Il Teatro Classico a Urbisaglia 2021


di Alberto Pellegrino

15 Lug 2021 - Commenti teatro

Nell’ambito della stagione TAU, organizzata dall’Amat per il 2021 (tutto il programma è visibile nelle nostre pagine: https://www.musiculturaonline.it/dal-28-giugno-torna-tau-teatri-antichi-uniti-nelle-marche/) presentiamo gli spettacoli di Urbisaglia (MC).

Nell’ambito della stagione TAU, organizzata dall’Amat per il 2021, due importati spettacoli sono stato riservati all’Anfiteatro Romano di Urbisaglia, che rimane la più prestigiosa e affascinante sede di questa rassegna estiva.

Massimo Popolizio (foto Giuseppe Distefano)

La caduta di Troia

Il 20 luglio arriverà lo spettacolo Eneide. La caduta di Troia, che ha debuttato il 6 luglio nel Teatro Parenti di Milano con ottimi riscontri di critica. A interpretare il “Secondo Libro dell’Eneide” è stato chiamato Massimo Popolizio, uno dei massimi attori del teatro nazionale, al quale è affidato il compito di dare voce ai vari personaggi che animano il tragico racconto di Enea dinanzi alla corte della regina Didone. Spetterà a questo interprete far rivivere le tragiche atmosfere del terribile inganno che trasformerà il dono dell’immenso cavallo, lasciato in dono dai Greci in ritirata, in una macchina di morte che darà l’avvio alla distruzione della città e al massacro dei suoi abitanti dopo   dieci anni di violenze e di battaglie. Enea racconta con pacata dignità il dolore e i lutti che pesano sulla sua anima di sopravvissuto, chiamato dal Fato e dalla volontà degli dei a compiere un diverso e fatale percorso.  Questa pièce mette in primo piano la sua sofferenza, la dolente e palpitante ombra di Ettore, la studiata ipocrisia del traditore Sinone che convince i troiani ad accettare il subdolo dono del cavallo. È questo uno dei momenti più alti del poema di Virgilio, unitamente al Quarto Libro dove si si parla dell’amore e della morte della regina. Enea, dietro il pressante invito di Didone, inizia con grande dignità e commozione il suo racconto che assume toni solenni e armoniosi, secondo una forma “plastica e condensata, pregna di lacrime e di sottintesi, sì che la parola, oltre il suo senso materiale, te ne offre tanti altri all’immaginazione” (Francesca De Sanctis). Nella loro nobile e stringata solennità i versi virgiliani ottengono un effetto di straordinaria tensione, raggiungendo uno punti sublimi della poesia epica tanto che, nella loro traduzione dal latino all’italiano, volle misurarsi persino il giovanissimo Leopardi affascinato da questa grandiosa tragedia.

Le musiche che accompagnano lo spettacolo sono state composte da Stefano Saletti che canta e suona in scena strumenti come l’oud, il bouzuki e il dodhran, accompagnato dal musicista iraniano Pejman Tadayon anche lui impegnato a suonate il kemence, il daf e il ney, antichi strumenti della tradizione persiana. A completare queste atmosfere mediorientali provvede la straordinaria voce di Barbara Eramo, la quale canta brani in ladino, aramaico, ebraico e sadir, l’antica lingua del Mediterraneo, in modo che la potenza della parola sia scolpita e rafforzata dalle musiche e dal canto.

Prometeo di Eschilo

Questo celebre testo classico viene portato sul palcoscenico di Urbisaglia il 24 luglio con la messa in scena di Patrick Rossi Gastaldi, esperto e affermato regista di diversi spettacoli teatrali, nei quali ha diretto importanti attori. Protagonista della tragedia sarà Edoardo Siravo, attore impegnato nel teatro, nel cinema, nella televisione (in trasmissioni molto popolari) e nel doppiaggio. Nel campo della prosa ha interpretato oltre 150 testi di classici antichi (Sofocle, Euripide, Seneca, Plauto) e classici moderni (Shakespeare, Marlowe, Ford, Calderon de La Barca, Molière, Alfieri, Goldoni, Manzoni), nonché autori contemporanei come (Cecov, Strindberg, Pirandello, Eliot, De Benedetti, Brancati, Saviano, Fabbri e Beckett.

Prometeo incatenato è una tragedia scritta da Eschilo intorno al 460 a. C., che doveva far parte di una trilogia composta anche da Prometeo liberato e Prometeo portatore del fuoco, opere che non sono pervenute fino a noi. Il testo affronta la storia del personaggio Prometeo, il titano che ha osato ribellarsi a Zeus per avere donato il fuoco agli umani, dopo la vittoria di Zeus nella guerra contro il padre Crono.

Il padre degli dei punisce il ribelle facendolo incatenare a una roccia nella fredda regione della Scizia che si trova ai confini della Terra e, dinanzi a lui, sfilano diversi personaggi divini senza che mai Zues appaia direttamente sulla scena: “Guardate il dio incatenato e doloroso, il nemico di Zeus, il detesto da tutti gli dei, perché amò i mortali oltre misura” (Eschilo).

Dinanzi a Prometeo si mostrano Efesto, il Potere, la Violenza che lo hanno catturato e incatenato, mentre altri personaggi come Oceano, le Oceanine cercano di portargli conforto. Soprattutto la fanciulla mostra la stessa sofferenza di Prometeo per essere stata rapita e posseduta da Zeus, dopo essere stata trasformata in giovenca, dichiarando di esserle solidale anche se la sofferenza del titano è maggiore “perché il destino a me non dà la morte. La morte, è vero, libera dai mali, ma per me nessun termine fu detto”. 

Prometeo, che per amore ha donato il fuoco, la parola, la giustizia, la conoscenza agli umani che prima erano degli “infanti” che “ignari…operavano sempre e non sapevano” prima che il titano donasse loro “il numero, la prima conoscenza, e i segni scritti come si compongono, la memoria di tutto”. Il titano è accusato ingiustamente e umiliato per la propria intelligenza; è costretto a soffrire incatenato ai confini del mondo, perché accusato di arroganza e superbia, essendo negata la giustezza della sua azione e la nobiltà del suo atto di nobiltà contro il Potere. Prometeo è tuttavia impotente dinanzi al dio, anche se predice che un suo discendente (Eracle) riuscirà a liberarlo dalla punizione divina. Il titano rappresenta la solidarietà verso gli uomini e la volontà di aiutarli, per cui si presenta come portatore d’intelligenza e di progresso, confinato in un sistema arcaico, nel quale il desiderio di novità è considerato una colpa (hybris) e dove lo stesso Zeus non è un sovrano assoluto, perché deve sottostare alla legge del Fato (ananke). Prometeo è un eroe solitario che non si piega a chiedere pietà, consapevole di essere nel giusto, sicuro che prima o poi Zeus avrà modo di ricredersi: “Lo so violento e padrone del giusto. Eppure credo che un giorno egli sarà spezzato ed ammansito, spianerà la sua rabbia, verrà incontro ansioso alla mia ansia, vorrà con me legarsi d’amicizia”.

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