Stupenda messa in scena de “Le baruffe” di Battistelli al Teatro La Fenice di Venezia


di Andrea Zepponi

22 Feb 2022 - Commenti classica

Uno spettacolo musicale di grande respiro e concezione. Esecuzione di forte impatto emotivo, teatrale e musicale. Le baruffe di Battistelli a La Fenice di Venezia in omaggio alla casa editrice Marsilio Editori, in occasione del 60º anniversario e in ricordo del fondatore Cesare De Michelis.

(Fotografie di Michele Crosera)

L’opera contemporanea Le baruffe, su musica di Giorgio Battistelli e libretto dello stesso Battistelli e del regista scenografo Damiano Michieletto è stata commissionata dalla fondazione Teatro La Fenice di Venezia nel 2019 ed è andata in scena, in prova generale, lo scorso sabato 19 febbraio 2022 alle ore 19. All’origine della committenza è la volontà del sovrintendente Fortunato Ortombina di omaggiare la casa editrice Marsilio Editori veneziana in occasione del suo 60º anniversario nella encomiabile volontà di ricordare il suo compianto fondatore Cesare De Michelis.

A Giorgio Battistelli è stato affidato il compito di comporre un’opera su testo di Carlo Goldoni, autore veneziano per eccellenza. Si ravvisano varie motivazioni attorno all’identificazione del soggetto di Baruffe chiozzotte adattato in collaborazione con Damiano Michieletto in veste anche di regista in questo allestimento: ultima commedia veneziana e quindi italiana di Carlo Goldoni, andata in scena nel mese di gennaio del 1762, Le baruffe ha come protagonista un ristretto gruppo di uomini e di donne chioggiotti: Padron Toni (appellativo di cui si avvarrà Verga nei suoi Malavoglia), Lucietta, fanciulla sorella di Padron Toni, Titta-nane, giovane pescatore, Beppo, giovane fratello di Padron Toni, Padron Fortunato, Checca, fanciulla sorella di Madonna Libera, Orsetta, altra fanciulla sorella di Madonna Libera, padron Vincenzo pescatore, Toffolo battellaio, Isidoro coadiutore del cancelliere criminale, il Comandador cioè il messo del coadiutore e Canocchia giovane venditore di zucca arrostita. I rapporti interpersonali sono come ci si può aspettare in un contesto sociale relativamente chiuso di straordinaria intensità emotiva. Proprio in virtù di questo distinto tratto sociologico le tensioni sfociano in scontri verbali e fisici le baruffe che si appianeranno solo nel finale e grazie all’intervento di Isidoro e del commendatore, personaggi quasi esterni nettamente distinti rispetto al gruppo, di più elevata estrazione sociale. La commedia risulta pertanto una immersione nel quadro della rustica realtà di Chioggia il cui dialetto differisce da quello veneziano e una complessa visione corale che è stata ampiamente accolta dalla trasposizione musicale di Battistelli.

La commedia goldoniana non è nuova alle trasposizioni per teatro in musica: si ricordano gli omonimi lavori di Tommaso Benvenuti, opera comica in due atti per la prima volta eseguita a Firenze nel gennaio del 1985, quella di Franco Leoni, opera comica in un atto in scena a Milano nel gennaio del 1920 e quella di Gianfrancesco Malipiero, parte della trilogia tre commedie goldoniane insieme alla Bottega del caffè e al Sior Todero brontolon, tre opere buffe in atti unici liberamente adattati ai relativi testi goldoniani rappresentati per la prima volta a Darmstadt nel 1926. Alle Baruffe chiozzotte si ispirarono anche un balletto di Alfonso Santi del 1787 e un’ouverture per orchestra di Leone Sinigaglia del 1905. Battistelli riprende la struttura in tre atti del testo goldoniano che è costituito di tre quadri, i primi due di dodici scene, il terzo di tredici con un preludio un finale, momenti in cui compare il coro, molto presente nell’opera fin dalla prima scena al mercato di Chioggia ai festeggiamenti per la pacificazione finale dei protagonisti.

Dal programma di sala emergono particolari notevoli sulla natura musicale del lavoro: “L’organico orchestrale sorprende in particolare per la ricchezza dell’apparato di percussioni. La trama segue le vicende dei personaggi goldoniani, la cui dimensione antropologica, quella complicata semplicità, ha fortemente ispirato il compositore. Scena dopo scena i chioggiotti si alternano sullo sfondo povero del mercato, del porto delle abitazioni dei pescatori fino alla riunione finale. È proprio la sfera sociale a essere fulcro del pensiero compositivo alla base dell’opera: Battistelli individua, infatti, nelle vocalità l’elemento centrale. Fondamentale la scelta di mantenere il dialetto chioggiotto del testo originale nel libretto adattato, al fine di non alterare il carattere dell’opera originaria e di conseguenza quella stessa dimensione antropologica così ben determinata e affascinante. Questa scelta linguistica implica una speciale attenzione al ritmo vocale, pensato intorno a un sistema di accenti e cadenze e non consueto e di conseguenza molto complesso nella trasposizione al cantato e nella realizzazione da parte degli interpreti. Questa premessa determina lo sviluppo musicale drammaturgico dell’opera, votato alla valorizzazione espressiva e sonora del dialetto che chioggiotto cantato, in un importante omaggio alla città di Chioggia e di Venezia.”

