“Matrimonio segreto” alle Muse di Ancona


di Alberto Pellegrino

24 Ott 2022 - Commenti classica

Al Teatro delle Muse della città dorica si chiude la stagione 2022 con un elegante e divertente Matrimonio segreto di Cimarosa.

Veronica Granatiero (Carolina), Maria Sardarya (Elisetta), Mariangela Marini (Fidalma) (foto Mario Vantaggi)

Il 14 e il 16 ottobre è andato va in scena al Teatro delle Muse di Ancona Il Matrimonio Segreto di Domenico Cimarosa, un dramma giocoso in due atti che ha chiuso con successo la Stagione Lirica 2022. Nel golfo mistico è stata presente la valida l’Orchestra Sinfonica Gioachino Rossini guidata dal giovanissimo direttore Diego Ceretta, una delle brillanti promesse del mondo musicale italiano, che ha saputo interpretare la raffinatezza della scrittura musicale del compositore napoletano, esaltandone lo spirito e l’allegria in sintonia con quella vena di delicata malinconia che a volte scorre all’interno dello spartito di Cimarosa.

Filippo Morace (Geronimo) (foto Mario Vantaggi)

L’impegno degli interpreti

Ancora una volta il direttore artistico De Vivo ha scelto un cast di giovani cantanti che hanno ruotato intorno a un interprete esperto come Filippo Morace (Geronimo), un baritono-basso specializzato nell’opera buffa e da tempo presente con successo sulla scena operistica italiana (magistrale la sua cavatina d’ingresso Udite, tutti udite). Per quanto riguarda i tre ruoli femminili, iniziamo da Veronica Granatiero, un giovane soprano vincitrice di numeri concorsi internazionali e specializzata nei ruoli cameristici e nell’opera settecentesca, al quale è toccato il ruolo non semplice di Carolina che tiene la scena da protagonista, dal duetto iniziale Cara, non dubitar all’aria del I atto Perdonate, signor mio, per concludere con il finale Deh, ti conforta, o cara.  Il ruolo di Elisetta è toccato al soprano armeno Maria Sardaryan che, dopo avere studiato nel Conservatorio Statale di Yerevan, si è specializzata presso l’Accademia d’Arte Lirica di Osimo e ha intrapreso una brillante carriera, soprattutto come interprete mozartiana; anche lei ha retto bene la sua parte che culmina con l’aria Se son vendicata. Per la terza protagonista femminile è il mezzosoprano marchigiano Mariangela Marini che si è laureata nell’Università di Macerata; ha studiato canto lirico nell’Istituto Musicale “Pergolesi” di Ancona; ha poi frequentato l’Accademia di canto del Teatro San Carlo di Napoli e il corso di Alto Perfezionamento Santa Cecilia Opera Studio. Si tratta di una presenza ormai affermata sulla scena lirica italiana. Ha interpretato con convincente ironia il personaggio della matura zia Fidalma, animata da pruriginosi ardori amorosi. Nelle vesti del Conte Robinsonè entrato il baritono-basso Tommaso Barea, vincitore di numerosi premi nazionali e internazionali, una delle voci più interessanti della scena lirica, il quale ha mostrato anche doti di attore-cantante sia nelle due arie Senza, senza cerimonie e Son lunatico bilioso, sia nel celebre duetto con Geronimo Se fiato in corpo avete. Infine, il ruolo di Paolino è stato affidato al giovanissimo tenore Pierluigi D’Aloia, un polistrumentista (pianoforte, violino, fisarmonica, chitarra, zampogna, batteria, basso) diplomato in violino e canto lirico, specializzato in ruoli rossiniani e mozartiani; una voce forse non ancora pienamente matura, ma che ha retto bene il personaggio compresa la celebre aria Pria che spunti in ciel l’aurora, che riveste di sentimentale leggerezza una semplice proposta di fuga. Da segnalare infine la piena riuscita dei brani d’assieme, che sono tra le pagine musicali più riuscite, a cominciare dallo splendido quartetto del I Atto Sento in petto un freddo gelo fino al complesso Finale dell’opera.

La festa di fidanzamento (foto di Danilo Antolini)

La trama dell’opera

Il successo di questa opera è dovuto alla carica di vivacità, freschezza, ironia che lega lo spartito a una storia tutto sommato semplice ma intrigante. Paolino, giovane di bottega del ricco mercante Geronimo, è innamorato di Carolina figlia minore del suo datore di lavoro che ricambia questo sentimento, per cui i due hanno deciso di sposarsi segretamente ma, in attesa di poter rivelare il loro segreto, sono costretti ad amarsi di nascosto tra mille ansie e sotterfugi. Nel frattempo Geronimo, che vuole avere in famiglia un genero nobile, ha combinato con il conte Robinson le nozze della figlia maggiore Elisetta, una ragazza ambiziosa e un po’ maligna, in continua lite con la sorella. Nella casa è presente anche Fidalma, una ricca vedova sorella di Geronimo, la quale ha investito i suoi capitali nelle imprese del fratello. La donna cerca di metter pace tra le due sorelle e vorrebbe sposare il giovane Paolino. La vicenda s’aggroviglia quando il conte Robinson s’innamora improvvisamente di Carolina e non vuole più sposare Elisetta malgrado venga sistematicamente respinto dalla sorella minore. A Geronimo, che non si rende conto della situazione, il conte Robinson propone di rinunciare a metà della dote pur di sposare Carolina e questa offerta convince il mercante ad accettare. Di fronte alle proteste di Elisetta e al netto rifiuto dell’altra figlia, egli s’infuria e decide di rinchiudere quest’ultima in convento. La situazione si complica ulteriormente quando Fidelma rivela sua passione amorosa a Paolino e la sua volontà di sposarlo. A questo punto i due sposi segreti decidono di fuggire, ma vengono scoperti da Elisetta che lancia l’allarme. Di fronte a tutta la famiglia, il conte Robinson compie un atto di generosità e decide di sposare Elisabetta, affinché i due innamorati possano finalmente vivere la loro unione alla luce del sole.

