Sibilla. Dalla metafora della perdizione alla metafisica del territorio


Alberto Pellegrino

11 Gen 2011 - Libri

L'illustratore Mauro CicarèÈ stato recentemente pubblicato un bellissimo volume intitolato Sibilla. Dalla metafora della perdizione alla metafisica del territorio realizzato da Fabio Santilli e Mauro Cicarè, due personaggi diversissimi per carattere e formazione professionaleche sono tuttavia riusciti a fondere le loro diverse esperienze culturali e spirituali in una sintesi grande efficacia narrativa. FabioSantilli ha riscritto in chiave moderna con uno stile agile eaccattivante l’antica storia del Guerrin Meschino prendendo le mosse dal romanzo scritto intorno al 1410 da Andrea da Barberino, ma facendo anche riferimento alle storie del mitico Prete Gianni, alle antiche fonti di Erodoto e Cicerone, al poema L’Acerba di quell’affascinante personaggio che è stato Cecco d’Ascoli, al racconto di De La Sale Le Paradis de la Reine Sibylle. Santilli compie una eccellente sintesi di tutte le vicende riguardanti il Guerrino dalla sua nascita al rapimento da parte dei pirati che lo sottraggono ai suoi legittimi genitori, i sovrani di Durazzo condannadolo prima alla schiavitù poi ad una vita avventurosa di cavaliere errante che mette il suo coraggio e il suo valore di guerriero al servizio di molti sovrani, fino a quando divenuto ricco e famoso decide di mettersi in cammino per svelare il mistero delle sue origini e ritrovare i propri genitori. Inizia così il suo viaggio attraverso l’Italia fino ai Monti Sibillini dove riesce a penetrare l’antro favoloso della splendida Sibilla, luogo di delizie e di peccato, dove la mitica Regina appenninica dispensa amore e terrore. Guerrino con le sue preghiere riesce a vincere le tentazioni della bellissima maga (anche se Santilli si diverte ad insinuare qualche dubbio sulle virtuose rinunce del giovane cavaliere), non riesce ad ottenere alcuna rivelazione circa le sue origini, ma riesce“a riveder le stelle” sfuggendo all’eterna prigionia nell’antro del Monte Sibilla. La storia congiunta di Guerrino e della Sibilla costituiscono uno dei più grandi e consolidati miti dell’Europa medioevale e moderna, tanto che Wagner lo riprende nel suo Tannhauser, dove il poeta trovatore prende il posto del cavaliere errante e Venere prende il posto della Sibilla, mentre entrambi i personaggi finiscono per essere sedotti da una Dea-ammaliatrice come giustamente sottolinea nella sua introduzione Marcello Verdenelli, il quale mette in evidenza come in questa storia ritorni il mitico tema del “viaggio” finalizzato alla conoscenza di sé stesso e delle proprie radici. Come Tannauser chiude il suo ciclo vitale facendo ritorno nel Vesusberge, regno della sua dea, così Santilli ama chiudere la vicenda circolare di Guerrino ipotizzando un suo ritorno fra le braccia ammaliatrici della Sibilla. L’altro affascinante aspetto della pubblicazione è rappresentato dal lavoro di Mauro Cicarè che, come segnala Alberto Pellegrino nella nota critica, disegna una vera epropria graphic novel che, seguendo di pari passo il racconto di Santilli, rappresenta attraverso le immagini tutta la storia del Guerrino. Cicarè appartiene a quella generazione di autori che negli anni Ottanta conferirono nuova linfa al declinante fumetto italiano proprio attraverso la graphic novel che aveva avuto proprio in Italia una serie di grandi autori e due incomparabili maestri come Guido Crepax e Hugo Pratt. Attraverso l’uso di un segno drammaticamente marcato e di una voluta sovraesposizione cromatica, Cicarè crea importanti storie a fumetti caratterizzate dalla presenza di personaggi particolarmente significativi come Fuori di Testa e Mano Pesante. Poi la crisi del fumetto italiano, costringono Cicarè a concentrasi sulla pittura, un antico amore mai abbandonato, fino a quando l’incontro con l’importante critico letterario Walter Pedullà lo riportano a frequentare il mondo della graphic novel sulle pagine della rivista Il Caffè letterario. Nascono in questo modo racconti disegnati tratti da alcuni capolavori di autori contemporanei (Svevo, Palazzeschi, Gadda, Calvino, Fenoglio, D’Arrigo), ma anche un coinvolgimento sempre più stretto con testi e personaggi dell’epica classica (Iliade, Odissea, Eneide) e rinascimentale (Morgante, Don Chisciotte della Mancia, Orlando Furioso, Gerusalemme liberata). Cicarè si muove con disinvoltura tra eros e thanatos, tra ironia e sensualità, privilegiando sempre le figure femminili nelle quali la bellezza si fonde con il piacere dei sensi, mentre i sogni maschili di gloria sono spesso destinati a naufragare di fronte allo splendore il corpo femminile. Con queste premesse era logico che Cicarè si lasciasse irretire dal mito appenninico, fino al punto di cercare nuovi linguaggi capaci di fondere la narratività del fumetto e l’immaginifico della pittura, di abbandonare il forte cromatismo per privilegiare il bianco e nero animato a volti da poetici sprazzi di colore che servono a rafforzare un’atmosfera, a evidenziare un sentimento o uno stato d’animo. Il meglio di sé Cicarè lo dà quando affronta il viaggio iniziatico di Guerrino nelle viscere dell’Appennino, sia nel percorso di andata che in quello di ritorno sempre “aggrappato” alla flebile fiammella di una candela. L’altro momento esaltante è costituito dall’apparizione della Regina Sibilla, un capolavoro di bellezza e di sensualità, così carico di ambiguità da consentire che il sogno diventi realtà e la realtà diventi sogno, fino al ritorno del cavaliere fra le braccia di colei che rappresenta la sintesi di tutte le donne fatali del mito da Venere a Circe, da Angelica ad Armida.

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