La musica di Battistelli ha derivato dal dialetto chioggiotto grammatica e sintassi della sua opera modellando il suono orchestrale sulle sue cadenze ritmiche. L’esplicazione in fase compositiva di questo aspetto cruciale semplifica notevolmente il lavoro del direttore dal momento che si tratta di riconoscerlo e di portarlo alla luce senza disperdere la tensione intellettuale nel dettaglio sonoro avendo una salda visione complessiva dell’arcata drammaturgica concepita dal compositore per portarla alla luce attraverso l’interpretazione verbale. L’organico orchestrale di Baruffe è sostanzialmente di tipo romantico a eccezione di pianoforte, fisarmonica, xilofono e percussioni, strumenti necessari a integrare i nuovi colori e sfumature, ma l’orchestra essenzialmente resta quella utilizzata da Brahms. La partitura segue una struttura rigorosa, concepita in modo da prevedere gli effetti sonori necessari a livello drammaturgico. Battistelli ha fatto un sapiente utilizzo degli strumenti in relazione alle espressioni dinamiche delle linee del canto. L’orchestra si trova a sostenere un linguaggio onomatopeico di suoni e colori delle parti canore ricorrendo a effetti e sottolineature che determinano inoltre una percezione inconscia delle situazioni emotive. L’utilizzo delle percussioni in particolare è strutturato in modo da indurre particolari stati emotivi nell’ascoltatore. La musica di Battistelli esprime straordinariamente l’ambivalenza attraverso i registri usati per la vocalità di caratteri ma anche per i commenti orchestrali. La partitura di Baruffe è volutamente assai vicina alla tradizione in cui si alternano battute regolari e senza misura incrementando la realizzazione aleatoria del materiale dato. L’orchestra si trova a sostenere il linguaggio onomatopeico con suoni e colori anche delle percussioni usate per indurre particolari stati emotivi nell’ascoltatore. Le parti canore sono spinte agli estremi della loro tessitura cercando e creando suoni che portino all’immediatezza della commedia la tragica situazione di “consegnatezza” vissuta dai protagonisti. Nello specifico nel canto si registrano glissandi e portamenti, effetti di più alto e più basso possibile con veloci passaggi nelle tessiture. Altro aspetto fondamentale è rappresentato dal concitato in cui Battistelli dimostra grande conoscenza di tutta la storia operistica occidentale, e non solo, utilizzando magistralmente tutti i mezzi colti di quattro secoli di tradizione musicale al servizio della resa sonora delle particolari cadenze del testo. Si usano tecniche vocali diverse, dallo sprechgesang alla declamazione intonata libera, alla linea di canto di particolare intensità. Le peculiarità della scrittura vocale sono esaltate dal rapporto con l’orchestra che fin dalla prima pagina presenta agilità e trasparenza.

Da queste premesse di tipo musicologico muoviamo per esprimere la soddisfazione di aver assistito a uno spettacolo musicale di grande respiro e concezione: la scenografia ha avuto parte essenziale nella continuità del nodo drammatico che permaneva durante tutto il movimento scenico di paratie lignee sulla scena volto a configurare molto più che in senso simbolico diversi ambienti e angoli della dimensione “rusticana” chioggiotta. Là dove si rispecchiava il pubblico veneziano ai tempi di Goldoni, che si compiaceva di appartenere al mondo della civiltà, oggigiorno quel coté rustico chioggiotto diviene archetipo della condizione umana nel villaggio globale in cui la legge può comporre le liti naturalmente accese, ma alla fine pertiene alla coscienza della comunità il compito di cercare la pace. La scenografia ha concepito il palcoscenico della Fenice in tutta la sua grandezza e profondità come un openspace nudo e livido nei suoi colori neutri, avendo come uniche macchie di colore i costumi settecenteschi dei personaggi, alcuni con calzature moderne a sottolineare la valenza attuale del messaggio drammatico e musicale così come la presenza di tre grandi ventilatori sovrastanti il palcoscenico ricordava che le nebbie usate da Streheler nella sua rappresentazione delle Baruffe negli anni ‘60, venivano finalmente dissipate da uno sguardo impietoso e lucido sul microcosmo chioggiotto da cui era defalcato ogni manierismo settecentesco dove tutti sanno di tutti senza nascondersi nella foschia per far sentire solo le proprie frasi velenose e provocatorie.

