Ottime voci per il “Falstaff” di Verdi a Liegi


di Alma Torretta

4 Mar 2024 - Commenti classica

In Belgio il “Falstaff” di Verdi con ottimi interpreti per buona parte italiani. L’allestimento è quello di Jacopo Spirei creato nel 2017 per il Regio di Parma. All’Opéra Royal de Wallonie-Liège dal 28/2 al 9/3 e poi a Charleroi il 16 marzo.

(Foto © ORW-Liège/J.Berger)

Ottimi cantanti, per buona parte italiani, hanno assicurato il successo della ripresa del Falstaff di Verdi all’Opéra Royal de Wallonie-Liège per la regia di Jacopo Spirei, allestimento creato nel 2017 per il Teatro Regio di Parma.

In Belgio la parte di sir John Falstaff è stata affidata al baritono Pietro Spagnoli, perfetto nella parte, divertente, ironico, con dizione perfetta che fa ben assaporare ogni battuta. Il mezzo Marianna Pizzolato è poi una Quickly di lusso che mette tutta la sua intelligenza ed esperienza nel cesellare la divertentissima ambasciatrice delle due comari che Falstaff decide di corteggiare per risolvere i suoi problemi di denaro. Nel ruolo la Pizzolato si alterna con Anna-Maria Chiuri. Di lusso pure il baritono che interpreta Ford, il marito di comare Alice, è Simone Piazzola di bella voce e presenza che dona un rilievo inusuale al personaggio. Tutta italiana pure la coppia di giovani innamorati, Nannetta è il giovane bravo soprano Francesca Benitez, dalla carriera in grande ascesa, e Fenton il tenore Giulio Pelligra che nel ruolo del fidanzato segreto può dare il meglio di sé, assai romantico, malgrado il costume da punk in kilt. Al loro fianco altri artisti pure di buon livello, citiamo innanzitutto il soprano Carolina López Moreno, una Alice sensuale e con acuti luminosi, mentre l’altra comare, la più saggia Meg Page, è il buon mezzo Marie-Andrée Bouchard-Lesieur. Molto godibili, in particolare, il quartetto delle comari, i monologhi di Falstaff e le due romantiche arie di Nannetta e Fenton.

Sul podio anche un altro italiano, Giampaolo Bisanti, il direttore musicale dell’Opera di Liegi, che spinge la sua orchestra a velocità a tratti eccessive perdendo nettezza e con qualche problema nei concertati. Il coro è ben istruito.

L’attualizzazione pensata da Spirei, con i costumi disegnati da Silvia Aymonino, dimostra ancora una volta come i lavori di Shakespeare sono dei classici senza tempo che trattano temi sempre attuali che si possono ambientare in ogni epoca. Ma se gli abiti sono ispirati da quelli di oggi, per la precisione dell’inizio del secondo Novecento, le scenografie di Nikolaus Webern sono volutamente irreali, storte, pendono tutte da qualche parte, con gli arredi tipici delle villette inglesi di periferia di quegli anni, e i diversi ambienti si sommano gli unici accanto agli altri. Se nei primi due atti è una scelta che funziona, e ben predispone all’opera il sipario iniziale che riproduce la bandiera inglese, nel terzo si ha difficoltà a capire quello che sta succedendo se non si conosce già la storia, con il bosco di Windsor che viene evocato solo da qualche finta pianta ed è lo stesso grande lampadario del teatro illuminato di verde che diventa la grande quercia. Le belle luci sono di Fiammetta Baldisseri.

Se la regia pecca a tratti anche di eccessiva staticità, il libretto di Arrigo Boito e la bravura degli interpreti sono comunque più che sufficienti per divertire il pubblico, con la famosa fuga “Tutto nel mondo è burla” ben realizzata che lascia un bel ricordo finale dello spettacolo.

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