Ritratti


11 Ago 2013 - Dischi

Scheda critica di Alberto Pellegrino

Quando ritornano sulla scena certi autori è come ritrovare dei vecchi amici con cui riprendere un dialogo dopo qualche anno di silenzio. à il caso dell'ultima raccolta di Francesco Guccini intitolata Ritratti: una parte della critica ha giudicato questo lavoro un Guccini già sentito con canzoni che potrebbero essere state scritte 30 anni fa, opere di un autore ormai malato di snobismo, che non è più il maestro insostituibile della nostra canzone esistenziale , il quale, dopo aver sostenuto che una canzone d'autore non è un poema e che il cantautore non è un poeta, si affida ora a testi bellissimi che usano la musica soltanto come un commento. Queste affermazioni sono state smentite per prima cosa dal favore del pubblico, soprattutto giovane, che ha affollato i concerti gucciniani e dalla immediata popolarità di questo disco che per settimane è stato in testa alla classifica delle vendite. L'altra considerazione da fare è che da qualche anno questo scontroso cantore montanaro ama nuotare controcorrente come i salmoni, tracciando nelle sue canzoni il ritratto di un'Italia moralmente confusa, ideologicamente disorientata, ammalata di televisione e
attraversata da equivoche pulsioni politiche. Guccini sembra restare impassibile di fronte alle mode musicali, continua a percorrere la sua strada di autore, facendo canzoni dove i testi hanno sempre uno spessore esistenziale, politico, letterario (spesso persino eccessivo) e dove gli spartiti possono apparire tutti musicalmente uguali , ma dovrebbe essere ormai chiaro a tutti che Guccini concepisce la musica come un veicolo per arrivare alle coscienze con la sincerità di chi è sempre pronto a rimettersi in discussione. Siano di fronte ad un autore che ama essere anacronistico se questo significa essere coerente, che resta fedele ai suoi processi creativi senza cedere alla tentazione di piacere a tutti (si pensi ad Addio, Cirano, Don Chisciotte). I nove ritratti della sua ultima raccolta sono il lavoro di un autore austero e sempre più letterato , che scrive racconti forti, storie di vita, di avventure sul mare e in terre lontane, descritte con quel “salgariano” distacco di chi non ama viaggiare, ma preferisce starsene fra i boschi delle sue montagne. In fondo è un Odysseus del tutto particolare, il quale dopo tanto viaggiare scopre che la vita del mare segna false rotte , ma che possiede anche la consapevolezza del come questo mare, ingannevole e pieno di leggende, gli abbia dato una vita eterna racchiusa in versi e gli abbia donato la gioia infinita/di entrare in porti sconosciuti prima . La stessa coscienza di una meta ormai conquistata è presente nella Canzone per il Che (testo di Manuel Vasquez Montalban, musica di Juan Carlos Biondini), quando Ernesto Che Guevara, ormai consapevole di dover morire, dice al colonnello mi spari, tanto sarò utile da morto come da vivo . In Piazza Alimonia Guccini traccia un ritratto efficace ed appassionato di Carlo Giuliani, raccontando il dramma del G8 di Genova. Cristoforo Colombo rappresenta un altro ulisside che naviga verso terre misteriose per poi scoprire che il sogno è diverso dalla realtà , dalla quale è bene fuggire il più lontano possibile. Una canzone è un testo metalinguistico in cui si affronta il tema dei significati profondi che si nascondono in una composizione solo in apparenza frivola e leggera. Certo non sai è un canto d'amore per la propria donna, mentre Vite e La Zietta (testo e musica di Jaun Manuel Serrat, tradotto da Guccini in dialetto modenese) sono altrettante riflessioni sul significato dell'esistenza, sullo scorrere del tempo, sulla morte. Infine la raccolta si chiude con una vecchia canzone del 1971 (mai pubblicata) intitolata La tua Libertà in cui si dice che questa società è una prigione fatta di parole, ma l'autore è pronto a riconoscersi un uomo come tanti altri che portano il peso della vita nel corso delle stagioni, ma che sono pronti a cercare la loro libertà .
(Alberto Pellegrino)


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