Un discutibile “Rigoletto” allo Sferisterio di Macerata


di Alberto Pellegrino

1 Ago 2015 - Commenti classica, Musica classica

1.Rigoletto-CelsoAlbelo©Tabocchini MusiculturaonlineMacerata (17.07.2015). Bisogna riconoscere che la direzione artistica di Francesco Micheli ha sempre assicurato la presenza di cast formati da cantanti di notevole valore o comunque di un buon profilo professionale, mentre le scelte registiche non sono risultate sempre positive (si pensi al Nabucco di Vacis o alla Tosca di Ripa di Meana) soprattutto se contrapposte ad alcune messe in scena pienamente riuscite (si pensi alla Carmen di Serena Sinigaglia, al Trovatore di Negrin, all’Aida dello stesso Micheli).  Il valore del cast per l’opera d’apertura della presente stagione non può essere messo in discussione: il baritono Vladimir Stoyanov, con la sua tecnica e la sua personalità, ha saputo conferire un notevole spessore drammatico al suo Rigoletto; Il giovane soprano Jessica Nuccio, astro nascente nel panorama melodrammatico italiano, è stata una Gilda perfetta con la sua voce carica di raffinato lirismo; il tenore Celso Albelo (da poco approdato al repertorio verdiano), dopo un inizio alquanto incerto, ha messo voce e tecnica al servizio del Duca, un personaggio complesso e scarsamente calibrato dalla regia; Gianluca Buratto, uno dei migliori bassi italiani, ha disegnato con efficacia la figura di Sparafucile senza tralasciare nessuno dei chiaroscuri propri del personaggio; il mezzosoprano georgiano Nino Surguladze, usa a frequentare ruoli verdiani, è stata un’efficace Maddalena interpretata recentemente anche al Metropolitan di New York. La direzione del giovane maestro Francesco Lanzillotta, esemplare per linearità e fedeltà allo4. Rigoletto Stoyanov©Tabocchini Musiculturaonline spartito, ha saputo ben sorreggere l’interpretazione dell’intero cast che ha fatto emergere tutto il suo valore nell’esecuzione dello splendido quartetto del terzo atto.
Le note dolenti sono da riservare alla regia di Federico Grazzini che, secondo lo stile politico dell’ultimo ventennio, è fatta di grandi annunci e di scarsi contenuti, senza un guizzo di fantasia, senza la capacità di trasmettere emozioni se non quelle che sono arrivate (per fortuna) dalla musica verdiana dall’interpretazione dei cantanti; è mancata quella pretesa sensualità derivante dalla violenza del branco che appena s’intravede, è mancato completamente il “gigantismo” del protagonista ridotto a un povero clown di periferia (a proposito, che ci fa un poveraccio vestito da clown in un luna park ormai in disuso, a chi vende i palloncini rossi e bianchi che porta a spasso? forse ai bulli di periferia?). Al di là dell’idea alquanto sfruttata dell’ambientazione circense, questa smania dell’attualizzazione e della semplificazione di questi giovani registi porta alla creazione di non-luoghi completamente avulsi dalla storia che si svolge, in una specie di deserto geografico e sociologico, per cui risulta inattendibile il desiderio della regia di rimanere “attaccata al reale” e di volersi ispirare alle Iene di Tarantino (ci vuole altra stoffa).
Si arriva invece a un’assurda banalizzazione della storia che si riduce al desiderio di vendetta di un povero storpio, cui un bullo di periferia ha violentato la figlia; si approda a un feuilleton con il sacrificio di una vergine sull’altare di una violenza urbana più annunciata che resa visibile, dopo che è stata costretta a cantare Caro nome appoggiata a un lampione come una prostituta di periferia; con il povero Duca di Mantova che si è aggirato sulla scena senza riuscire a sapere chi fosse veramente (un capo gangster, un seduttore da strapazzo, un capobranco da banlieue), 2.Rigoletto-JessicaNuccio-Gilda-Tabocchini Musiculturaonlineprivato del carisma derivante dal suo Potere istituzionale e privato anche di quel barlume di umanità e di sentimento che esprime quando canta “Ella mi fu rapita” e Possente amor mi chiama”.
