“FAREWALL DANCE” il nuovo, a lungo atteso, CD di U.T. Gandhi
di Gianluca Macovez
9 Apr 2025 - Dischi
Interessantissima proposta musicale del batterista polistrumentista U.T. Gandhi che raccoglie brani realizzati in oltre dieci anni di lavoro nel CD “FAREWALL DANCE”.
U.T. Gandhi è musicista raffinato, molto stimato fra i colleghi, in particolare i jazzisti, spesso al fianco di grandi interpreti anche del pop.
Figura fondamentale per la rinascita culturale del Friuli del dopo terremoto, ha una carriera di riconosciuto prestigio.
Noto ma non popolare, forse anche per il bisogno di essere prima di tutto un musicista e non un uomo di spettacolo, ha suonato accanto a giganti del Jazz come Enrico Rava, a pietre miliari della canzone d’autore come Sergio Endrigo e Bruno Lauzi; lo si è visto al fianco di Simone Cristicchi, Amara, Elisa, solo per fare i primi nomi che vengono in mente.
Sempre mantenendo un profilo basso, nonostante una fortissima personalità, perché da artista autentico, ha scelto di porsi al servizio della Musica, non di impiegarla per costruire un monumento all’egocentrismo.
Nato e vissuto in una zona che dovrebbe essere di confine, ma che troppo spesso è di periferia, ha saputo prodigarsi per seminare passione su un terreno fertile, ma non sempre giustamente irrorato dalla passione autentica.
Con tenacia e coraggio ha sempre portato avanti una visione della musica come libertà espressiva, atto creativo, sperimentazione, studio finalizzato all’espressione del sé più profondo, andandosi a scontrare con quelle visioni, ancora troppo diffuse, che uno è tanto più bravo quanto più riproduce asetticamente uno spartito, stupida esibizione egocentrica di un provincialismo ignorante, che sicuramente non ha saputo e voluto sostenere il suo talento come avrebbe meritato, ma che certamente gli ha fatto capire quanto sia salvifico il ruolo degli artisti autentici.
U. T. Gandhi è anche il protagonista di una biografia, pubblicata, un po’ di anni fa, in occasione del compimento del mezzo secolo, intitolata ‘Diario di un autodidatta’, dalla quale emergono forti i suo motori: la passione, irrefrenabile, per la musica; l’umiltà e la capacità di non banalizzare nessun incontro, nessuna occasione, nessuna emozione; la voglia di mettersi in gioco, di imparare, di sperimentare, di vivere la musica e della musica; la gratitudine, per i Maestri e per il pubblico, autentica necessità per un artista come lui.
Con queste premesse il suo nuovo CD, intitolato “Farewell Dance”, realizzato in più di dieci anni, è una occasione preziosa per assaporare atmosfere raffinate, sonorità composite, strutture musicali di ampio respiro, molto più ricercate di quanto ci si possa frettolosamente aspettare.
U.T. Gandhi suona la batteria, le percussioni, il pianoforte, il Fender Rhodes, il basso elettrico, le tastiere, il vocoder, il samplers, i loops, il live electronics , oltre ad occuparsi della direzione musicale.
Un mago della strumentazione, capace di suscitare atmosfere ammalianti, intrise di verità, mai banali, mai scontate, mai vuoto esibizionismo, neanche quando la bravura è palese.
Un disco che merita di essere ascoltato con attenzione ed un artista cui sarebbe bello, più per le platee che per lui, fossero offerte ancora più opportunità di esibirsi, soprattutto come solista.
La copertina del disco, firmata da Michela Nale, mostra il musicista sui gradini di una Chiesa friulana distrutta dal terremoto del 1976, oggetto di un ardito intervento di recupero.
In qualche modo la bella fotografia riassume il senso del lavoro: costruire il futuro partendo da una solida conoscenza del passato, dalla consapevolezza della propria identità, sapendo inserirsi nel mondo nel giusto modo, senza prevaricare e senza accettare compromessi svilenti.
Il primo brano ‘Os-Opum’ è un gioco di parole con il nome del paese dove vive il musicista, un contesto, che per quanto non sempre facile, gli ha permesso di vivere anche grandi emozioni, come, per esempio, suonare a sedici anni con gli Area, gruppo musicale entrato nella storia della musica sperimentale.
La sonorità è rarefatta, su una struttura modulare che echeggia toni metafisici, che paiono unire una sontuosa rilettura dei ‘da capo’ settecenteschi con suoni che sembrano giungere dal futuro.
È la prima tappa di un viaggio che è dentro la poesia del cuore, tanto delicata da dover essere difesa, dai cacciatori di ritmi scontati e facili ritornelli con la corazza di una ruvidità, che è solo apparente.
‘Badia’ è il primo dei quattro brani inseriti nel CD firmati da Joe Zawinul, il leader dai Weather Report, gruppo cui U.T. Gandhi è da sempre ammiratore grato.