L’idea forte e coesiva della regia di far usare le tavole delle paratie come arma che brandiva ogni attore sulla scena “l’un contro l’altro armato”  (reminiscenze dalla cinematografia dei fratelli Taviani?) rendeva icasticamente il tratto polemico del testo goldoniano e gli stessi rumori extramusicali – i legni cozzanti tra loro e le paratie pesantemente ribaltate sul pavimento teatrale- prodotti sulla scena, (che tanto disturbano in altri contesti) ben rientravano in una evidente scansione ritmico-onomatopeica voluta e ricercata da Battistelli in accordo con la regia michielettiana.

La compagine canora aveva il suo punto forte nella componente femminile le cui voci erano spinte verso zone acutissime in improvvisi squarci e sbalzi emotivi di notevole virtuosismo, mentre quelle maschili, meno in evidenza per la densità della coltre orchestrale, avevano il loro risalto nei momenti di declamazione intonata e nel suddetto sprechgesang. La stretta confluenza di abilità recitative e di gesto vocale degli attori cantanti era evidente frutto di un intenso impegno laboratoriale da parte della regia. La direzione del Mº Enrico Calesso ha espresso con straordinaria efficacia ogni ambivalenza polisemica attraverso i registri usati dall’Orchestra e Coro del Teatro La Fenice di Venezia come unico versatile strumento nella ricerca di suoni che facevano appunto emergere l’immediatezza della commedia e il tono della tragedia sottostante.

La valenza celebrativa dell’evento musicale eseguito in prova generale organizzata dalla Marsilio Editori, che ha prenotato il teatro veneziano per l’occasione, ha avuto una doverosa prolusione nella presentazione voluta dallo stesso Ortombina al fine di ricordare attraverso il toccante intervento di Emanuela Bassetti la figura insostituibile di Cesare De Michelis, massimo studioso di Carlo Goldoni di cui ha profondamente delineato la inedita e inaudita modernità. Sono seguiti i contributi del Dr. Luca De Michelis, figlio del grande editore, il quale ha presentato, il molteplice profilo imprenditoriale della casa editrice, e quello di Cristiano Corazzari, assessore al territorio, alla cultura e alla sicurezza della regione Veneto.

Non meno sintonizzata sull’onda dei ricordi e della rievocazione della sua vicinanza a Cesare ed Emanuela nella continuità di studi e di impegno culturale espressi sul versante politico, la prolusione di Renato Brunetta, anch’egli coinvolto emotivamente nella celebrazione dell’anniversario della casa editrice Marsilio in una percezione culturale che va dal passato di Aldo Manuzio e di Carlo Goldoni a quella del futuro di un’Italia che deve ridestarsi consapevole della sua eminenza artistica e letteraria nel mondo. Alla fine grande successo e grandi applausi per uno spettacolo e una esecuzione di forte impatto emotivo, teatrale e musicale.

INFORMAZIONI

Con una diretta streaming sul canale YouTube del Teatro La Fenice e sulle home page di corriere.itcorriereveneto.it e gazzettino.it, debutta in prima assoluta Le baruffe, la nuova opera di Giorgio Battistelli – una prima rappresentazione assoluta commissionata dalla Fondazione Teatro La Fenice – che sarà in scena nell’ambito della Stagione Lirica e Balletto da martedì 22 febbraio 2022 per cinque repliche fino a venerdì 4 marzo 2022. Lo streaming dello spettacolo, realizzato con la regia video dello stesso regista della nuova produzione lirica, Damiano Michieletto, rimarrà disponibile online gratuitamente fino a lunedì 28 febbraio. Nata dalla lunga e consolidata collaborazione tra Teatro La Fenice e Marsilio Editori, la nuova produzione, ideata per celebrare i sessant’anni della storica casa editrice, è stata resa possibile anche grazie anche al supporto di Regione del Veneto e alla partnership di V-A-C Foundation. 

LE BARUFFE

teatro di musica, su musica di Giorgio Battistelli e libretto di Giorgio Battistelli e Damiano Michieletto

  • Orchestra e Coro del Teatro La Fenice di Venezia
  • direttore Enrico Calesso
  • maestro del Coro Alfonso Caiani
  • regia Damiano Michieletto
  • scene Paolo Fantin
  • costumi Carla Teti
  • light designer Alessandro Carletti
  • projection designer Sergio Metalli
  • regia del suono Davide Tiso
  • movimenti coreografici Thomas Wilhelm 
  • Padron Toni Alessandro LuongoChecca Silvia Frigato
  • Madonna Pasqua Valeria Girardello
  • Lucietta Francesca Sorteni
  • Titta-Nane Enrico Casari
  • Beppo Marcello Nardis
  • Padron Fortunato Rocco Cavalluzzi
  • Madonna Libera Loriana Castellano
  • Orsetta Francesca Lombardi Mazzulli
  • Padron Vincenzo Pietro Di Bianco
  • Toffolo Leonardo Cortellazzi
  • Isidoro Federico Longhi
  • Il comandador Emanuele Pedrini
  • Canocchia Safa Korkmaz
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