Per il Giorno della Memoria: “L’istruttoria” di Weiss


di Alberto Pellegrino

26 Gen 2024 - Approfondimenti teatro, Varie

“L’istruttoria” di Weiss ritorna in scena in Italia (Teatro Due di Parma) per celebrare il quarantesimo anniversario di questo dramma straordinario.

(Le foto, di repertorio, dove non indicato in didascalia, sono del Teatro Due di Parma e si riferiscono allo spettacolo per la regia di Gigi dall’Aglio)

Nel 1965 il drammaturgo tedesco Peter Weiss (1916-1982) ha scritto L’istruttoria. Oratorio in undici canti, un dramma sui crimini compiuti dai gerarchi nazisti contro gli ebrei, basato dalle testimonianze alle dichiarazioni degli imputati, agli interventi dell’accusa e dei difensori, ai quali l’autore ha dato una forma teatrale che ricalca il modello delle sacre rappresentazioni medioevali.  

Tra il 1963 e il 1965, nell’aula del Tribunale di Francoforte sul Meno, si è celebrato il processo sia contro i militari nazisti delle SS, i funzionari del Lager di Auschwitz responsabili dell’Olocausto, sia contro gli industriali che hanno sfruttato la “manodopera” ebraica. Si è trattato del primo procedimento penale intentato dallo Stato tedesco per giudicare le responsabilità del nazismo sulla base di quella che era stata definita la “questione ebraica” con un dibattimento processuale durato 183 giorni, nel corso del quale sono stati ascoltati 409 testimoni, di cui 248 erano stati scelti tra i 1.500 sopravvissuti nel campo di sterminio. Il 19 agosto 1965 è stata emessa la sentenza che ha comminato sei condanne all’ergastolo e undici condanne dai 3 ai 14 anni di reclusione, deciso tre assoluzioni.

Il titolo Die Ermittlung non significa solo “istruttoria” in senso giuridico, ma anche “indagine” o “accertamento della verità” e conferisce pertanto a questo oratorio civile la forza di un documento storico, perché il giudice, il difensore, il procuratore, i diciotto accusati e i nove testimoni anonimi (ognuno dei quali dà la propria voce a più testimoni) sono dei personaggi reali, dalle cui parole la drammaturgia non si discosta mai.

Questo capolavoro del teatro civile è stato rappresentato in tutto il mondo, è stato visto da milioni di persone e rappresenta il testo più noto e celebrato del drammaturgo tedesco. Il dramma offre una riflessione collettiva sulla tragedia consumata nei campi di sterminio nazisti, usando il linguaggio cupo, crudo e distaccato del processo e risulta estremamente efficace per rappresentare il terribile viaggio che i deportati compivano nell’inferno del lager: dall’arrivo nel lager, alla sofferenze della prigionia, fino alla morte nelle camere a gas. Nonostante il tentativo degli imputati di rifugiarsi dietro l’alibi del dovere militare e dell’efficienza burocratica, nel processo emergono le responsabilità degli imputati che hanno collaborato con spietata indifferenza e fredda crudeltà all’annientamento di un impressionante numero di persone.

Giorgio Zampa (1921-2008), germanista, traduttore e critico teatrale, nel 1966 ha avuto il merito di tradurre L’Istruttoria, un testo ancora sconosciuto in Italia, poi pubblicato da Einaudi nel 1967. Nella stagione teatrale 1966/67 il dramma viene messo in scena dal “Piccolo Teatro” di Milano con la regia e la scenografia di Virginio Puecher, con le musiche di Luigi Nono. Si trattava di una rappresentazione fatta “al leggio” per far prevalere sull’emozione la riflessione su quanto veniva proposto.

Istruttoria – Gigi Dall’Aglio -1984

Nel 1984 viene riportato sulla scena dal Teatro Due di Parma per la regia di Gigi Dall’Aglio, le musiche originali di Alessandro Nidi, i costumi di Nica Magnani, le luci Claudio Coloretti. Lo spettacolo ottiene un grande successo di pubblico con 1500 rappresentazioni e più di 300 mila spettatori. L’itinerario verso la vergogna dei lager viene concepito per mezzo di una scenografia che parte da un ingresso nel mondo reale per passare poi al terribile mondo dello sterminio. Attraverso una porta che introduce nel retropalco un giudice con un severo tailleur grigio guida gli spettatori attraverso i camerini, dove gli attori si stanno vestendo e truccando, per entrare in uno spazio scenico stretto tra una fune tesa e una parete nera. Gli attori si mescolano con il pubblico dal quale escono tutti i personaggi: i giudici, gli aguzzini, le vittime, mentre gli spettatori si siederanno in platea e vengono posti di fronte a una verità talmente assurda e vergognosa che non può essere cancellata e che diventa la testimonianza della terribile capacità che ha l’uomo di fare del male a un altro uomo.

Ora quello storico spettacolo è stato ripreso e viene riproposto a Parma dal Teatro Due dal 17 al 27 gennaio, dal 24 al 28 marzo, dal 3 al 7 aprile e l’attore Roberto Abbati, che già era presente nello spettacolo del 1984 e che fa parte del cast, ha dichiarato: “Questo credo sia una specie di privilegio, non ce ne sono tanti nella vita degli attori. Ma voglio spostare l’attenzione su un aspetto un po’astratto: l’odore dello spettacolo. Tutti gli spettacoli hanno un odore. Dato dalla scenografia e dall’uso che se ne fa. In questo spettacolo ci sono il fumo, la farina che viene buttata a terra, i pasticcini. Accade una cosa strana ma spiegabilissima, l’odore è sempre lo stesso da 40 anni. Io torno lì con questo odore! Il tempo è complesso e bloccato nonostante L’istruttoria si replichi dal 1984. È lo spettacolo che ha fatto, dentro di me, la sintesi di tutto: la mia umanità, la mia coscienza politica, civile, la tecnica recitativa, tutto! Tutto ciò che fa parte di un uomo si sintetizza, perché questa creazione ha un’alchimia stranissima in sé: forma e sostanza. Una materia pesante e una forma rituale hanno creato un qualcosa di irripetibile”.