A questi giovani registi servirebbe un po’ di modestia in più e una maggiore voglia di studiare, perché non si può dimenticare che dietro ogni grande opera lirica si erge la figura di un gigante della letteratura o del teatro di cui bisogna comunque tenere conto se non si vuole cadere in una lettura del testo del tutto decontestualizzata. Eppure sarebbe stato sufficiente leggere con attenzione la magistrale presentazione dell’opera da parte di Umberto Curi nel libro di sala per meglio capire con che materiale si aveva a che fare.
La regia ha completamente dimenticato che dietro Rigoletto si staglia l’ombra gigantesca di Victor Hugo (ben tenuto presente da Verdi e da Francesco Maria Piave), un uomo che per tutta la vita si è battuto per la difesa della libertà e dei dritti umani, sempre dalla parte dei “miserabili” in lotta contro l’arroganza del Potere nell’eterno scontro tra il Sublime (l’eroico, il nobile, il bello) e il Grottesco (l’orrido, il deforme, il ripugnante), in un conflitto dove il Popolo è destinato inevitabilmente a soccombere. Eroici perdenti sono il gobbo Quasimodo di Notre 3.Rigoletto-Vladimir Stoyanov-Rigoletto-Tabocchini MusiculturaonlineDame, schiacciato dal potere politico e clericale; lo sfregiato Gwinplane dell’Uomo che ride, stritolato da una società corrotta e crudele; Ruy Blas, il valletto divenuto primo ministro di Spagna, che muore suicida dopo aver visto fallire la “sua” rivoluzione contro i “Cortigiani vil razza dannata”.
A questa schiera di eroici perdenti appartiene a pieno diritto il Tribolet-Rigoletto di Le roi s’amuse, testo teatrale non a caso perseguitato dalla censura per lesa maestà regale proprio per la violenta contrapposizione tra il buffone di corte complice di un sovrano dissoluto e tenero padre e un potente seduttore che disprezza le donne (“Questa o quella, “La donna è mobile”), che si rivela tenero amante occasionale solo dinanzi al candore di Gilda. La stessa persecuzione del resto coglie l’opera verdiana costretta a cambiare titolo (La maledizione, Il Duca di Vendome, Triboletto) fino a far cadere la scelta su Rigoletto (dal francese rigolo, strambo, scombinato, scriteriato), ritenuto il più innocuo dalle autorità censorie.
Di tutto questo non si trova traccia nel Rigoletto maceratese, dove il protagonista è solo un povero padre che vuole vendicare l’onore offeso della propria figlia, mentre Rigoletto è anche un giustiziere che, nonostante sia schiacciato dal Fato incarnato dalla Maledizione, vuole ripristinare la Giustizia violata dalle angherie che il Potere ha imposto al Popolo, quando dice 5.Rigoletto Surguladze©Tabocchini Musiculturaonlinedel Duca “Egli è delitto, Punizion son io” e quando conclude dinanzi a quello che crede il cadavere di un potente in un’esplosione di momentaneo orgoglio “Or mi guarda, o mondo! Quest’è un buffone, ed un potente è questo! Ei sta sotto i miei piedi!”. Lo scontro con il Potere istituzionale risulta completamente assente e questo non fa che indebolire l’intero impianto dell’opera che si conclude con un’idea alquanto bislacca, non certo originale e del tutto inutile: mente il fantasma di Gilda si aggira sulla scena senza nessuna connotazione di spiritualità (come rendere astratta la florida bellezza siciliana della Nuccio?), il povero Rigoletto è costretto a cantare la sua straziante disperazione di padre stringendo fra le braccia un sacco vuoto. Un incubo.

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