adams, Eric Clapton, Joe Cocker, Ennio Morricone, Brian May e Luciano Pavarotti, non si è affatto risparmiato per il pubblico anconetano e non ha deluso le aspettative.
La sua voce calda e avvolgente con quella timbrica inconfondibile che lo contraddistingue da sempre rende impossibile non farsi rapire dalla sua musica senza tempo.
Un concerto lunghissimo che i numerosi fan presenti non sembravano avere la minima intenzione di far finire: una scaletta molto serrata dal grande equilibrio contenente sia i pezzi più lenti e dal sapore blues (Diamante, Una come te, Amor che muovi il sole, Pene, Il volo, Facile, Iruben me, Menta e rosmarino, Un soffio caldo, Ci si arrende, La canzone che se ne va, Il suono della domenica, Donne, Miserere e Madre Dolcissima) che quelli dal ritmo decisamente più coinvolgente (Spiriti nel buio, Soul Mama, Baila (Sexy Thing), Il mare impetuoso al tramonto salì sulla Luna e dietro una tendina di stelle…, Partigiano Reggiano, Vedo Nero, Con le mani, Solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall’Azione Cattolica, X colpa di chi? o Diavolo in me).
A circa metà del concerto, Zucchero si è finalmente sciolto facendo emergere tutto il suo simpatico carattere emiliano dopo che era rimasto quasi sempre in silenzio tra un brano e l’altro, sussurrando solo un semplice e timido grazie.



Seduto su una sedia e imbracciando svariate chitarre ha continuato la sua lunga esibizione per lasciare soltanto per poco tempo il palco in mano alla sua band (che ha regalato diversi virtuosismi musicali con Honky Tonk Train Blues) e alla sua incredibile corista Oma Jali dalle innate doti vocali nonché presenza scenica che ha cantato Nutbush City Limits (cover di Ike & Tina Turner) e Jumpin’ Jack Flash (coverdei Rolling Stones), anche se aveva già rapito tutti con la sua interpretazione iniziale di Oh, Doctor Jesus (cover di Ella Fitzgerald e Louis Armstrong).
Alla fine, visto il profluvio di applausi e le grida incessanti del pubblico, Zucchero è tornato di nuovo in scena cantando Chocabeck come primo bis per poi mettere davvero la parola fine a quasi tre ore di concerto con Hey man.
Interpretando quasi una trentina di brani, il cantante ha dimostrato di avere ancora un ottimo controllo della sua voce anche sulle note più alte, mantenendo un graffiato non indifferente.
Un continuum di emozioni e grandi canzoni senza tempo che dimostrano quanto un’artista del suo calibro abbia saputo scrivere pezzi intramontabili: “il blues non morirà mai” (come ha tenuto a ripetere alla fine del concerto) soprattutto grazie a interpreti del calibro di Mister Sugar Fornaciari.
Senza troppi fronzoli o giri di parole scontate, ha toccato molte corde e ha letteralmente rapito il suo pubblico e non ha comunque potuto esimersi dall’inveire (giustamente) contro le guerre, le morti inutili in Palestina e i magnati opportunisti dichiarando: “Noi ci salviamo con la musica… almeno la musica mi ha sempre salvato da tante situazioni […] poco allegre. Però, adesso, è difficile di questi tempi fare musica o cantare con il mal di denti nel cuore.” Un grande artista che con questo concerto più di così non poteva dare, regalando emozioni davvero spaziali grazie soprattutto a una compagine di musicisti di grandissimo livello sul palco (Polo Jones (direttore musicale, basso), Kat Dyson (chitarre, bvs), Peter Vattese (hammond, piano e synth), Mario Schilirò (chitarre), Adriano Molinari (batteria), Nicola Peruch (tastiere), Monica Mz Carter (batteria, percussioni), James Thompson (corni, bvs), Lazaro Amauri e Oviedo Dilout (corni), Carlos Minoso (corni) e Oma Jali (cori)) e una scenografia curata nei minimi dettagli.