Oreste del Buono padre nobile del fumetto


di Alberto Pellegrino

20 Mar 2023 - Arti Visive, Letteratura, Libri

Alberto Pellegrino, in questo breve saggio, in occasione del centenario della nascita, ricorda la figura poliedrica di Oreste del Buono, fondatore della rivista “Linus”, analizzando il suo contributo al mondo del fumetto.

Oreste del Buono

In occasione dei cento anni dalla nascita e dei venti anni dalla morte, ricordiamo un personaggio importante come Oreste del Buono che è stato scrittore, giornalista, critico letterario, traduttore, sceneggiatore e operatore culturale, si è occupato di cinema e fumetti, di sport e pubblicità, di letteratura e romanzi polizieschi. È stato il consulente editoriale di Garzanti, Feltrinelli, Rizzoli, Einaudi, Bompiani e Mondadori. Ha fatto conoscere i “giallisti” italiani Augusto De Angelis, Renato Olivieri, Giorgio Scerbanenco e stranieri Arthur Conan Doyle, Raymond Chandler, Ian Fleming. Ha promosso gli scrittori Achille Campanile, Giovannino Guareschi, Marcello Marchesi, Paolo Villaggio e Tiziano Sclavi. Ha scritto numerosi romanzi e ha collaborato con Il Corriere della Sera, L’Unità, Milano Sera, La Repubblica, La Stampa, L’Espresso, Panorama, Oggi, Gente, Epoca. Nel 1965 è stato uno dei fondatori della rivista Linus, che ha diretto dal 1971 al 1981, dal 1995 al 2003.

La nascita della rivista Linus

Negli anni Sessanta Oreste Del Buono comprende che i fumetti sono una importante forma di narrazione e di rappresentazione di un mondo poetico che deve essere conosciuta e diffusa. Fin dal primo numero della rivista Linus (aprile 1965) sono presenti I Peanuts, Braccio di Ferro, Li’l Abner, Krazy Kat, un ritratto di Barbarella di Jean-Claude Forest tracciato da Vittorio Spinazzola, un primo capitolo dedicato ad Antonio Rubino per la Storia dei fumetti scritto da Rino Albertarelli. Umberto Eco e Oreste Del Buono aprono la nuova rivista con una intervista a Elio Vittorini che rappresenta il “Manifesto” con il quale il fumetto viene ufficialmente introdotto nella cultura e nella letteratura italiana.  Infatti, Vittorini è stato, secondo Oreste Del Buono, un intellettuale che ha voluto “strappare la cultura italiana all’accademia e alla retorica” ed è stato il primo a sostenere che i fumetti meritavano di entrare a pieno titolo nella “letteratura disegnata”. Umberto Eco ha scritto che “Vittorini leggeva i fumetti, si divertiva con freschezza, ne ragionava con rigore critico, cercava di capirli, di farli capire, di giudicarli, nel bene come nel male, senza false compiacenze, senza snobismi […] Non pareva che esistesse distinzione di dignità tra una storia tutta scritta e una storia tutta disegnata: gli premeva solo che un libro desse qualcosa, stimolasse la fantasia, documentasse una situazione, un modo di pensare; sapeva che si può riflettere sull’uomo sia in endecasillabi che in strisce” (Linus, n. 12, marzo 1966).