Per sottolineare il valore di questo testo è ancora attuale quanto ha scritto Giorgio Zampa nel 1967 come introduzione al dramma: “In versi liberi, brevi e brevissimi, spesso d’una sillaba, la materia inaudita: accuse, testimonianze, difese tutte egualmente atroci, si dispone in modulazioni essenziali, convertendosi in una sostanza verbale apparentemente incolore, in realtà portata al calore bianco da un’altissima tensione interna. Le combinazioni ritrovate da Weiss restituiscono, con un’immediatezza a volte quasi insostenibile, tutti i possibili sensi di quello che la documentazione storica più completa può offrire: una volta tanto un testo di poesia integra, anzi approfondisce, dati della storia”. Questo oratorio ha “una forza di rivelazione, anzi di denuncia, stupefacente: reticenza, malafede, menzogna, viltà, cinismo, ottusità, sono caratteri dei despoti, dei boia, dei carcerieri di un tempo; la lezione che si ricava dal loro atteggiamento, certo favorito dell’indulgenza, quando non dall’appoggio attivo della società in cui oggi vivono, è forse più drammatico di quella derivante dall’evocazione del passato. Non sono parole, quando si dice che Auschwitz continua ancora dentro e intorno a noi”.

Barbed wire near by the entrance of Auschwitz

Riportiamo alcuni brani dall’undicesimo Canto dei forni.

Queste sono le parole pronunciate dal Testimone n. 7 “La gente entrava adagio stanza. I bambini aggrappati alle gonne delle mamme: uomini anziani reggevano lattanti o spingevano carrozzine […] L’edificio della cremazione con la grande ciminiera quadrata passaggi sotterranei lo facevano comunicare lateralmente con le camere a gas perpendicolarmente con lo spogliatoio […] Sopra la stessa scala erano affissi cartelli. Dicevano in varie lingue LOCALE PER BAGNI E DISINFESTAZIONE. Avevano un effetto rassicurante e rendevano tranquillo chi era ancora diffidente. Visi spesso persone scendere allegramente mamme scherzare coi figli. […] Tutto si svolgeva con grande rapidità e precisione. Davano l’ordine di spogliarsi […] Lungo le pareti erano panche con sopra ganci numerati: continuavano a ripetere di appendere in un fagotto gli indumenti che ognuno tenesse in mente il numero del proprio gancio per evitare confusione al ritorno dal bagno: si spogliavano sotto una luce cruda uomini e donne vecchi e giovani bambini […] Quelli del Sonderkommando gridavano “Svelti svelti, l’acqua si raffredda”. Potevano anche minacciare e picchiare oppure una guardia sparava un colpo. (N.B. In un locale lungo 30 metri venivano stipate anche 1000 persone) […] Pareti di cemento con alcune prese d’aria, in mezzo pilastri che avevano a destra e a sinistra due colonne di lamiera perforata, sul pavimento griglie di deflusso, anche lì c’era una luce forte. […] La gente si spingeva contro la porta, si arrampicava lungo le colonne, poi quando il gas era introdotto soffocavano. Gettavano il gas dall’alto dentro le colonne di lamiera. Nell’aria caldo-umida il gas si sviluppava rapidamente e usciva dagli orifizi. Di solito per risparmiare non ne buttavano a sufficienza e l’esecuzione poteva durare anche cinque minuti. […] Poi mettevano in moto gli areatori e il gas era espulso […] I cadaveri giacevano uno addosso all’altro vicino alla porta e alle colonne. Sotto lattanti bimbi malati sopra le donne sopra ancora gli uomini più forti. La cosa si spiegava col fatto che si calpestavano e montavano gli uni sugli altri perché il gas da principio si sviluppava con maggiore forza a fior di terra. Avevano le unghie conficcate reciprocamente nei corpi, la pelle dilaniata, molti sanguinavano dal naso e dalla bocca, i visi erano gonfi e maculati. Le cataste erano lordate da vomito da feci orina sangue mestruale. Il Kommando-sgombero arrivava con idranti e investiva i cadaveri con getti d’acqua poi li trascinava sul montacarichi e li spediva di sopra per la cremazione. […] Prima della cremazione tutti i preziosi ancora sui corpi, catene bracciali anelli orecchini venivano asportati, poi tagliavano i capelli li legavano e li riponevano in sacchi. Infine, intervenivano i cavadenti che per ordine esplicito del dottor Mengele erano costituiti da specialisti di prim’ordine. Mentre lavoravano con leve e tenaglie insieme con i denti d’oro e ponti strappavano pezzi di mascella e pezzi d’osso […] Ai forni lavoravano in continuazione 100 uomini in due turni […] Quando si andava a pieno regime erano accese in complesso 46 camere di combustione […] Nell’estate del ’44 quando le cremazioni raggiunsero le cifre più alte si annientarono fino a 20 mila uomini al giorno: le ceneri erano portate su camion al fiume distante due chilometri e buttate in acqua (P. Weiss, L’istruttoria, Einaudi, 1967, pp.232-240).

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