Uno sguardo sull'abisso tra pittura e poesia


di Andrea Zepponi

11 Ago 2013 - Senza categoria

Arti Visive: Commenti

JESI (AN). Nelle due pubblicazioni che presentano l'opera pittorica di Andrea Crostelli, Nei mari di Melville (2004) e Rimembranze di un viaggio dentro l'Oceano (2008) si respira aria di poesia: i versi urgono alle labbra del pittore come il segno iconico al suo pennello, quasi un intreccio chiastico tra significati e significanti o un contrappunto di forme e parole che ha come soggetto il percorso acquatico nelle due versioni animale e umana e come controsoggetto il volo, cioè il superamento e la rarefazione della dimensione materica e fisica del viaggio. Le coordinate letterarie di cui è intessuta la sua pittura sono evidenti anche a un approccio contingente, ma attento alla lettera nonchè allo spirito dei suoi lavori: senza invocare il tema archetipico e omerico del viaggio, l'aderenza tematica più evidente nell'opera di Crostelli è senz'altro quella dell'anelito verso l'abisso del capitano Achab, il sublime percorso in superficie e in profondità di una creatura del Novecento che si arricchisce di rimandi biblici e romantici; il tema del pellicano nella pittura di Crostelli è evocativo dell'elemento marino e della dimensione celeste che tutto abbraccia e quella figura nei suoi dipinti ha ancora la funzione di veicolo del mito del Cristo, che si nota nell'ambito romantico a partire da Alfred De Musset, con le sue valenze trascendentali: amore, sacrificio, comunione; pur con tutte le sue suggestioni oceaniche non sfugge la ricorrenza dell'uccello, goffo e pesante, che sfama i suoi piccoli con le sue stesse viscere, e l'emblema si fa metafora cruda nella sua evidenza iconica allorchè il pittore sovrappone l'effigie dell'animale a quella del veliero; tutta la serie di identificazioni viene chiamata in campo e scatta, prima fra tutte, quella che per associazione e analogia ci fa pensare a un altro animale emblematico, anch'esso incarnazione di un destino singolare e tragicomico: l'albatro di Beaudelaire. Se la mia lettura dell'opera di Crostelli, che parte dalla postazione di fruitore di media cultura e sensibilità , è naturalmente tentata di basarsi sulla componente verbale di cui il pittore consustanzia il proprio tratto pittorico, è anche vero che quest'ultimo offre un notevole varco alla comprensione di sè attraverso il mero armamentario tecnico. Si nota, tra i suoi dipinti ad olio e ad acrilico, una differenza di scelta tra policromia e oligocromia: anche senza nessun intento di presa diretta del vero naturalistico, alcuni sono iridati di colori squillanti e caldi con contorni netti e ben accentuati; la chiassosa accozzaglia di uccelli morti dal variegato piumaggio in AUTUNNO (2002) è uno dei dipinti più rappresentativi in tal senso e così tutta la serie di quelli che presentano le creature del mare; privi invece della suddetta varietà di colore, i quadri come PIEGHE DI MARE, MARE BRIZZOLATO e FRANGE DI MARE (tutti dipinti nel 2008) propongono l'incontro uomo mare in una dicromia bianco- nero- scala di grigi che porta in luce un altro grande tema della pittura crostelliana, quello dell'ombra sull'acqua. Conscio della propria vena che rifugge dal troppo umano, l'artista riduce la compagine cromatica quando sente il peso dell'elemento antropico e del viaggio come mezzo di colonizzazione dell'ignoto. Allora non appare più il mare mescidato di accesi colori serotini o aurorali, come in AVETE VISTO LA BALENA BIANCA? (2003), in cui si raffigura la achabiana ricerca incondizionata e spasmodica del gran cetaceo (simbolo di natura e vita) che risulta prioritaria su ogni rispetto umano, ma si profila e prevale l'ombra fredda e incolore delle vele adombranti il mezzo forzoso del viaggio che si inoltra sulla superficie del mare. Di una ulteriore oligocromia è capace Crostelli quando in altri dipinti dà vita a una unione ipostatica di elemento uranico e biotico: in COME SEI PIà LONTANA DALLA LUNA (2002) una luna palpitante di netto colorito cardiaco si staglia sul sipario celeste obnubilato da scie che ricordano le piume di uccelli alto levati. Si ha la sensazione che la conquista di una dimensione scevra dal male che intride la mente degli uomini si avveri proprio all'altezza designata da Crostelli, ma l'informe che egli scandaglia nelle sue profondità marine assume anche ben noti aspetti zoomorfi e il suo tratto delicato e minimo, visionario e animato da una tensione allucinata, guarda all'abisso con serenità , quasi a voler saggiare il moto del gorgo che sotto la superficie delle cose si agita compostamente. La classificazione che inscrive Crostelli nel Visionismo Istintivo deve tener conto anche di una ascendenza surrealista di cui egli ha fatto tesoro quasi parafrasando nella sua pittura la frase di Andrè Breton che nel Manifesto del Surrealismo scriveva: Cara immaginazione, ciò che in te amo soprattutto è che tu non perdoni .
(Andrea Zepponi)


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