È stato Vittorini a scoprire Charlie Brown e i Peanuts, i preistorici B.C. di Hart, Krazy Kat di Herriman, Popeye, il burbero marinaio di Seagar, un personaggio poetico e libero che vive una propria realtà e ha una sua moralità che lo avvicinano ai personaggi di Dickens più che a quelli di De Amicis. Lo scrittore siciliano è stato il primo a teorizzare due fondamentali elementi strutturali del fumetto che sono la vignetta e la strip, cioè la sequenza: “Prima della strip non abbiamo che la vignetta…costituita da una figura e una battuta che si completano a vicenda e che esauriscono in un corpo solo quello che hanno da dire. Con la strip abbiamo non solo una moltiplicazione della figura e della battuta […] ma abbiamo anche un elemento del tutto nuovo, l’elemento della successione temporale, il quale si manifesta in due ordini sovrapposti, uno analogico per le figure e uno logico per le parole, benché poi le parole abbiano la prevalenza e investano della loro logicità letteraria tutto l’insieme riducendo le figure a non avere che dei compiti stereotipi, di descrizione, di caratterizzazione, come dei semplici segni pittografici […] Ma la strip non esprime che un frammento di mondo, un aspetto di personaggio, un momento di rapporto e anche se in se stessa può riuscire pregevole lo riuscirà solo a livello di massima, di illuminazione, di appunto, di episodio, di aneddoto. La qualità ch’essa rivela non va oltre i limiti della sua durata, è minima, è precaria, può essere banalissima o comunque non più che divertente, e occorre che i personaggi, i rapporti, gli oggetti in essa trattati ritornino in altre strip un certo numero di volte…accumulando momento su momento e aspetto su aspetto, perché noi si possa entrare nel merito qualitativo del fumetto”.

Il primo numero della rivista

In poco tempo Linus è diventata una fucina e un laboratorio di nuovi strumenti narrativi, finalizzati a valorizzare sia autori “storici” come Dino Battaglia e Benito Jacovitti, sia i fumetti americani ed europei, che incominciano a crescere fino ad affermarsi come linguaggio autonomo. Linus è stata la prima rivista al mondo dedicata esclusivamente al fumetto ed è rimasta la più importante rivista del settore anche negli anni Settanta e Ottanta, quando ne ha assunto la direzione Oreste Del Buono, il quale ha promosso l’ingresso di nuovi autori che hanno una comune visione socio-politica proiettata verso un mondo nuovo. Si è cominciato a parlare di politica, a prendere posizione sui fatti, a introdurre nuovi linguaggi, a proporre storie che nascono dall’humus ribollente della controcultura, la quale vede nei fumetti un linguaggio sempre più potente. La satira politica e di costume è affidata ad autori validi e impegnati come Renato Calligaro con Oreste e Nicola che sono due personaggi critici all’interno della sinistra; Roberto Zamarin con Gasparazzo, che rappresenta l’alienazione dell’operaio-massa legato alla catena di montaggio; Alfredo Chiappori con l’anarchico UP il sovversivo; il grande Altan con il primo Cipputi; Sergio Staino con Bobo; Pericoli & Pirella con i loro personaggi della politica e dell’economia.

In quegli anni nel fumetto si è verificata un’autentica rivoluzione culturale, perché vi sono confluiti influssi e tendenze delle avanguardie artistiche del Novecento che hanno profondamente segnato la cultura italiana: dada, surrealismo, futurismo, espressionismo, pop art, arte concettuale. Si sono così affermati autori innovativi come Andrea Pazienza, Filippo Scozzari, Lorenzo Mattotti e Igort. È arrivato un autentico fuoriclasse della letteratura disegnata come Hugo Pratt, si sono pubblicati i fumetti francesi di Métal Hurlant. Del Buono ha cambiato la storia di Linus che, da rivista nata per pochi appassionati, si è trasformata in pubblicazione d’ispirazione satirico-politico, un filone rappresentato non solo dai fumetti, ma da articoli scritti da autori importanti come Stefano Benni, Beniamino Placido, Pier Vittorio Tondelli, Michele Serra. La rivista è entrata in crisi quando si è scoperto che l’editore Rizzoli è risultato iscritto alla loggia massonica-fascista della P2. A quel punto Del Buono ha lasciato polemicamente la direzione, per riassumerla nel 1995, quando la proprietà della testata è passata a Baldini e Castoldi, ricoprendo quell’incarico fino al 2003.

