Grande Nucci – Rigoletto al Superga di Nichelino


Alberto Bazzano

15 Mag 2005 - Commenti classica

Fiore all'occhiello della stagione lirica in corso al Teatro Superga di Nichelino (TO) è il Rigoletto verdiano con la partecipazione straordinaria di Leo Nucci nei panni del gobbo protagonista. L'allestimento operistico è stato occasionato dal conferimento, da parte dell'amministrazione comunale, unitamente alla consegna delle chiavi della città , della cittadinanza onoraria al grande baritono bolognese.
Leo Nucci, lo conosciamo bene, non è tipo da farsi pregare e quando canta, canta sul serio, senza risparmio di energie. à la passione a guidarlo. Dappertutto, alla Scala come a Nichelino, si esprime con lo stesso impegno, con la stessa spontaneità sorgiva, tipica degli emiliani che hanno la musica nel Dna. Quando Nucci apre bocca rivive lo spettacolo d'un tempo, quando l'opera era un fatto popolare, quando la gente s'infiammava, batteva le mani (anche fuori dei momenti comandati ) e domandava a gran voce il bis. Oggi, invece, si ascolta l'opera in totale raccoglimento, come la domenica a messa, come se tutto il melodramma fosse Parsifal! Nucci fa piazza pulita di tutto ciò (e può permetterselo, avendo alle spalle una cospicua e blasonata carriera); alla fine dei brani chiama in proscenio i giovani colleghi, li indica al pubblico, affinchè siano loro a ricevere gli applausi maggiormente. Fa gli onori di casa e al momento opportuno, di fronte al pubblico che insistentemente lo reclama, concede il bis: Sì, vendetta, tremenda vendetta . La voce non accusa i segni del tempo. à integra, svettante e sonora. Gli acuti sono granitici, il fraseggio appropriato. Ogni frase ha il giusto rilievo. Degno di nota è l'attacco Deh, non parlare al misero , giustamente dolente, intenso, sentito. Ma gli esempi potrebbero continuare. Nucci è pienamente padrone della scena. Conosce la parte di Rigoletto a menadito, cantata innumerevoli volte, negli anni, in tutti i teatri del mondo.
Accanto a lui, la Gilda di Brunella Bellome, promettente soprano campano, dotata di voce fluorescente, specie nel canto di coloratura. La principale freccia al suo arco è l'approdo al registro sovracuto. Lì, dove di solito i soprani arrancano, lei è perfettamente a suo agio. Raggiunge le vette del pentagramma con irrisoria facilità . L'interpretazione punta alla raffigurazione di una Gilda virginale, sicura negli affetti e fatalmente innamorata del Duca. Buona, in particolare, l'esecuzione dell'aria Caro nome , cantata con trasporto e precisione. Se in futuro saprà rifinire la tecnica del legato, conseguendo maggiore trasparenza negli attacchi, nessuno potrà tenerla lontana a lungo dalle scene dei grandi teatri.
Il tenore sud-coreano Seon Kyu Park, dal canto suo, si è disimpegnato piuttosto bene nella parte del Duca di Mantova. La voce, non è suadente, ma possiede discreto squillo. Inoltre l'approccio al personaggio è psicologicamente corretto. Da segnalare la cadenza dell'aria di apertura del secondo atto Parmi veder le lagrime , eseguita egregiamente secondo scrittura, sebbene (chissà perchè) monca del trillo finale. Tra i tagli riaperti, la successiva cabaletta Possente amor mi chiama , da tempo ormai comunemente riproposta.
Efficace più visivamente che vocalmente, Maria Miccoli nei panni di Maddalena. I mezzi vocali ci sono, ma il canto presenta asperità che attendono un lavoro di lima. Identiche considerazioni, ma maggiormente insistite, riguardano lo Sparafucile di Marco Pauluzzo, chiamato in ultimo in sostituzione di Andrea Silvestrelli.
Luca Banfo è cantante corretto, sufficientemente omogeneo nella gamma dei suoni, sebbene carente di quella michelangiolesca maestosità necessaria alla raffigurazione del personaggio di Monterone. Mi stupisco che la sua timida invettiva abbia sortito l'effetto sperato sullo sventurato Rigoletto! Lo vedrei meglio, insomma, in altre parti.
Bene Lorenzo Battagion, più a suo agio in ruoli di fianco come Marullo che in talune parti principali (mi riferisco, in particolare, alla recente sua prova al Castello di Cortanze quale Giorgio Germont nella Traviata verdiana ); bene anche il dotato Andrea Carè (Borsa). Concludevano il cast, Lea Lamarca, deliziosa Contessa di Ceprano, Angelo Galeano (Conte), Rosy Zavaglia, decorosa Giovanna, Andrea Del Conte (usciere), Laura Messina (paggio).
Sul podio, Achille Lampo. Il valente direttore torinese ha guidato l'Orchestra Filarmonica del Piemonte con sicurezza, traendo dall'ensemble ottime sonorità . Menzione, infine, merita il Coro Lirico di Torino, diretto con professionalità da Sonia Franzese.
à sempre difficile portare in scena l'opera nei piccoli centri. I mezzi e le possibilità di realizzazione (mi riferisco alla parte visiva) non sono mai adeguati. Questa volta, però, le difficoltà dell'allestimento, realizzato nel rigoroso rispetto della tradizione, sono state risolte con intelligenza e lucidità dal regista Walter Baldasso attraverso in primis il sapiente uso delle luci. Tra le varie idee da segnalare, l'ingresso di Rigoletto. A sipario calato, sul proscenio in penombra, compare il protagonista. Il volto è scavato, stravolto, segnato dalla sofferenza e dal peso di una vita che da tempo non lo soddisfa più. Stanco, stancamente indossa i panni del buffone. Fa il suo ingresso in scena: è l'inizio dell'opera, è l'inizio di un'altra giornata nel palazzo del Duca. Bello!

(Alberto Bazzano)


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