Magia de “Lo Schiaccianoci” al Teatro Rossini di Pesaro


di Roberta Rocchetti

31 Dic 2023 - Commenti danza

Il celeberrimo balletto “natalizio” è stato magistralmente portato sul palco del Teatro Rossini di Pesaro dal Balletto di Milano nella versione di Federico Veratti.

Lo Schiaccianoci è il racconto divenuto poi di conseguenza il balletto di Natale per eccellenza.

In primo luogo, ovviamente perché nel periodo di Natale è ambientato, in secondo luogo perché del Natale possiede il patrimonio archetipico, una fase oscura sublimata e superata grazie all’ incanto, al sogno, ai dolci, alle luci e ai regali. La stessa che la protagonista attraversa nel proprio allegorico percorso di crescita.

La luce che sempre arriva a sconfiggere le tenebre: il sol invictus.

Tratto dall’inquietante racconto risalente al 1815 Lo schiaccianoci e il re dei topi di Ernst Theodore Amadeus Hoffmann è stato preso e rimaneggiato per depotenziarlo dei suoi passaggi più cruenti da Alexandre Dumas padre nel 1845 e questa versione è stata scelta dal Direttore dei teatri imperiali russi Ivan Aleksandrovič Vsevoložskij e affidata nel 1891 a uno dei più grandi geni musicali di tutti i tempi Pëtr Il’ič Čajkovskij per la composizione e a Lev Ivanov per le coreografie dopo la rinuncia di Marius Petipa che ne abbozzò il nucleo embrionale.

La prima si tenne il 18 dicembre 1892 al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, una delle culle della cultura occidentale degli ultimi secoli, che pianta le sue radici nella millenaria, profondissima cultura europea e russa, senza tuttavia ottenere il successo sperato.

Seguirono rimaneggiamenti, rivisitazioni, nuove interpretazioni e revisioni della coreografia, finché il balletto non divenne, pur conservando e ispirando continuamente diverse versioni coreografiche, il capolavoro conosciuto in tutto il mondo che abbiamo avuto modo di applaudire anche nella serata di giovedì 28 dicembre al Teatro Rossini di Pesaro, nella visione stavolta di Federico Veratti portata in scena dalla compagnia Balletto di Milano.

Siamo in Germania. Nella sera che precede il Natale la famiglia Stahlbaum si raduna intorno all’albero per la gioia dei due ragazzi Clara (Amanda Rose Hall) e Fritz (Paolo Radogna).

Arriva il signor Drosselmeyer (Alessandro Orlando), uno strano personaggio che possiede i crismi della magia, e giunge con un sacco che contiene i regali per i fanciulli di casa e dona a Clara il fatidico schiaccianoci, un soldatino in grado di rompere i gusci con la forza delle mascelle azionate da una leva posta sulla schiena.

Fritz geloso rompe il giocattolo della sorella ma Drosselmeyer lo aggiusta in tempo reale.

Finita la festa Clara va a dormire e come succede all’Alice di Lewis Carroll il sogno dà avvio ad una serie di avventure, la prima delle quali vede il Re dei topi con la sua gang di roditori teppisti tentare di rubare lo schiaccianoci alla bambina, ma ecco che lo stesso schiaccianoci (Leo Rech) prende vita e combatte con Clara riuscendo ad uccidere il Re Topo (Hiroki Inokuchi).

Non pago il pupazzo si trasforma in principe (Gianmanuel D’Elia) e porta Clara nella foresta che ispira a Čajkovskij il meraviglioso valzer dei fiocchi di neve e che chiunque abbia anche solo visto il capolavoro Disney Fantasia ha ascoltato.

Vengono successivamente ricevuti dalla Fata Confetto che governa l’onirico Regno dei Dolci e che allestisce per i due giovani una mirabolante festa che racchiude tra gli altri numeri l’altro conosciutissimo valzer che porta il suo nome (anche questo preso in prestito da Disney per Fantasia) e il passo a due tra i più celebri della storia della danza, per poi proclamare i due giovani nuovi regnanti del reame dei dolci.

Alcune versioni coreografiche prevedono il mite risveglio di Clara alla fine delle avventure nel mondo di Morfeo.

Veratti, coreografo, danzatore e insegnante ha deciso di ambientare la sua versione negli anni ’20 del ‘900, durante la festa in casa Stahlbaum tra abiti in stile charleston (Sartoria Teatrale Bianchi) e tagli alla Vergottini arriva in abito da gran sera Drosselmeyer.

Un po’ Melquaides (chissà se Marquez da bambino ha letto i Racconti di Hoffmann) e un po’ Willy Wonka (chissà se li ha letti Roald Dahl) si rivela il deus ex machina del percorso di formazione onirico della protagonista, peraltro in questa visione verattiana il “mago” è quasi costantemente sul palco e crea estemporaneamente le immagini.

Tra coreografie classiche ma con spolverate di modernità e le scenografie pastello da cameretta di bambina di Marco Pesta la storia avvince e trascina dentro l’incanto e succede lo stesso di quando si osserva uno stereogramma, si viene risucchiati nell’immagine e si perdono i contorni netti della realtà, almeno fino a quando i giocattoli tornano ad essere oggetti inanimati e il teatro gremito tributa un meritato applauso a tutti i protagonisti. Il pubblico esce ed ogni persona si avvia verso la propria abitazione, non senza prima aver rubato per sé un pugno di magia col quale illuminare il proprio percorso e siamo certi che i molti bambini presenti hanno trovato al loro rientro a casa lo schiaccianoci sotto l’albero in una posizione leggermente diversa da come lo avevano lasciato.

Tag: , , , ,

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *