Le magie della musica macedone a San Quirino di Pordenone


di Gianluca Macovez

18 Ago 2023 - Commenti classica

Note come ponti”, un concerto suggestivo e coinvolgente a San Quirino di Pordenone con Blagoj Nacoski, Paola Camponovo ed Alfredo Blessano, nell’ambito del Festival Vini Gusti in Musica.

San Quirino (Pn), La Sartoria Vini- Piera 1899, 12 agosto 2023 – In Friuli-Venezia Giulia è partito il Festival Vini Gusti in Musica, che coniuga la magia della musica classica con il fascino del vino.

Iniziativa interessante, organizzata in collaborazione con il coordinamento regionale delle Città del Vino ed il sostegno di PromoturismoFVG – Io sono Friuli-Venezia Giulia, Strada Vino e Sapori del Friuli-Venezia Giulia e Banca 360 FVG Credito cooperativo.

Il 12 agosto, nella cantina La Sartoria Vini – Piera 1899 a San Querino, fra i giganteschi silos pieni del prezioso nettare, in uno spazio dalla acustica sorprendentemente adeguata, si è tenuta la prima delle serate dell’edizione 2023, intitolata “Note come ponti”, peraltro occasione per celebrare il trentesimo anniversario dell’inizio dei rapporti diplomatici tra Macedonia e Italia.

Una delle particolarità dell’evento era l’accostamento dei brani del programma ad alcuni dei vini prodotti dalla cantina che ha ospitato gli interpreti, interessante modo per valorizzare i prodotti del territorio.

Protagonisti il brillante tenore Blagoj Nacoski ed i due curatori del Festival: Paola Camponovo soprano dall’interessante vocalità ed Alfredo Blessano pianoforte, che hanno proposto un programma raffinato e di grande presa con diverse arie da camera composte da musicisti macedoni ed alcuni brani in italiano.

Alfredo Blessano, pianista dal tocco interessante, ha saputo accompagnare con bravura tanto la Camponovo, con cui ha vinto il Concorso Respighi nel 2016 che il Blagoj Nacoski, in splendida forma.

Nacoski è un cantante molto attivo sulle scene nazionali ed internazionali, con un repertorio vasto, che va da Mozart a Verdi, da Donizetti a Puccini. Ha collaborato con registi di grande fama ed i direttori più noti, da Abbado a Chailly, da Allemandi ad Oren.

Nonostante la carriera ventennale, la voce è integra, con un centro solidissimo, una tavolozza opulenta di sfumature, un colore di grande suggestione. Gli acuti sono solidi, il volume possente, i fiati lunghissimi.

Ma al di là di questi apprezzati aspetti tecnici, è emersa una grandissima sensibilità nel proporre i leader macedoni, riuscendo a coinvolgere il pubblico, che pur non capendo le parole riusciva a seguire il senso dei versi, a cogliere l’atmosfera poetica, a decifrarne il senso profondo.

Ha saputo tessere una trama di musica e poesia che ha avvinto i presenti, che nonostante l’oggettiva complessità della proposta musicale, ha accompagnato ogni brano con copiosi applausi e, alla fine, richieste di bis. Accolte.

Un esperimento coraggioso: proporre qualcosa di sconosciuto, o quasi, in un contesto inedito, ad un pubblico insolito.

Il primo brano proposto era di Todor Skaloski: Preghiera. Nacoski la interpreta con grande coinvolgimento, mostrando una serie di sfumature bronzee di forte impatto, che profumano di malinconia e di rimpianti, lunghissimi fiati che rendono ancora più straziante l’invocazione conclusiva: ‘Guariscimi o terra, dalla inquietudine scura e dalla tristezza’.

Blagoj Canev, nel 1976 compose Fiori, ispirata ad un fatto vero: l’uccisione di un bambino. Una storia che il tenore macedone canta con raffinata misura e grande partecipazione, evitando forzature veriste, nonostante il crescendo narrativo incalzante, la ricchezza delle escursioni vocali ed un inciso recitato che, anche se in macedone, è di grande presa fra i presenti grazie alla ritmica ed all’espressività di Nacoski.

Paola Camponovo esordisce con Fiori, di Gian Francesco Malipiero, mettendo in evidenza una solida linea di canto, un suono pieno, compatto, una dizione chiara che rende il giusto merito al compositore di cui ricorre il cinquantesimo dalla morte.

Segue un duetto di Rossini, unico brano non novecentesco della serata: Mira la bianca luna, che è un rincorrersi di voci, che si inseguono senza indugiare su facili effetti, illuminate da raffinate mezzevoci, da smorzature interessanti e da un equilibrio fra le voci veramente riuscito.

Trajko Prokopiev è l’autore di O mio gabbiano, brano intenso, che Nacoski fa suo con intensità e bravura, mostrando grandissima sicurezza nei passaggi, un suggestivo registro centrale, acuti pieni e drammatici, fiati possenti e ricchi. Di forte impatto recitativi all’interno del brano, che il tenore affronta con sapiente senso del teatro e con notevoli doti narrative.

La seconda parte del concerto ha brillato per alcuni brani di compositori viventi.

Artisti giovani e di grande interesse, alcuni dei quali hanno composto delle partiture dedicandole a Nacoski.

Andrej Naunov, compositore neanche quarantenne, è l’autore di Fiume, un brano suggestivo, nel quale si sente l’ispirazione musicale italiana, caratterizzato da una tessitura ricca di note alte, che non impensieriscono il tenore.

Dino Imeri, brillante giovane compositore, ha scritto Sogno un’aria d’amore piacevolmente complessa, dalla variegata tavolozza ed alcuni momenti di grande suggestione, nei quali il canto spianato, offre a Nacoski la possibilità di mettere in evidenza aspetti di una vocalità che meriterebbe una attenzione più mirata da parte dei teatri italiani, che non sembrano aver saputo cogliere le potenzialità di questo interessante ed eclettico artista.

Paola Camponovo ritorna in scena con Sogno di Francesco Paolo Tosti, eseguita con buona misura, emissione compatta, una apprezzata attenzione alla parola, che si confermano nei successivi 4 Rispetti di Ermanno Wolf Ferrari, che consentono alla cantante, vincitrice del concorso Aslico nel 2013, di mettere in evidenza una vasta tavolozza cromatica, solidi acuti e, nella quarta aria, un notevole controllo vocale nei cambi ritmici della partitura.

Homeland Songs n 3 di Darija Andovska, aria di atmosfera tipicamente macedone, permette a Nacoski di cesellare una esecuzione di grande impatto evocativo, esibire fiati lunghissimi e giocare con il contrasto fra la tradizionalità del testo e la modernità della partitura, comunque in sette ottavi.

Suite Macedonia di Alessandro D’Agostini, è una suggestiva chiusura, decisamente più frizzante e divertente rispetto alle precedenti composizioni, composta da canti popolari, rielaborati dal direttore d’orchestra, che consentono ai due cantanti di concludere in modo pirotecnico il concerto, giocando su ritmi vivaci, grandi escursioni vocali, una gustosa alternanza vocale ed esalando l’amalgama delle voci nei duetti, ottenendo un franco successo, ricambiato un bis altrettanto gioioso.

Una proposta coraggiosa e di nicchia, di grande interesse, che è stata una vittoria, grazie alla scelta di puntare alla qualità: coinvolgere artisti di valore, preparati, competenti, appassionati, scegliere un programma raffinato.

Speriamo che il magnifico riscontro ottenuto sia lo stimolo per future iniziative di questo spessore.

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