“The Phantom of the Opera” agli Arcimboldi di Milano piace più della lirica


di Andrea Zepponi

23 Ott 2023 - Commenti classica, Commenti live!

Grandissimo successo per questa splendida messa in scena del musical “The Phantom of the Opera” di Andrew Lloyd Webber, in un Teatro Arcimboldi gremito di spettatori.

(Foto di Alessandro Pinna)

Si è ormai detto di tutto, o quasi, su questo musical che impazza come un fulmine per tutta l’Italia a partire dallo scorso luglio da Trieste in giù: capolavoro del suo genere, record di incassi, successo notevole, meraviglioso spettacolo, re dei musical ecc. Il 16 ottobre scorso lo abbiamo visto al Teatro degli Arcimboldi a Milano, dalle ore 21, con il suo cast stellare fatto di specialisti, veri performers all’americana, capaci di fare tutto sulla scena, danza, recitazione, canto, e con la presenza artisti lirici indiscutibili e capaci di trascinare il consenso anche dei non melomani. Quello che può mancare alla sequela degli elogi e dei consensi di cui questo capolavoro può fregiarsi nella forma scenica e registica in cui è apparso è appunto che questa, con tutti i mutatis mutandis del caso, ci sembra molto più apprezzabile e sensata di quella di molti attuali spettacoli di opera lirica. Non per fare paragoni inutili e impropri ma, dopo aver assistito alla perfezione e alla spettacolarità dei costumi e delle scene nonché degli effetti speciali e gli artifici di questo musical, dal profondo di una sensibilità che può essere onnubilata e offesa da anni di opera lirica corretta politicamente e “scenoregisticamente” corrotta, emerge un giudizio che prende la forma di esclamazione rassegnata, ma riesce del tutto a favore di The Phantom: “Magari gli spettacoli operistici si avvalessero nella loro messa in scena di una tale chiarezza, pregnanza e pertinenza!” . Unico piccolo neo, visto che l’edizione agli Arcimboldi è quella originale, in inglese, la mancanza di un display con sovratitoli in italiano. Pare brutto che un teatro così tecnologicamente dotato non abbia offerto ciò che offrono anche piccoli teatri di provincia.

Non giunge comunque a sproposito il messaggio del Dr. Gianmario Longoni, Direttore Artistico TAM, Teatro Arcimboldi Milano: “Sono lieto di offrire ai nostri spettatori il più longevo dei grandi successi di Broadway, il simbolo del grande teatro musicale. Intere generazioni si sono innamorate di questo musical dove passione meraviglia sono il cuore pulsante di una macchina teatrale perfetta, che conquista e coinvolge tutti gli spettatori anche grazie a una scrittura musicale senza tempo. TAM ospita da sempre i grandi eventi internazionali e i debutti assoluti, ma questa è per noi un’occasione straordinaria perché questa edizione è firmata anche da creativi italiani che sono tra i più apprezzati professionisti in tutto il mondo. E il mondo continua, pertanto, a essere la sfera di interesse artistico del teatro degli Arcimboldi declinato sempre all’insegna dell’eccellenza.

Il musical The Phantom of the Operavenne scritto nel 1986 da Andrew Lloyd Webber (le musiche, il libretto e le orchestrazioni), da Charles Hart (i testi delle canzoni) e da Richard Stilgoe (il libretto e le parole aggiunte delle canzoni). La storia è liberamente ispirata all’omonimo romanzo gotico- romantico di Gaston Leroux, dalla vicenda noir tipicamente francese – si pensi a Belphagor in cui il buio del mistero si mescola al giallo della ricerca del colpevole- e narra di un geniale artista dal volto sfigurato che vive di nascosto nei meandri inesplorati dell’edificio dell’Opéra di Parigi disperatamente innamorato del giovane soprano Christine Daaé la quale è legata sentimentalmente al visconte Raoul De Chagny. In questa occasione viene utilizzata la messinscena originale di Londra, con i diritti dello spettacolo della Really Useful Group di New York  il cui produttore è Cameron Mackintosh. Per l’Italia le regia e le scene sono di Federico Bellone con la supervisione musicale di Giovanni Maria Lori, la co-scenografia di Clara Abruzzese, il disegno luci di Valerio Tiberi, illusioni ed effetti speciali di Paolo Carta, gli ideatori dei fondali sono Rinaldo Rinaldi e Maria Grazia Cervetti, le coreografie di Gillian Bruce, i costumi, acconciature e trucco di Chiara Donato, il disegno audio di Roc Mateu –il musical è una performance teatrale interamente amplificata con mezzi elettronici – direttore musicale è Julio Awad, l’FX make-up artist di Roberto Maestroni, mentre la regista associata è Silvia Montesinos, la coreografia associata di Marta Melchiorre e il disegno luci associato di Emanuele Agliati.