La carrozza per la fuga degli sposi segreti (foto di Giorgio Pergolini)

I caratteri del dramma giocoso

Il Matrimonio segreto, che debutta nel 1792 nel Burgtheater di Vienna, viene immediatamente rappresentato nei principali teatri europei e ancora oggi è l’opera buffa del Settecento napoletano a essere presente nei repertori di tutto il mondo.

Il merito di questo successo non si deve attribuire solo alla musica di Cimarosa, ma anche al libretto di Giuseppe Bertani (1735–1808) che ha saputo creare un meccanismo teatrale praticamente perfetto. Del resto Bertani è stato uno dei maggiori librettisti del Settecento, tanto da sostituire Lorenzo Da Ponte come “poeta cesareo” presso l’Opera Italiana di Vienna; autore di 70 libretti d’opera musicati da illustri compositori come Paisiello, Galluppi, Anfossi, Guglielmi e Zingarelli, ha scritto nel 1787 anche il dramma giocoso Don Giovanni o sia Il convitato di pietra (musiche di Giuseppe Gazzaniga) che sembra sia servito da spunto a Lorenzo da Ponte per il più famoso Il dissoluto punito ossia il Don Giovanni (1787) di Wolfgang Amadeus Mozart.

Il libretto di Bertani, che presenta notevoli pregi teatrali, racconta le vicende di una famiglia borghese e delinea i vari personaggi con gusto comico senza scadere mai nella farsa, facendo prevalere i sentimenti sui matrimoni combinati e sull’affarismo della borghesia mercantile, facendo riferimento alla “vaporosa” comicità della commedia  The Clandestine Marriage (1766), scritta dal drammaturgo George Colman il Vecchio (1732–1794) e dal grande attore David Garrick (1717–1779), rappresentata con successo in tutta l’Europa. I due autori inglesi hanno tratto ispirazione dal celebre ciclo pittorico di William Hogarth Il Matrimonio alla moda che, insieme a La carriera di una prostituta e a La carriera di un libertino, rappresentava una moraleggiante e pessimistica visione dell’alta società inglese della metà Settecento.

Al contrario nella commedia e nel libretto di Bertani si avverte aria di Illuminismo con il superamento delle tradizionali convenzioni familistiche e sociali, che vengono superate dal valore dei sentimenti e da un certo cinismo, il quale porta Geronimo e Fidelma ad accettare lo stato di fatto, mentre il conte Robinson si adatta rapidamente a un matrimonio basato sull’interesse e non certo sull’amore.

I pregi della regia

Marco Baliani, grande personaggio della scena italiana come attore, regista, drammaturgo ed esponente del “teatro di narrazione”, ha scelto, per mettere in scena quest’opera, la strada di un “teatro da camera” racchiuso all’interno di cinque grandi tendaggi con tre lampadari e pochi mobili, sfruttando al massimo il bel progetto-luci di Lucio Diana, curando la recitazione degli interpreti per rendere al massimo lo spirito e la personalità dei vari personaggi, vivacizzando l’azione con gli interventi di quattro bravissimi mimi-danzatori (due giovani e due ragazze) che hanno continuamente interagito con gli interpreti.

Baliani, partito da una affermazione di Sofocle (“Eros, che da te è posseduto non fa che smaniare”), sostiene che, secondo il mito, “Eros è come la puntura di un tafano che fa impazzire chi ne viene punto”. Per questo ha voluto che i cantanti percepissero questa puntura che la musica infligge loro, punzecchiando i loro corpi, per cui non hanno potuto mai stare fermi, mentre le stesse sedie, i lampadari, i tendaggi sono stati animati da “quattro Ariel shakespeariani, folletti servitori a volte visibili, a volte no, che si muovono con la leggerezza necessaria a tanta confusione di sentimenti”. Baliani, in linea con l’assunto iniziale, ritiene che “è sempre l’Eros all’opera, la passione, quando non si riesce a governarla col senno, trascina ciascun personaggio a confondere i sentimenti, a non riconoscerli, a irretirli…Ad ascoltare la musica di Cimarosa, anche senza conoscere il testo cantato, si sente vibrare nell’aria il volo malandrino di una tafano pungitore, una musica divertita di se stessa, che insegue e tallona la vicenda o addirittura la anticipa”. Un regia pienamente riuscita, all’altezza della grande tradizione che ha sempre caratterizzato il teatro in musica delle Muse.

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