Ci ha lasciato il Papa della Misericordia e della Speranza


Editoriale di Alberto Pellegrino

21 Apr 2025 - Varie

Pubblichiamo l’editoriale del nostro Direttore Aberto Pellegrino in occasione della morte di Papa Francesco avvenuta oggi 21 aprile 2025.

Papa Francesco visita una favela in Brasile durante la Giornata mondiale della gioventù nel 2013

Oggi è un giorno di grande dolore perché con la morte di Papa Francesco l’umanità perde un punto di riferimento spirituale e morale, perché si spegne la voce più autorevole che si è innalzata a difesa dei più poveri, degli emarginati e della pace in ogni parte del mondo. Non abbiamo alcuna esitazione nell’affermare che Francesco è il più grande pontefice dell’era moderna, che ha cercato con tutte le sue forze umane e spirituali, con l’energia del pensiero di liberare la Chiesa dall’abbraccio soffocante dell’Occidente, reinterpretando e ammodernando il grande magistero di Paolo VI (vedi l’enciclica Popolorum progressio). Francesco è stato il primo papa della globalizzazione che ha spostato l’attenzione della comunità cattolica verso la parte sud-orientale del mondo, dalla quale lui stesso proveniva essendo il primo pontefice non europeo.

Bergoglio ha cercato costantemente di liberare la Chiesa dalla tentazione del potere temporale, aprendo una stagione innovativa preannunciata fin dalla scelta di un nome del tutto inusuale per un papa, nel dare un segnale importante nel presentarsi per la prima volta ai fedeli senza il mantello rosso simbolo del potere ecclesiale, nel sottolineare come primo impegno pastorale quello di essere il Vescovo di Roma.

Francesco si è subito distinto per la sua totale, radicale e pertanto rivoluzionaria adesione al Vangelo considerato l’unico, vero nucleo vitale del cristianesimo. Nello stesso tempo si è imposto per la scelta di umiltà nella vita quotidiana, per la sua capacità di saper parlare con semplicità e profondità con tutti, umili e sapienti, atei e credenti, laici e fedeli di altre religioni, presentandosi come un uomo del dialogo, un uomo planetario attento soprattutto alle periferie del mondo, a cui portare un messaggio di speranza. Per tutte queste ragioni l’Occidente e molta parte della Chiesa ufficiale hanno rispettato ma non amato questo Papa così “anarchico” nei comportamenti e nelle parole rispetto a una tradizione che, fino al Concilio Ecumenico Secondo, aveva fatto del Vaticano una corte mondana alla pari delle altre corti occidentali.

Viaggiatore instancabile e amato da folle oceaniche, sempre umile e rispettoso delle culture e delle fedi diverse dalla sua, Francesco è stato oggetto di attacchi inqualificabili da parte degli esponenti più reazionari e ottusi del mondo cattolico; è stato persino accusato di eresia da parte di coloro che amoreggiano con i signori della guerra e che rappresentano un costante “tradimento” del Vangelo.

All’inizio di quest’anno è stato pubblicato il saggio Bergoglio. Una biografia politica (Laterza) di Loris Zavatta, docente di storia dell’America Latina nell’Università di Bologna, che si definisce ateo e che si è autoproclamato critico oggettivo della personalità e della cultura del pontefice, al quale lo storico ha attribuito la responsabilità di “un salto indietro” verso una Chiesa anti-moderna e ostile ai valori dell’Illuminismo e dell’Occidente. Al giovane Bergoglio sono state affibbiate simpatie peroniste, doppiezze gesuitiche, un’adesione a quella “teologia del popolo” diffusa in America Latina e decisamente antioccidentale.  

Si tratta in ogni caso di aspetti della vita che appartengono al passato di Bergoglio il quale, una volta divenuto pontefice, ha abbracciato con decisione la linea di Paolo VI che ha visto nella modernità una occasione positiva per aprire un dialogo costruttivo con un società ormai diversa da quella sacralizzata del passato. Già alla fine degli anni Sessanta si era compreso che era giunto il momento di un pieno riconoscimento della libertà di coscienza, della libertà di pensiero, della libertà religiosa, dell’autonomia dell’individuo nei confronti di una legge naturale di cui la Chiesa si è ritenuta unica e legittima depositaria.