La vicenda intrigante e intricata è fatta di colpi di scena, per cui il fantasma compare quando meno lo si aspetta, attraverso passaggi segreti – lo specchio che apre il suo nascondiglio- per irretire in un’aura ipnotica l’affascinante Christine o creare scompiglio facendo crollare fondali, disturbando le prove degli artisti, manovrando l’enorme lampadario che, in questa edizione, invece di crollare sulla platea raffigurata sul palco, viene fatto ondeggiare verso il pubblico con esplosione di lampi di forte impatto emotivo, insomma scatenando ogni manovra dei gestori del teatro che fanno di tutto per  scovarlo e smascherarlo; inutilmente, perché egli, dopo aver perfino ucciso il tecnico Buquet impiccandolo, quando la sua dimora segreta viene scoperta, farà in modo di scomparire misteriosamente lasciando di sé soltanto la maschera che gli copriva, in questa versione, solo la metà sfigurata del volto. Disperato di non poter essere amato da Christine per la sua deformità, ma solo da lei ammirato per il suo genio musicale grazie al quale ha composto l’opera Don Juan trionfante, può solo insegnare alla ragazza l’arte di cantarla e agire nell’ombra perché lei assuma il posto della prima donna. Il finale, quindi, non è tragico e i patetismi delle scene d’amore e degli assoli disperati del fantasma inclinano verso un tono semiserio risolto nella varietà musicale e spettacolare degli effetti cinematografici. 

Il discorso sulla vocalità degli interpreti non può essere disgiunto dalla loro presenza scenica che era curata in ogni dettaglio: si tratta di voci usate, in questa occasione, senza impostazione lirica, ma fornite pur sempre di formazione vocale e attoriale che permette loro di giostrare diversi stili tra il serioso e il buffo, tra la recitazione e il canto più o meno leggero: il musical è infatti un genere di rappresentazione teatrale e cinematografica, nato e sviluppatosi negli Stati Uniti d’America tra l’Ottocento e il Novecento il cui corrispondente italiano è la commedia musicale con cui condivide l’uso di più tecniche espressive e comunicative il cui carattere non è mai solo comico ma neppure tragico: The Phantom of the Opéra ne è l’esempio più rappresentativo. Tranne i ruoli dei cantanti lirici conclamati, che devono rappresentare nel musical la parte, invero caricaturale eppure molto efficace, della prima donna, Carlotta Giudicelli, e del primo tenore, Ubaldo Piangi, interpretate dalle voci rutilanti del soprano lirico Anna Corvino e del tenore acuto Gian Luca Pasolini capaci di trascinare il pubblico con sovracuti e gorgheggi mozzafiato, solo quello della protagonista femminile, Christine Daaé, assolto con elegante freschezza dal soprano leggero italo-americano, Amelia Milo, anche attrice ballerina dall’aspetto angelico, scoperta da Andrea Bocelli con cui si è esibita più volte, ora al suo debutto nel mondo del musical, può essere considerato in base a criteri validi per la vocalità lirica, sebbene la sua parte le imponga di privilegiare la recitazione delle parole uscendo dalla fonazione lirica soprattutto nella zona media. Le voci di Vinny Coyle cuiè affidato il ruolo di Raoul e quella del fascinoso e acclamatissimo Ramin Karimloo, il Fantasma, quasi del tutto prive di impostazione lirica, spesso scambiate per baritonali, potrebbero essere, del primo, quella di tenore lirico e, del secondo, quella di tenore drammatico, in forza delle loro incursioni nella zona acuta raggiunta spesso con l’uso di falsettoni ben controllati che conferiscono all’atmosfera complessiva –amplificazione complice – toni diafani e teneri volutamente tenuti ben lontani dalla vocalità lirica. Entrambi dotati di figura scenica notevole, hanno incarnato due tipi di amanti, l’uno premuroso e maturo, l’altro tenebroso e maledetto. Earl Carpenter e Ian Mowat, nell’ordine, impresari dell’Opéra, Monsieur André e Monsieur Firmin, sono una coppia buffa che diverte il pubblico con gustosi siparietti in cui le voci amplificate giocano su inflessioni caricaturali e falsetti. I ruoli di Meg Giry e Madame Giry sono affidati ad artiste italiane di sicura esperienza nel mondo del musical: Zoe Nochi e Alice Mistroni: entrambe restituiscono con efficacia il senso di apprensione e di suspence, in particolare la parte della Mistroni, nel suo ruolo austero, grave e misterioso di portavoce del fantasma che nel secondo atto svelava il suo lato umano, mentre questo nella prima, amica e confidente affettuosa di Christine, era più visibile. Completano il cast Matt Bond, versatile attore cantante in Buquet, Jeremy Rose in Monsieur Lefevre e Mark Biocca in Dance Captain i quali fanno tutti anche parte del talentuoso Ensemble composto da Nicola Ciulla, Luca Gaudiano, Antonio Orler, Chiara Vergassola, Marianna Bonansone, Martina Cenere, Robert Ediogu, Stefania Fratepietro, Arianna Galletti, Jessica Lorusso e Margherita Toso.