L’apporto di Oreste del Buono al mondo del fumetto

Insieme a Umberto Eco, Del Buono è stato un grande valorizzatore della cosiddetta “cultura popolare”, curando la prima Enciclopedia del fumetto per mettere in evidenza e con grande anticipo il valore artistico dei fumetti in un’epoca in cui essi non erano riconosciuti come una valido genere letterario, anzi erano considerati un medium dannoso e fomentatore di ignoranza. Del Buono è stato un intellettuale che in Italia ha sdoganato il fumetto dall’etichetta di prodotto subculturale per elevarlo a una dignità artistico-letteraria. Particolarmente puntuali sono state le sue ricostruzioni storiche di fenomeni e vicende fondamentali nella storia dei comics, ma ugualmente importanti sono stati i giudizi critici che hanno dimostrato come l’esegesi di un fumetto possa avere la stessa profondità e richiedere la stessa erudizione, di quella di un romanzo, di un film o di un dipinto. “Avventurandosi tra tanti generi, – ha scritto Oreste Pivetta – Oreste del Buono faceva qualcosa d’originale e di serio per la cultura italiana: la liberava di qualche gesso e di qualche colletto inamidato. Soprattutto rendeva un servizio meraviglioso al cosiddetto consumatore culturale: spalancava le finestre”. I suoi articoli hanno composto un’articolata enciclopedia del fumetto, soprattutto americano e italiano, perché essi hanno analizzato l’opera di grandi autori con una prosa molto ricercata che è servita a esaltare il valore delle storie raccontate da Hugo Pratt e Guido Crepax, da Lunari, Altan, Pericoli & Pirella, oppure a dare spessore culturale a personaggi come Tex Willer e Dylan Dog.

Del Buono ha anche dato un prezioso contributo alla storia della satira in Italia con il volumetto intitolato Poco da ridere. Storia privata della satira politica dall’Asino a Linus (De Donato Editore, 1976), nel quale ha tracciato le coordinate storiche di una satira politica che è quasi del tutto scomparsa dalla carta stampata e che si è caratterizzata per il suo impegno politico e le sue rapide conversioni. Si inizia con L’Asino, il periodico socialista e anticlericale fondato da Gabriele Galantara e Guido Podrecca, il quale nel 1921 è finito per militare nelle file del fascismo. Lo stesso destino segue Alberto Giannini che prima ha fondato la rivista antifascista Becco Giallo e poco dopo il Merlo, periodico decisamente fascista. L’autore poi analizza la natura della satira durante il regime fascista dal Marc’Aurelio, fondato nel 1931 e che ha raccolto il meglio dell’umorismo italiano, al Bertoldo che, nato nel 1936, ha rappresentato la fronda di intellettuali fascisti dissidenti o non allineati. Nel dopoguerra viene analizzato il fenomeno passeggero del populismo di destra rappresentato da L’Uomo qualunque di Guglielmo Giannini e la satira intelligente di una destra democratica raccolta intorno al Candido di Giovannino Guareschi. Infine Del Buono ha concluso con un ritratto storico del suo amato Linus.

Il grande disegnatore Igort lo ha così ricordato sul n. 3 di Linus del marzo 2023: “Oreste era innanzitutto uno scrittore, uno che sapeva cosa vuol dire raccontare, della fatica che si fa, e forse per questo avvolgeva con il suo sguardo benevolo e complice gli autori a cui voleva bene […] Inventore di formati, sperimentatore folle […] alimentò polemiche culturali gustose (Dick Tracy era un fascista o no? Se si abbiamo il diritto di leggerlo?), pubblicò i grandi autori, italiani, francesi, belgi, spagnoli, argentini, statunitensi […] potevano essere anche venusiani, bastava che fossero talentuosi […] Oggi che siedo sulla sua poltrona di direttore di Linus, mi illudo che una scintilla di quella curiosità possa essere passata, che possa io averla ereditata da lui. Lo so che è un’illusione, ma non risvegliatemi. In fondo è questa la lezione di OdB: sognare fa bene, nutre la nostra vita, e Linus è stata e sempre sarà questo, la casa dei sogni di carte”.


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