Danza, ad Anversa si balla in jeans


di Alma Torretta

6 Giu 2023 - Commenti danza

Chiusura di stagione, ad Anversa, con un trittico contemporaneo di Spivey, Forsythe e Pite. Anteprima mondiale del balletto Extant.

(Foto OBV/Filip Van Roe)

Le Fiandre si confermano uno dei più importanti poli internazionali per la danza, faro che attira ballerini e coreografi da tutto il mondo e fucina di sperimentazioni. E dagli Stati Uniti è arrivato il coreografo afroamericano Jermaine Maurice Spivey, nominato artista associato dell’Opera Ballet Vlaanderen, istituzione fiamminga con sede sia ad Anversa che a Gand, e la collaborazione è stata celebrata con una nuova creazione, data in prima mondiale ad Anversa, insieme a due altri lavori brevi di due altri grandi artisti, l’americano William Forsythe e la canadese Crystal Pite, con cui Spivey ha lavorato e che considera suoi ispiratori. Tre lavori uniti dall’utilizzo della musica elettronica come base (ma Spivey nel suo lavoro ha anche un baritono che canta un’aria dell’Aida, quella del soprano “O Patria mia”), che si avvantaggiano dell’altissimo livello tecnico dei ballerini dell’Opera Ballet Vlaanderen, ma molto diversi tra loro per atmosfera e emozioni che provocano.

Spivey, nato a Baltimora e studi anche alla Juilliard School di New York, con collaborazioni già con molti altri teatri soprattutto del nord Europa, ha presentato Extant che significa “esistente” ma anche “essenziale”. Spivey si è posto la domanda di cosa ha il diritto di esistere sul palcoscenico di un grande tempio dell’opera, cosa è considerato appropriato e cosa inappropriato, ma anche si è domandato qual è il confine tra essere ispirati e appropriarsi di una creazione artistica di altri. Con i ballerini Spivey ha lavorato negli studi di prova per esplorare questi temi e gran parte della coreografia deriva dalle improvvisazioni degli stessi danzatori, poi rielaborate e strutturate dal coreografo. Per aiutare la riflessione, delle parole chiave sono scritte su vecchi cartoni che all’occorrenza si trasformano anche in ripari, come per i barboni in strada. Ma dall’apertura del sipario colpiscono innanzitutto i costumi i denim riciclato del costumista ed ex ballerino Marquet K. Lee perché il jeans è un materiale, in effetti, poco o nulla utilizzato in scena; quindi, è già una prima risposta alle questioni fondanti la performance di ricerca. Il denim si appropria della scena e dimostra, declinato in una sorprendente varietà di fogge, che è stato finora ingiustamente trascurato in teatro. L’artista del suono keniota KMRU ha creato poi la musica registrando suoni pure nei corridoi e nelle sale del teatro e li ha combinati anche con voci di artisti pop e d’opera, ed anche i ballerini si esprimono con lampi di grida o lamenti. Lo spazio scenico è limitato, come in un ring da una cornice di luci colorate a mezz’altezza, all’interno del quale i danzatori interagiscono tra di loro in una gran varietà di movimenti, affascinanti ma anche un po’ disordinati e disorientanti e di cui è difficile leggere il disegno complessivo, c’è ricchezza d’ispirazione ma l’impressione è di voluta anarchia giocata sul dettaglio.

Poi l’Opera Ballet Vlaanderen ha eseguito il magnifico One Flat Thing di Forsythe, palcoscenico riempito di tavoli tutti uguali tra i quali, sui quali e sotto i quali si muovono i danzatori. Venti tavoli per venti ballerini che eseguono venticinque temi, a volte ripetuti, apparentemente caotici in superficie, ma con strutture profonde in basso. In questo caso il disegno coreografico si manifesta coerente, pur nella sua varietà, con l’accompagnamento sonoro di Thom Willems mixato dal vivo per reagire alle improvvisazioni dei ballerini, cosa che rende ogni performance di One Flat Thing, diversa dalle precedenti. Ma la conclusione è sempre la stessa, l’inaspettato e magnifico boato dei tavoli lanciati verso il fondo della scena.

La serata si chiude infine con il breve e poetico Ten Duets di Crystal Pite, dieci duetti sul tema del “salvataggio” tra due persone. I corpi dei ballerini illustrano, tra avvicinamenti e respingimenti, le diverse possibilità e interpretazioni – chi salva e chi è il salvato? È vero salvataggio? – al di là di quello che potrebbe sembrare a prima vista, su una elegante scena spoglia illuminata solo da faretti e proiettori. Calorosi gli applausi finali.

Ad Anversa sino all’11 giugno, poi a Gand dal 22 al 30 giugno

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