ll musical è una derivazione dall’operetta europea adattata al gusto e al costume statunitense i cui brani musicali appartengono ai generi della musica leggera, del jazz, o derivano in certa misura dall’opera lirica e dal balletto. Tutti questi linguaggi sono uniti tra loro grazie a una orchestrazione elegante e flessibile. Nel musical non c’è vera fusione tra i diversi linguaggi che vi compaiono invece affiancati in una compresenza ben integrata e armonizzata; nel Phantom ciò è ben esemplificato: il canto lirico c’è,  ma è affidato a due personaggi il cui ruolo è appunto quello di cantanti lirici. In questo genere ogni particolare risulta indispensabile per la riuscita dello spettacolo,- come del resto nell’operetta- dai costumi alla scenografia inclusi regia, coreografie e luci senza dimenticare gli attori (performers) che devono essere in grado di comunicare emozioni ricorrendo, spesso contemporaneamente, a discipline come la recitazione, la danza e il canto. L’azione viene portata avanti sulla scena non solo dalla recitazione, ma anche dalla musica, dal canto e dalla danza che fluiscono in modo spontaneo e naturale, senza che risultino imitazione degli spettacoli “seri”.

In questo amalgama scenico di suggestiva versatilità, oltre ai costumi di perfetta aderenza, quasi filologica, all’epoca in cui si situa la vicenda, il 1890, si è rivelata vincente l’idea dello scenografo Bellone di predisporre una scenografia girevole per dare profondità cangiante alla scena e permettere di usare lo spazio del palcoscenico facendo individuare i diversi ambienti: il camerino di Christine da un lato, lo studio dei due impresari  dall’altro e la stessa scena dell’Opéra quando era posizionata frontalmente al pubblico. Gli effetti speciali erano tutti ben riusciti per l’espansione musicale delle canzoni e l’emozionante finale: altrettanto suggestivi erano quindi i brani musicali, soprattutto quello che dà titolo all’opera, The Phantom of the Opera, la canzone che risuona mentre dal camerino di Christine si passa al nascondiglio del Fantasma. Seguendo la sentimentalità delle situazioni atmosferiche, molto toccanti erano le canzoni Think of me e Wishing you were somehow here again, interpretate dalla Milo, così come il duetto d’amore o canzone a due All I ask of you, interpretata da Christine e da Raoul, cui seguiva una reprise sulla voce di Ramin Karimloo che ne ha offerto una sua intonazione espressiva ed emozionale apprezzabile, senza ricorrere a parametri usuali, anche nel brano The music of the night. Menzione speciale merita infine il momento corale Masquerade durante il quale avviene la festa in maschera all’Opéra i cui costumi alludevano al carnevale di Venezia. Non resta altro da riferire se non che alla fine tutto il teatro, gremitissimo di spettatori, era in pieno delirio e ha applaudito forsennatamente con varie standing ovation gli artisti osannati anche all’esterno da picchetti di ammiratori e fans. Il passaggio milanese di questo spettacolo (dall’11 al 22 ottobre) non poteva essere più lusinghiero e preannuncia grandi successi in tutte le piazze italiane dove verrà portato.

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