Al di là di accuse pretestuose, di attacchi legati ad antichi stereotipi di quanti guardano ancora con nostalgia ai rigori del Concilio di Trento, Francesco ha lasciato questi fondamentali insegnamenti:

  1. Il costante richiamo ai valori del Vangelo come possibile punto di riferimento per l’uomo contemporaneo. In particolare il valore della fratellanza universale (vedi l’enciclica Fratelli tutti), per cui tutte le religioni devono porsi al servizio della fraternità verso “tutti i popoli della terra, per scoprire che tutti sono importanti, che tutti sono necessari, che sono volti differenti della stessa umanità amata da Dio”.
  2. Il secondo valore è l’amore e il rispetto per la natura e per il pianeta Terra minacciato dall’emergenza climatica e ambientale (vedi l’enciclica Laudato sì), nella quale si ricorda a tutta l’umanità che dobbiamo avere cura della nostra casa comune: “Ci uniamo per farci carico di questa casa che ci è stata affidata, sapendo che ciò che di buono vi è in essa verrà assunto nella festa del cielo. Insieme a tutte le creature, camminiamo su questa terra cercando Dio”.
  3. In una fase storica segnata da una profonda crisi politica e sociale, pur affermando la presenza di valori “non negoziabili”, Francesco ha sostenuto che la legge naturale non può essere valida per chiunque in ogni tempo e in ogni luogo, ma che la Chiesa, per mettersi in relazione con il mondo, deve considerare centrale il messaggio del Vangelo, rinunciando a un anacronistico controllo ecclesiastico sulla vita delle persone. Per riuscire a parlare con tutta l’umanità, la Chiesa deve de-occidentalizzare il suo linguaggio e il suo pensiero, mostrando una totale fedeltà al Vangelo.
  4. Fondamentale in questo senso l’Esortazione apostolica Evangelii gaudium nella quale si dice: “Usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo. Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura”. Da questo discende una nuova visione dell’umanità incentrata sulla misericordia e sul perdono per “cogliere la presenza di Dio in tutte le vicende della vita”.

Vogliamo concludere questo omaggio alla memoria di una grande pontefice con le parole dello psicanalista Massimo Recalcati: “Chi invoca la purezza della dottrina, chi difende la rigidità delle regole senza avere compreso il senso profondo della Legge, chi vorrebbe una Chiesa fondata sulla rigida distinzione tra i giusti e gli ingiusti, non può che concepire questo Papa come una vera e propria perturbazione. Non è il pontefice che rassicura, ma quello che interroga, non è il guardiano dell’ortodossia ma l’apertura del dialogo, non è colui che incentiva politiche di esclusione ma colui che ha fatto dell’inclusione un programma politico, non è il custode della natura infallibile della Legge ma la sua incarnazione testimoniale. Nel Vangelo, Gesù si china sui peccatori, mangia e beve con i pubblicani, guarisce nel giorno di sabato, scandalizza i benpensanti, frequenta le prostitute, sta con i poveri e i diseredati. Gesù è uno sconfinamento continuo, un’eccedenza, un desiderio che non teme ma ama lo splendore e l’atrocità della vita…In un tempo in cui il discorso religioso rischia di trasformarsi in un delirio identitario, in cui la fede si irrigidisce in ideologia seminando morte, guerra e distruzione, il Papa della misericordia ricorda che il cuore del cristianesimo non è la difesa di una fortezza vuota, ma il movimento estatico dell’uscita da se stessi, della vertigine dell’incontro, dell’impatto duro con l’alterità dell’Altro. È questo il vero scandalo: un Papa che rigetta l’abito del giudice impietoso per indossare le vesti del nostro prossimo, di chi ci è veramente accanto” (La Repubblica, 26 febbraio 2025).

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