Il “Saul” di Testi a Macerata


Alberto Bazzano

11 Ago 2007 - Commenti classica

Accanto ai capisaldi della tradizione italiana rappresentati allo Sferisterio, Macerata opera porta in scena un lavoro del teatro contemporaneo. Si tratta del Saà l di Flavio Testi, presentato nel piccolo e grazioso teatro Lauro Rossi.
Nato nel 1923, Flavio Testi è musicologo autore di una Storia della musica italiana in più volumi e compositore proteiforme. La sua attività spazia dalla musica sinfonica, alla cameristica, alla musica di scena. La scrittura è interessata da un recupero della tonalità e del diatonismo rivisitati in chiave moderna. Una scelta che gli comporta il distacco dagli ambienti dell'avanguardia estrema per i quali egli, in fondo, è un passatista, un uomo d'altri tempi, un alfiere come, simpaticamente, egli ama definirsi della Destra musicale . Ma al di là delle parole, delle etichette, dei giudizi inopinatamente dati, restano le composizioni a reclamare il giusto spazio a quest'autore. Basta ascoltare, infatti, L'albero dei poveri, Il sosia, il Riccardo III o la Brocca rotta per accorgersi di quanta musicalità , di quanta comunicativa, di quanta poetica vi siano in quelle note.
Discorso analogo va fatto al cospetto del Saà l, opera improntata ad uno spiccato senso teatrale.
Qui appare ancora più evidente quella che potremmo definire la formula vincente di Testi: la scelta di una musica che non sopravanzi mai il testo poetico, ma piuttosto lo assecondi, lo sorregga, lo esalti. In senso figurato, con Testi si torna agli albori del melodramma quando, in seno alla Camerata de' Bardi, la principale preoccupazione dei nobili signori che di essa facevano parte era quella di trasmettere, nella maniera più efficace possibile, i contenuti di un'azione scenica. Forse in questo senso, peraltro nobilissimo, Testi può essere considerato uomo d'altri tempi'.
Nel Saà l, la musica è l'agile tessuto sonoro che mediante l'utilizzo di motivi ricorrenti sorregge il labirinto degli avvenimenti di Gide. Dunque non il Saul di Alfieri, con il suo portato di ribellioni e trasalimenti romantici, ma il Saà l di Gide, cantore di un uomo debole, antieroico, costantemente volto all'esplorazione delle zone profonde della propria coscienza. à il tema dell'omosessualità latente, del disfacimento interiore di un sovrano abbandonato agli istinti e alle passioni ad aver affascinato Testi.
Sul piano esecutivo, conquista Elena Zilio nella parte della regina. La voce duttile e compatta della cantante si piega alle esigenze di un fraseggio di grande espressività .
Vincent Le Texier, nella panni Saà l, trepido e liricamente intenso, tratteggia la fisionomia di un monarca consunto dal vizio e in preda ad alterni stati psicologici.
Funzionali vocalmente e, ancor più, scenicamente il David di Alexandre Marcelli e il Jonathan di Augustìn Prunell-Friend: gli artisti delineano i rispettivi personaggi con precisione e correttezza, parallelamente all'esibizione delle loro scultoree fisicità .
Convince anche l'Orchestra Regionale delle Marche guidata con polso sicuro da Guillaume Tourniaire.
Pier Luigi Pizzi, cui è affidata la parte visiva dello spettacolo, opera infine con intelligenza: costruisce un ambiente glaciale di elegante essenzialità : il luogo del dramma, in fondo, è solo ed esclusivamente la mente dei protagonisti.
(Alberto Bazzano)


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