Tutto esaurito per “Pro Patria” di Ascanio Celestini


di Patrizia Isidori

11 Ago 2013 - Commenti teatro

Teatro: Recensioni

Grottammare (AP). Sabato 3 marzo si è conclusa la sempre originale stagione del Teatro delle Energie di Grottammare, con il tutto esaurito e applausi fragorosi per lo spettacolo Pro Patria del bravo attore-autore Ascanio Celestini. Un monologo di più di 100 minuti, durante il quale l'attore ha declamato un immaginario discorso rivolto al muto e sconfitto padre putativo Giuseppe Mazzini. Celestini più che mai ha mitragliato parole a raffica, immobilizzando gli spettatori, ipnotizzati dal suo discorso fitto di informazioni storiche, intrecciate a riflessioni su momenti della nostra attualità . Infatti impersona un detenuto che, in uno spazio scenico di due metri per due, la cella, espone il suo importante discorso. Pro Patria mette insieme i frammenti di vicende della gloriosa Repubblica Romana del 1849, legandole a figure e vicende dell'oggi.Tutto tramite parole acute e forte ironia, che confermano la grande valenza istrionica ed intellettuale dell'attore sulla scena. Sono sempre tematiche molto profonde le sue, anche se si pongono con ironia che appare ingenua e popolare, un attore che è sempre autore dei suoi testi dal contenuto fitto di riflessioni ed inquietanti interrogativi. Pro patria è un racconto fantasioso che ci fa immaginare benissimo, quasi li potessimo vedere sul palco con lui, gli altri quattro personaggi che entrano nella storia: i due padri, il suo e quello ideale, insieme ad un ergastolano immigrato africano ed un secondino, definito l'intoccabile, padrone indiscusso di tutta la vita nel carcere. Nel percorso del discorso, Ascanio ci racconta la storia di tanti ragazzi, anche giovanissimi, che con grande fervore ed idealismo riuscirono in quel contesto storico a detronizzare il Papa anche se per un breve periodo, con importanti cambiamenti sociali come la chiusura delle carceri, l'abolizione dei processi, l'emancipazione femminile. Ovviamente, conosciamo la storia, l'azione fu subito sopraffatta dalle forze reazionarie straniere, non esclusa la Francia della repubblica e degli ideali di libertà , uguaglianza e fratellanza. Benchè sempre divertente, ma in modo intelligente, il suo teatro è duro e provocatorio, con una scelta etica e politica diretta, chiara, senza mezzi termini che mostra un indiscusso coraggio ed originalità , soprattutto in questa epoca di discorsi tutti molto politically correct. Finisce addirittura con la sua teoria, secondo cui le tre reali rivoluzioni della nostra Italia, benchè con esito fallimentare sono state quella del 1948, la resistenza e quella degli anni Settanta. Chiara è inoltre la condanna del carcere come istituzione, specie l'ergastolo, I morti e gli ergastolani hanno una cosa in comune, non temono i preocessi. I morti perchè non possono finire in galera. Gli ergastolani perchè dalla galera non escono più , sono infatti le parole del detenuto che scrive il suo discorso. Il fondo scenico è composto da una parete con dei manifesti che annunciano il discorso a Mazzini, scena che Celestini monta e smonta alla fine dello spettacolo, accompagnato nella narrazione da due musiche: un brano surf e una variazione di Chopin su un'aria di Bellini, cui si è aggiunta la melodia di uno scandaloso immancabile telefonino.
(Patrizia Isidori)


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