I tempi sono interessantissimi. Dopo incipit che ci rapisce in Medio Oriente, veniamo guidati con le movenze di un sontuoso felino attraverso ritmiche accattivanti e sonorità ancestrali fino ad una atmosfera che, disarcionati spazio e tempo, profuma di Assoluto e di Infinito.
‘The last Pilgrim In Rosazzo’s Abbey’ incrocia il tema della ricerca interiore, con armonie flessuose, sensuali, che si popolano di vita, piano piano, come a raccontare la bellezza degli incontri che costellano l’esistenza di chi sa guardare al mondo con i propri occhi, di chi vive con passione e senza pregiudizi. Un pellegrinaggio alla ricerca della felicità dentro di noi, consci del piacere di essere capaci di sentirsi liberi di pensare. Di grande efficace la resa delle voci di Federica Copetti e di Maurizio Tatalo, che arricchiscono anche ‘Santa Colomba’s Cave’, luogo della memoria, una sorta di simulacro misterioso, imbevuto di racconti popolari, ricordi personali, fantasie e mito, per il quale U.T. Gandhi scolpisce un brano dai toni ultraterreni, inventa una atmosfera tersa e pura, nella quale non esistono parole di senso compiuto, perché quella è una storia di sensazioni, che non può essere narrata in forma convenzionale: è un continuo rimando a suggestioni, sperimentazioni, alla ricerca del profumo della Storia e delle storie.
‘Music for the world’ è un’opportunità per ricordarci, anche se non ce ne sarebbe bisogno, che siamo davanti ad un batterista di grande talento, capace di suonare con convincente bravura moltissimi strumenti e verrebbe da dire, qualunque cosa gli capiti in mano, scoprendo ritmi ed armonia mai banali.
‘Far East Tribes’ evoca un oriente misterioso, libero da ogni connotazione geografica evidente. Su una struttura rigorosa si tessono le trame di voci che sono canti arcani, quasi ipnotici, in una ricchezza di variazioni e crescendo, che ancora una volta svelle categorie e risposte, in un diadema di domande preziose e liberatorie.
‘Second Sunday in August’, unisce alienazioni quotidiane a ritmiche tribali, in un sovrapporsi di suggestioni, ricco senza essere opulento od esagerato. A riaffermare l’elegante misura interpretativa di un artista che, anche quando suona un brano composto da altri, in questo caso Joe Zawinul, riesce ad indossarlo, a farlo completamente suo. Notevole il gioco delle pause, cesure narrative che non sono vuoto, ma il profumo della musica che arriva.
‘Infinite Searcher’ è un dedalo ordinato di idiomi, linguistici e sonori, una sorta di strabiliante dialogo fra percussioni e voci antiche.
‘Remembering Joe’ è un brano raccolto, misurato, di ampio respiro, nel quale il virtuosismo non è nell’eccesso ma nel controllo e la reiterazione ritmica è strumento, verrebbe da dire bisogno, narrativo.
‘Curandero en Salta’ è uno dei brani che vede la valida partecipazione di Michele Rabbia alle percussioni. I suoni sono ricercati, a trasfigurare la sonorità quotidiana, per rendere epico un vissuto che merita rispetto proprio per il coraggio di essere tale: vissuto, con la piena consapevolezza di ogni soffio, di ogni suono, di ogni sfumatura della tavolozza dell’esistere.
‘Last Boogie Woogie’ è una comunione di suoni ed atmosfere, un abbraccio fra culture, con alcuni suoni masterizzati per ottenere effetti meno taglienti, quasi a volergli far perdere i contorni per entrare in una dimensione ecumenica.
In ‘Dance for Palmira’ pare di vedere, da subito, una carovana che attraversa, ondeggiando, il deserto, fino ad un’oasi, che si apre improvvisa, popolata da danzatici sinuose e sogni, evocati uno dopo l’altro dalla bravura di polistrumentista di T.U. Gandhi.
‘Milestones’ è un omaggio ad Enrico Rava, vera colonna del Jazz mondiale, con il quale c’è stata una lunghissima collaborazione. Il pezzo sembra prendere la forma del vento, ricco di musica e suggestioni, raffinato, senza sbavature, senza egocentrismi, ebbro di sobria eleganza.
‘Zawinul’s Spirit Lives’ è un brano dalla ampia strumentazione, nella quale si coniugano atmosfere Jazz e ritmiche Funky, in un eco di melodie multietniche di forte presa e di sperimentazioni coraggiose.
‘In a Silent way’ la partecipazione importante del sassofono soprano di Nevio Zaninotto aiuta a costruire una tessitura musicale essenziale, rarefatta e suadente, che all’improvviso si apre ad una visione lussureggiante, dall’ampio fraseggio. Infine ‘Farewell Dance’, il brano che dà il titolo al lavoro, una sorta di viaggio nel mondo ma soprattutto nell’anima di un artista che dà il suo meglio nelle performance dal vivo, ma che ha saputo realizzare un CD raffinato, che merita di essere ascoltato e riascoltato, perché ad ogni ascolto svela colori nuovi, sfumature inaspettate di un percorso che parte dalla musica per scoprire l’animo di chi ascolta.