Successo de “La Rondine” di Puccini a Jesi


di Roberta Rocchetti

20 Dic 2023 - Commenti classica

Si chiude la 56ª stagione lirica del Teatro Pergolesi di Jesi col grande successo della messa in scena de “La Rondine” di Puccini. Splendida prova di Claudia Pavone e ottime le voci e la parte musicale.

(Foto di Stefano Binci)

Sotto un cielo che vede già l’aurora del 2024, anno in cui si celebrerà il centenario dalla morte di Giacomo Puccini, vola la rara sua Rondine e il cielo è quello di Jesi.

È con questo titolo, il quarto e ultimo della 56ª stagione lirica del Teatro Pergolesi che si chiude un ciclo denso di successi.

La Rondine è un’opera che tale è diventata dopo un processo di crescita e revisione, commissionata come operetta a Puccini da impresari viennesi nel momento in cui la Belle Époque esalava i suoi ultimi respiri, la sua progettazione letteraria ad opera di due librettisti di area tedesca viene interrotta dallo scoppio della prima guerra mondiale e decurtato il progetto operetta viene dopo il rimaneggiamento da parte del librettista italiano Giuseppe Adami e quello da parte del compositore assurta al rango di vera e propria opera, la cui prima si tenne al Grand Théâtre di Montecarlo nel 1917.

Claudia Pavone

La storia è quella di Magda, cocotte di alto bordo mantenuta da un signorilissimo (anche nell’animo) Rambaldo, ma che nei suoi ricchi e oziosi pomeriggi in compagnia degli amici si trova a fantasticare sull’amore romantico “ora di moda” e a desiderare di rivivere un innocente flirt che da ragazzina aveva eccitato la sua fantasia.

Realizza il suo sogno con il povero ingenuo Ruggero, che dopo averla conquistata col suo amore da romanzo e averle fatto decidere di lasciare Rambaldo le prospetta un avvenire con orto, bambini, suocera e casa da accudire e tutto questo pare, con degli introiti piuttosto mediocri.

Magda decide dunque di dire a Ruggero che non lo merita, gli svela il suo passato di mondana, gli dice che non vuole rovinarlo, che sua madre farebbe un putiferio nel momento in cui scoprisse che la nuora non è così “pura” come auspicato e decide di lasciarlo tornando da Rambaldo.

A nessuno sfugge che il vero motivo per cui Magda torna all’ovile deve essere racchiuso anche nella sua impossibilità di cambiare così radicalmente vita, di rinunciare agli agi e all’ozio in cambio di doveri coniugali e familiari da lei sideralmente lontani.

Un soggetto modernissimo, attuale anche nelle sue sfaccettature di dubbio esistenziale rispetto al ruolo femminile da sempre e soprattutto ora oscillante tra il desiderio di amore, sicurezza e calore familiare e la libertà di una vita con meno oneri.

La produzione messa in scena a Jesi ha visto le scenografie di Benito Leonori, un teatro nel teatro all’interno del quale si muovono scene e protagonisti, molto semplice senza essere povero, l’impianto scenico è risultato funzionale alle vicende, complici anche i costumi di Giovanna Fiorentini, bellissimi quelli del primo atto, e le luci di Patrick Méeüs.

La regia di Paul-Émile Fourny ha ben movimentato i personaggi in scena, riservando ai personaggi maschili (volutamente?) una certa staticità, come fossero agenti secondari alle volontà femminili.

Sul piano vocale l’accento lo poniamo subito sulla voce grande e piena, sul registro acuto dirompente, sugli accenti interpretativi di Claudia Pavone nel ruolo di Magda, la sua Chi il bel sogno di Doretta ha da subito ben disposto il pubblico nei suoi confronti portandola verso il trionfo del curtain call.

Ottima anche la Lisette di Maria Laura Iacobellis, buona presenza scenica e capacità di calarsi vocalmente e teatralmente nel ruolo in parte comico e in parte malinconico della cameriera che vede infrangersi i suoi sogni di gloria ma accetta serenamente il destino, anche qui i parallelismi con la ricerca di visibilità a qualunque costo e a dispetto di qualunque vero talento che ammanta la società attuale potrebbero essere diversi.

A Matteo Falcier che ha dato corpo e voce a Ruggero va dato oltre che il merito di un buon colore vocale e una tecnica gestita con maestria, quello di aver attraversato la recita in non perfette condizioni di salute, attestate dai frequenti colpi di tosse soprattutto nell’ultimo atto, senza tuttavia che questo incidesse eccessivamente né sulla resa sonora né sul resto.

Vassily Solodkyy è riuscito nel non facile compito di rendere il personaggio di Prunier meno irritante del solito, un po’ donandogli una voce più morbida, virile e corposa, un po’ rendendogli una stemperante vena auto ironica.

A Puccini, compositore che premesso amiamo immensamente, rimane comunque lo scettro dei personaggi maschili più indigeribili e siccome lo amiamo immensamente preferiamo dare la colpa, in questo caso, ad Adami.

A proposito di Puccini, ci è sembrato di vederlo aggirarsi sul palco sotto le mentite spoglie di Rambaldo, elegantemente interpretato da Francesco Verna.

Chiudono il cast Giorgio Marcello come Perichaud, Mentore Siesto come Gobin, Tommaso Corvaja come Crébillon, la Yvette di Benedetta Corti, la Bianca di Sevilay Bayoz e infine la Suzy di Michela Mazzanti.

Ottimo, coeso, preciso e armonico il Coro Arché guidato da Marco Bargagna che ha contribuito all’ovazione seguita a Bevo al tuo fresco sorriso.

L’Orchestra filarmonica Marchigiana è stata stavolta guidata da Valerio Galli, giovane direttore con una già lunga carriera all’attivo e che abbiamo avuto modi di ammirare in passato, anche stavolta ha dato ai colori orchestrali precisione e nitore sonoro senza tuttavia privare la partitura delle sfumature emotive di cui è pregna e senza mai sovrastare le voci, dosando le dinamiche con grande eleganza e senso della drammaturgia.

Puccini muore pochi anni dopo aver scritto quest’opera, nella quale troviamo parte delle sue inquietudini, dei suoi drammi personali, e forse anche un avvertimento: state attenti a ciò che desiderate perché potrebbe avverarsi.

Al contempo leggiamo anche un parallelismo tra la vicenda di Magda e un’epoca che cercherà invano di aggrapparsi ad un periodo irripetibile, alla propria Jugend scivolando inesorabilmente verso gli orrori del Novecento.

Ma siamo anche sicuri che a Puccini la vita piaceva così, piena di errori.

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