Passeggiata artistica con Fabio Mariani


di Flavia Orsati

17 Nov 2021 - Arti Visive

L’arte si fa termine medio e punto di congiunzione tra Natura e volontà umana, nell’esperienza di Fabio Mariani, alla ri-scoperta dell’inchiostro ferrogallico.

 
 Una catena sottile d’innumerevoli anelli
 Ognuno riconduce al più lontano.
 Ovunque si posa l’occhio legge presagi,
 E parla tutte le lingue la rosa;
 E, lottando per diventare uomo, il verme
 Ascende tutte le spire della forma.
 Plotino

Sabato 13 novembre si è tenuta, in zona Ceppo (Teramo), un’escursione artistica, patrocinata dal Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga nell’ambito del programma “Esploratori con Gusto”, nella splendida e autunnale foresta dei faggi torti. L’ospite d’eccezione è stato Fabio Mariani.

Fabio Mariani ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Roma, laureandosi in scenografia nel 2006. Attualmente, vive e lavora tra la Capitale e l’Abruzzo, nella sua amata Canistro. Vincitore di numerosi premi, ha esposto in gallerie e musei in Italia e all’estero. Le sue opere sono conservate in collezioni pubbliche e private.

Durante l’evento, l’artista, oltre ad aver mostrato alcune delle sue opere, ha condotto una dimostrazione laboratoriale di produzione artigianale di inchiostro ferrogallico, del quale si serve, puro o diluito, per realizzare alcuni dei suoi disegni. Punto di partenza della concezione dell’arte di Mariani è, infatti, il contatto con la natura, con il paesaggio, filtrato attraverso la consapevolezza della storia dell’arte e della tradizione.

Il ferrogallico è un antico inchiostro, risalente all’incirca al IV secolo aC. La sua produzione è frutto di un processo chimico e mentale legato alla tradizione occidentale, al termine del quale si esprime l’alfabeto della natura. Tale inchiostro si crea dalla reazione del tannino delle galle, “falsi frutti” che si raccolgono in natura, nei boschi, e del solfato di ferro che si lega con la gomma arabica naturale. Da questa reazione – ai limiti dell’alchimia – nasce un inchiostro scuro, che da color terra di Siena diventa nero, con differenti striature e sfumature a seconda della qualità delle galle e della concentrazione di tannino. Si tratta di un colore acido, usato fino all’Ottocento e poi, man mano, soppiantato da inchiostri più moderni. Proprio qui si innesta il concetto di riscoperta, del lavoro sulla memoria persa e sulle tradizioni, ponendo anche una questione filosofica ai posteri: l’ossidazione del ferrogallico, infatti, non si ferma nel tempo, il processo continua finché il materiale è a contatto con l’ossigeno e finisce per bucare il foglio, a meno che non si intervenga con sostanze che bloccano o limitano la reazione.

Nei disegni della serie “Ferrogallico” Mariani crea, sì, un’archeologia degli strati, ma anche una stratificazione di archeologie, indagando antichi e nascosti recessi dell’essere con la forma e il colore: il processo che egli inscena è destrutturante e decostitutivo, ma mirato ad un fine attivo e costruttivo. Ciò significa che, nella sua opera, la realtà viene esfoliata e tradotta in piani artistici, geomantici e morfologici, sul piano fisico e mentale: i collegamenti e le forme create dall’inchiostro ricordano quelli sinaptici, con l’inconscia necessità di eviscerare le parti di un tutto, analizzare la natura privi della freddezza del metodo scientifico, ma con la lucidità emozionata di un archeologo che riporta alla luce, dopo migliaia di anni, un reperto che racconta delle antiche vite che vi sono entrate in contatto. In questo processo di riscoperta, il contatto con la natura è fondamentale, in primis perché fornisce le materie prime da impiegare nei dipinti e, in secondo luogo, perché si fa oggetto stesso dell’indagine.

La serie dedicata al ferrogallico è la visualizzazione di una sintesi lucreziana di vettori di forze, assopiti nel misticismo di una geologia extra tempore che l’artista-alchimista è in grado di risvegliare e svelare con le sue formule, in un personalissimo rapporto con l’universo, ago della bilancia di una società che, come notato da Emerson nel saggio Natura, si basa sempre più sulla retrospezione, costruendo sepolcri ai suoi grandi padri ma senza essere minimamente pronta a sostituirli innalzando proprie cattedrali.

Allora, ecco che in Mariani l’arte si fa termine medio e punto di congiunzione tra Natura e volontà umana, espressione della nobile esigenza della contemplazione del bello, speciale compendio di quanto di nascosto ci circonda, fisicamente e metafisicamente.

Se lo scavo geo-archeologico riesce a far visualizzare in forme materiali il cosmo spirituale, occorre interrogarsi su quale sia il destino della storia, dove vadano a finire i passati multipli di cui essa si intesse, se le forme stratificate e ameboidi riescano a riportare in vita qualcosa che esiste ab aeterno ma che è, essenzialmente, lingua morta. F. Nietzsche, nel suo saggio Sull’utilità e il danno della storia per la vita, facente parte delle Considerazioni Inattuali, sottolinea come sia necessario un oblio per ogni agire, una tabula rasa immaginativa, in questo caso, di tutte le sopravvivenze, che designano una realtà d’effrazione, ovvero un reale spogliato dei suoi orpelli ma non ridotto a pura forma. Quello che viene agli occhi a chi osserva le opere di Mariani è, per usare un gioco di parole, l’essenza non ridotta all’essenziale, o meglio: un’anima mundi non oggettiva, filtrata con toni e modulazioni artistiche, tra contraddizioni causali ed eterocronie in movimento, finché il cammino artistico non si faccia vero e proprio ritorno spazio-temporale e mezzo di conoscenza delle viscere della terra. Concludendo, il merito di un’arte così raffinata ma genuina è conferire nella nostra epoca, nel suo costante esibizionismo ed estrinsecazione pornografica di qualsiasi sentimento o fatto privato, una speranza di introspezione, di scavo interiore e, se è vero che ogni epoca ha la rinascita dell’antichità che merita, gli artisti veramente moderni (e qui si intende il termine nella sua valenza etimologica) dovrebbero farsi carico di un imperativo categorico: estrarre quanto di bello e di eterno la nostra bella Terra può offrire e veicolarlo alla massa.

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2 responses

  1. FRANCESCO BARTOLETTI ha detto:

    Eccellente, ma quando cominciamo con le magliette?

    1. Flavia ha detto:

      Scusi?

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