Intervista al maestro Walter Roccaro, direttore artistico del Luglio Musicale Trapanese


di Alma Torretta

7 Ago 2023 - Approfondimenti classica, Interviste

“Bisogna fare molta attenzione ai feedback e ai desiderata dei giovani, anche con proposte coraggiose”. Il prossimo anno in cartellone ancora più opere e più contemporaneità. Queste le parole di Walter Roccaro, da poco più di un anno direttore artistico del Luglio Musicale Trapanese, intervistato da Alma Torretta.

L’Ente Luglio Musicale Trapanese ha una gloriosa tradizione lunga ben 75 stagioni, con qualche difficoltà gestionale negli ultimi anni ed è adesso in pieno rilancio con il direttore artistico Walter Roccaro, nominato nel giugno dello scorso anno, che ha ampliato l’offerta di spettacoli e ci ha dato già qualche anticipazione della prossima stagione estiva. Il maestro Roccaro, pianista, attualmente è titolare della cattedra di Pianoforte presso il Conservatorio G. Verdi di Como.

D. Maestro Roccaro, qual’è la sua sfida come direttore artistico dell’Ente Luglio Musicale Trapanese?

R. Sono arrivato a Trapani per caso nel ‘98 come vincitore di Concorso al Conservatorio, poi ci sono rimasto per scelta fino ad ottobre dello scorso anno, mentre adesso vivo a Milano perché insegno a Como. Sono stato anche direttore del Conservatorio di Trapani in un frangente complicato; quindi, probabilmente le mie caratteristiche umane e professionali fanno sì che io sia stato individuato perché con capacità di problem solving in un momento di crisi, per trovare delle soluzioni concrete. L’Ente si è ritrovato senza direttore artistico e senza consigliere delegato; quindi, è stato all’inizio una vera e propria sfida realizzare la stagione.

D. Se la scorsa era già programmata, questa invece è la sua stagione, cosa l’ha guidata.

R. Tutta la mia storia di musicista è declinata in termini di equilibrio tra tradizione e innovazione perché io ho la fortuna di appartenere a quella che è considerata la più grande scuola pianista italiana, quella del maestro Vincenzo Vitale, però ho studiato anche con il maestro Bruno Canino che è stato molto vicino invece alla musica contemporanea. Quindi ho raccolto la nuova sfida attento a non perdere il contatto con il passato, che per il Luglio Musicale significa innanzitutto opera, raccogliendo però anche le spinte evoluzionistiche alla contemporaneità degli ultimi direttori artistici, e accostando all’opera altre proposte, quali il sinfonico, il cameristico, il balletto contemporaneo, malgrado qualche iniziale riserva verso programmi non strettamente operistici. Per questo quest’anno ho voluto aprire con un concerto sinfonico per la pace con un programma tutto dedicato ad autori russi ed ucraini.

D. Qual’è stata la risposta del pubblico?

R. Forte, soprattutto da parte dei giovani. Un’ottima risposta proprio grazie alle proposte variegate, ed infatti proseguirò in questa direzione. Io credo che siamo in un momento molto delicato nel cambio generazionale del pubblico e quindi bisogna fare molta attenzione ai feedback ed ai desiderata dei giovani, anche con proposte coraggiose perché i giovani hanno bisogno di essere stimolati, bisogna trovare delle chiavi che ne destino e tengano salda l’attenzione. E quindi ho pensato di sviluppare nella prossima stagione il tema della fiaba attraverso tre grandi titoli – Turandot, Cenerentola e Il Flauto magico – con opportune scelte sceniche e registiche. Al resto stiamo ancora lavorando, ma sicuramente ci sarà anche un titolo operistico contemporaneo.

D. Il Barbiere di Siviglia quest’anno è stata una bella opportunità per i vincitori del Concorso Di Stefano per mettersi in mostra e fare esperienza.

R. Ed è molto probabile che proseguiremo l’esperimento di quest’anno di collegare una delle opere previste al Concorso Di Stefano, sarà probabilmente Cenerentola che è quella che si presta di più. Devo dire anche che la Commissione del Concorso, di grande esperienza e presieduta da Ernesto Palacio, è stata brava ad individuare le qualità vocali ma anche profili professionali in forte progressione. Da fine aprile quando si è concluso il Concorso, alcuni di loro sono cresciuti ancora molto e velocemente.

D. E per l’opera contemporanea a cosa sta pensando?

R. Sicuramente un titolo con un linguaggio che non crei distanza. Io credo che in questo momento l’intelligenza della programmazione debba essere quella di dimostrare che il contemporaneo sta un po’ recuperando quello che forse negli anni Settanta, Ottanta si era un po’ perso a causa di una certa posa intellettualistica. Un tempo esisteva solo la musica, senza distinzioni di generi, Liszt era famoso come una popstar. La musica cosiddetta colta non può sopravvivere solo grazie al repertorio consolidato Settecentesco od Ottocentesco ma deve trovare anche i giusti canali comunicativi e di linguaggio contemporanei. Pensiamo a quanto era moderna per allora la Traviata. La tradizione non deve essere uno spartiacque, dobbiamo imparare a creare una contemporaneità allo stesso modo in cui i compositori dell’Ottocento riuscivano a mantenere il contatto con il loro pubblico.

D. Come rendere l’opera attuale?

R. I temi che attirano l’attenzione, e che possono anche diventare strumento di denuncia, sono tanti, da quelli politici a quelli climatici a quelli d’identità di genere, e secondo me il teatro musicale è uno strumento che ha il vantaggio di una evidenza di comunicazione immediata, mentre un brano liederistico o cameristico ha a un suo profilo narrativo, filosofico ed ideologico che ha bisogno di essere presentato, di spiegare da dove nasce. Vincere la scommessa di mantenere viva l’opera sta quindi nel guardare agli strumenti che un Verdi o un Puccini hanno utilizzato e trasportarli nel presente, nel rapporto tra la tematica, la modalità narrativa ed il linguaggio musicale, perché se una di queste tre variabili non è sintonizzata con la vera contemporaneità si rischia che il messaggio arrivi in maniera non completa.

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