Alla Fenice di Venezia tornano “I due Foscari”


di Alma Torretta

9 Ott 2023 - Commenti classica

Successo per gli interpreti de “I due Foscari” di Verdi al Teatro La Fenice di Venezia. Non convince l’allestimento.

(Ph. © Michele Crosera)

Non sono molte le opere ambientate a Venezia, e se poi mancano dal cartellone da quarantasei anni come I due Foscari di Verdi, il loro ritorno è un grande avvenimento. A farsi apprezzare è stata innanzitutto, sin dalle prime battute, la direzione musicale del maestro Sebastiano Rolli, netta, essenziale, asciutta, senza fronzoli, dai giusti tempi ed eleganti dinamiche. E poi, sin da subito, dal bel “Silenzio..Mistero” che apre l’opera, anche il Coro del Teatro La Fenice assai ben preparato da Alfonso Caiani.

La prestazione degli interpreti principali invece è stata un crescendo e solo alla fine ha pienamente convinto la sala registrando un bel successo di pubblico. Francesco Meli come il giovane Jacopo Foscari, dopo qualche sbavatura nel primo tempo, problemi d’intonazione e di vibrato un po’ troppo lungo, ma subito nel secondo atto ha già acquistato sicurezza, sfoggia il suo bel timbro chiaro, squillante, ed appare perfetto per la parte; la sua sposa Lucrezia Contarini è poi interpretata da Anastasia Bartoli, voce dall’acuto facile e ottime agilità, colorature ben eseguite anche se la parola non è sempre piena, il fraseggio migliorabile, appare ancora un po’ acerba per il ruolo, acquista però intensità drammatica soprattutto nel terzo atto e, anche se non è mai una leonessa, il suo dolore ed il suo sdegno per la sentenza d’esilio definitiva del marito sono trasmessi con temperamento e la necessaria foga. Del terzetto protagonista l’ultimo ad entrare in scena è il Doge, il baritono Luca Salsi, e subito primeggia: dalla linea di canto sempre impeccabile, parola scolpita, che, malgrado nell’aspetto certo non un ottantenne, ha profondamente commosso nel finale tragico dopo avere perduto sia il figlio che il trono.

L’allestimento, realizzato per la Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, non convince soprattutto per le scene ed i costumi di Luigi Perego, che al rispetto dell’epoca, il Quattrocento, ha accoppiato delle divise nere lucide più adatte a Star Wars; altra eccentricità di cui si sarebbe fatto a meno anche i copricapi a forma di prua di gondola, solo per fare due esempi. Eppure, il regista Grischa Asagaroff era ben partito dalla storia: la scena è dominata da un grande parallelepipedo, che viene fatto girare, spesso facendo perdere purtroppo troppi minuti e concentrazione, che mostra su ogni faccia elementi caratterizzanti diversi ambienti, si apre anche e si trasforma suggestivamente in prigione.

La prima immagine è quella del vero monumento al Doge Francesco Foscari che si trova nella Basilica dei Frari a Venezia, un presagio di quello che accadrà, la morte che incombe. E tale immagine, insieme a quella immancabile del Leone di San Marco, simbolo di quella Repubblica basata sul rispetto rigoroso della Legge e per cui un padre è disposto a sacrificare il figlio, ritorna a più riprese durante l’opera, come segno del destino ineluttabile.

Ma nel complesso le scene non sono tetre e lugubri, anche grazie alle efficaci luci di Valerio Tiberi, e le quinte laterali rallegrano il tutto in due belle tonalità d’azzurro per richiamare il cielo e soprattutto il mare su cui la Serenissima era regina.

Il regista è stato rispettoso del libretto con movimenti e piazzamenti degli artisti fin troppo semplici e chiari, spesso un po’ troppo statici e noiosi.

Se visivamente l’operazione non è riuscita, la curata parte musicale ha invece ben sottolineato il genio verdiano già intrinseco ne I due Foscari pur restando un’opera giovanile del maestro con caratterizzazione psicologica dei personaggi ancora musicalmente da sviluppare. Buona la prova dell’Orchestra del Teatro della Fenice con belle parti di assoli, dal clarinetto all’arpa ai violoncelli, che accompagnano i protagonisti, delicata e riuscita in particolare la barcarola. Un plauso anche al basso Riccardo Fassi che interpreta con sicurezza il nemico del Doge, Jacopo Loredano, membro del Consiglio dei Dieci; al tenore Marcello Nardis come senatore Barbarigo; al mezzosoprano Carlotta Vichi come Pisana, l’amica di Lucrezia. In quest’ultima parte, si esibirà anche il soprano Marigona Qerkezi.

La partitura è stata riproposta in versione pressoché integrale, compreso il piccolo balletto del terzo atto proposto con le semplici coreografie di Cristiano Colangelo.

Ultimo titolo in cartellone della stagione 22/23, alla Fenice l’appuntamento è adesso a novembre per la nuova stagione 23/24 con Les Contes D’Hoffmann di Offenbach.La pr

ima de I due Foscari è stata preceduta da un minuto di silenzio per le vittime dell’incidente stradale di Mestre.

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