Fazil Say entusiasma Camerino Festival


Francesco Rosati

2 Ago 2007 - Commenti classica

Standing ovation al Camerino Festival martedì scorso per il pianista turco Fazil Say, che ha letteralmente scosso la platea del Teatro Marchetti con un recital che rimarrà nella storia ventennale della rassegna cameristica.
Dopo la splendida apertura con l'Aterballetto, Camerino ha vissuto così un'altra serata di grande spettacolo e di forti emozioni, come promesso dalla direzione artistica, che ha costruito un festival ricco di contaminazioni, all'insegna della piena libertà espressiva.
Ma torniamo alla serata del 31 luglio: Fazil Say apriva con la Sonata K.331 di Mozart, eseguita con notevole personalità dall'artista che esibiva grande nitidezza sia nel tocco che nel fraseggio, riuscendo al contempo a liberare una spiccata vocalità , sottolineata anche da una eccessiva gestualità e da lamenti, ma senz'altro consapevole dei continui riferimenti drammaturgici di gran parte della produzione strumentale del genio di Salisburgo. Divertito e divertente il finale alla turca, che chiudeva mirabilmente l'esecuzione del primo brano.
Molto interessante anche la lettura della sonata La tempesta di Beethoven, che sostituiva l'annunciata Patetica. Il cambio di programma metteva ancor meglio in risalto la prorompente urgenza espressiva del pianista turco, piuttosto a suo agio nei due movimenti veloci dell'opera 31, in cui la musica si fa materia d'urto, gesto e grido, primo esperimento in Beethoven di musica espressionista .
Dopo la pausa Fazil proponeva i Quadri di un'esposizione di Musorgskij, pezzo unico nella letteratura pianistica, ispirato dagli schizzi dell'amico architetto Victor Hartmann. In questa eccitante esecuzione di Say abbiamo ritrovato l'atteggiamento radicale dell'autore russo, che in questo lavoro ci consegna le pittoresche scene di vita quotidiana e le suggestioni diaboliche care al folclore russo: uno gnomo zoppo, un pesante carro trainato da buoi, i comici dondolii dei pulcini nei loro gusci, i dispetti dei bambini alle Tuileries, il cicaleccio delle comari al mercato di Limoges, il grido della strega Baba Yaga; il tutto però senza quel gusto per il pittoresco o del bozzetto in genere, ma con la sola preoccupazione di raffigurare una realtà psicologica. Prendendo a prestito le parole di Maurice Ravel, possiamo dire che Fazil Say si è mosso tra i quadri di Musorgski come un selvaggio curioso che scopra la musica a ciascun passo tracciato dalle sue emozioni . I possenti, titanici accordi della processione attraverso la grande porta di Kiev, chiudevano la maestosa interpretazione dei Quadri.
Dopo un bis scritto dallo stesso Fazil, felice connubio tra minimalismo e jazz, che fin troppo bruscamente ci allontanava dalle atmosfere prima disegnate, Say terminava quasi scherzando con lo strumento, con due divertentissimi bis: una versione molto free-jazz di Summertime ed una strepitosa, quanto insolita Marcia alla turca in stile rag-time. Pubblico in piedi per 10 minuti ad applaudire.
(Francesco Rosati)


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