Una bellissima Andromaca al teatro classico di Urbisaglia


di Alberto Pellegrino

11 Ago 2013 - Senza categoria

Teatro: Recensioni

Urbisaglia (MC). Finalmente un evento teatrale all'altezza dell'importanza e della bellezza dell'Anfiteatro romano di Urbisaglia questa Andromaca che ha chiuso la stagione dei Teatri Antichi Uniti 2012. Mitico personaggio dell'epica classica, questa figura di donna tragica e affascinante giunge fino a noi attraverso l'Iliade e il Terzo Libro dell'Eneide, la tragedia di Euripide (425 a.C.) e il profilo biografico tracciato nelle sue Storie da Plutarco, che ne fa una donna fiera e fedele alla memoria del marito Ettore e del figlio Astianatte. Quella messa in scena dal Teatro dei Due Mari è l'Andromaca di Racine, il primo capolavoro che il grande drammaturgo francese scrive nel 1667, dando l'avvio a quel suo teatro fatto di forti passioni e di complesse caratterizzazioni psicologiche. Dalla bella traduzione e dall'asciutto adattamento fatto da Filippo Amoroso, il regista Massimiliano Farau ha tratto uno spettacolo asciutto ed essenziale che ha conservato in pieno il fascino del verso dell'autore e il climax tragico dei personaggi che si sono confrontati sulla scena interpretati da un cast di ottimi interpreti. Manuela Mandracchia è stata una splendida Andromaca legata alla memoria di Ettore, impegnata nella strenua difesa del figlio, ma anche capace di accendere la passione di Pirro rimanendone a sua volta attratta in una specie di rinnovata sindrome di Stoccolma ; Graziano Piazza è riuscito a mettere insieme i dubbi e le incertezze, le passioni e le pulsioni volente che dilaniano Pirro; Fabio Cocifoglia ha tratteggiato un Oreste tormentato dall'amore per Ermione e in preda a un mal trattenuto furore che lo spingeranno verso l'omicidio e la follia; infine Silvia Siravo è un'appassionata Ermione, la figlia di Menelao e di Elena, che è giunta da Sparta in Epiro per unirsi in nozze con il re Pirro e che soffre le pene di un amore infelice e manifesta un odio violento contro la straniera sua rivale.
Racine, pur nella sua sostanziale fedeltà alla tradizione, è l'autore di una tragedia innovativa e nell'eleganza raggelata della sua scrittura dice Farau – organizza un materiale incandescente e ci racconta il fondo di una violenza ancestrale che ci abita sotto l'impiallacciatura del nostro vivere civile, ed è pronto a ridestarsi ogni volta che la storia ci porta a toccare i limiti dell'umano . Tutta la vicenda ruota intorno all'oscuro oggetto del desiderio costituito dall'invisibile Astianatte, odiato dai Greci e da Ermione, strumento di ricatto di Pirro nei confronti della madre, che lo difende con tenace ferocia. L'azione ruota intorno a un tragico gioco di coppie che si attraggono e si respingono, ma dietro lo scontro delle passioni si delinea prepotente il gioco del potere, il violento rapporto tra vincitori e vinti, tra vittime e carnefici, ma su tutto domina un possente intreccio tra amore e morte che porterà alla distruzione di tre protagonisti e alla inaspettata vittoria di Andromaca, destinata a vivere come schiava ed invece chiamata dagli eventi a diventare regina, unica donna superstite in un mondo dominato dagli uomini.
Nella reggia di Butroto in Epiro arriva Oreste, ambasciatore inviato dai sovrani greci per reclamare la vita del piccolo Astianatte ritenuto pericoloso solo perchè figlio di Ettore, ma un'altra ragione spinge il giovane figlio di Agamennone innamorato di Ermione, promessa sposa di Pirro. La giovane, fingendo di odiare Pirro, istiga Oreste a vendicare il suo onore uccidendo il re il giorno delle sue nozze con Andromaca. Pirro, diviso tra la ragione di Stato e la passione amorosa, decide alla fine di sposare la schiava troiana e di salvare la vita a suo figlio, pronto a sfidare la collera di tutti i Greci. Nel giorno delle nozze Oreste fa assassinare Pirro dai suoi soldati e corre a dare la notizia ad Ermione che, invece di mantenere la promessa fatta di legarsi a lui, preferisce togliersi la vita; a sua volta Oreste, perseguitato dalle Erinni, vede mutarsi il suo furore erotico in pura follia secondo un destino che sembra iscritto nel suo codice genetico. Infine Andromaca, due volte vedova e due volte regina, siede sul trono dell'Epiro, riscattando il suo destino di prigioniera del nemico, mentre la seconda generazione dei grandi eroi greci (Achille, Agamennone, Menelao) paga con la vita o con la follia una serie di ancestrali delitti.
(Alberto Pellegrino)


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