L’energia funk di Ida Nielsen & The Funkbots al Blue Note


di Giacomo Liverotti

17 Apr 2023 - News live

Un’ora e mezza di vivacità, al Blue Note, con il talento scoperto da Prince e la sua band. Ida Nielsen inonda della sua forza il locale milanese.

(Ph by Claudio Romani)

“C’è sempre qualcosa che mi manca dopo un concerto come questo” – afferma Ida Nielsen, dopo essere tornata sul palco del Blue Note di Milano richiamata a gran voce dal pubblico alla fine del suo set – “penso sempre che sia stato un buono show ma dico a me stessa…c’era un po’ poco basso!”

Il basso è il centro del mondo della Nielsen, quel basso che gli ha permesso di suonare con una leggenda della musica come Prince. Il cantautore, uno dei più grandi dello scorso secolo, l’ha voluta sul palco con lui dal 2010 fino al 2016, anno in cui purtroppo Prince è venuto a mancare. Si può dire che sia stato lui a scoprirla, andandola a pescare direttamente in Danimarca, e di certo non ha fatto errori di valutazione. La Nielsen è un vulcano di energia, con una capacità tecnica nello slap da fare invidia all’intero panorama bassistico: non a caso è stata inserita nella top 10 dei migliori bassisti del mondo da Music Radar.

Dopo la fine (inaspettata) dell’avventura con Prince, la bassista (con già due album da solista all’attivo) ha messo in piedi una band con cui comporre, registrare e portare in giro per il mondo la musica funk: The Funkbots. “Siamo in missione per mantenere vivo il funk!”, esclama più volte dal palco. E nel loro set da un’ora e mezza l’obiettivo viene centrato in pieno, anche grazie alla bravura dei musicisti che sono con lei sul palco: il batterista americano David Haynes, famoso per la sua capacità di suonare con le dita, messa in luce più volte durante lo spettacolo, anche con l’ausilio di un pad elettronico; il chitarrista scandinavo Oliver Engqvist, con un attenzione maniacale ai suoni, che ha fatto ascoltare al pubblico la sua preparazione ritmica e i suoi soli in pieno stile rock, con distorsioni e whammy bar, oltre a cantare con la Nielsen; l’elemento sicuramente innovativo è il rapper Kuku Agami, anche lui proveniente dalla Danimarca, con la capacità di entrare con il giusto rispetto nel territorio del funk e talmente esperto nel freestyle da creare un brano sul momento accompagnato solamente dal batterista, in un momento improvvisativo che si ripete ad ogni loro concerto e denominato dalla Nielsen “Kuku’s corner”. La scelta di inserire questo elemento nella band mette in luce la grande attualità del funk e l’influenza che questo stile musicale, dominante nel mondo afroamericano dagli anni ’70 in avanti, ha avuto sullo sviluppo del rap, che da fine anni ’90 ad oggi è stato ed è ancora, con le sue evoluzioni, il linguaggio musicale più di tendenza. La band sembra voler ricordare che è proprio dal funk che nasce il rap e ci riesce benissimo anche grazie ad un’intesa incredibile. Per tutto il concerto non si ha l’impressione di ascoltare un’artista solista accompagnata dalla sua band a fare da contorno, quanto piuttosto un insieme compatto in cui ciascuna individualità ha il proprio spazio e un senso nel collettivo. 

Il groove è, ovviamente, l’elemento centrale e persino il pubblico un po’ ingessato del Blue Note, abituato alla riflessività del jazz lounge, non può evitare di alzarsi più volte dalla sedia e iniziare a ballare, come viene invitato a fare dalla stessa band. La Nielsen suona principalmente brani composti da lei ma nel pieno stile funk, quello veramente old school dei Tower of Power o di Sly & The Family Stone. Non manca, dopo 40 minuti di alta energia, un breve momento intimistico in cui la musicista si mette al piano elettrico e, accompagnata solo da Engqvist e dal suo fantastico controllo delle dinamiche, suona “qualcosa di completamente un-funky per un paio di minuti”. Oltre ai gruppi citati in precedenza, l’altra influenza x nella musica della band e nella gestione della scaletta (seppur meno evidente di quanto si potrebbe immaginare), è necessariamente quella di Prince, ed è proprio dedicato a lui uno dei momenti salienti della serata: un medley che inizia e si conclude in struttura circolare con un brano scritto dalla stessa Nielsen come tributo al musicista (We came to get funky), ma che incorpora al suo interno la hit 1999, come simbolo della straordinaria carriera della leggenda del pop-funk. La Nielsen slappa, canta, batte i suoi stivali dorati a tempo, e inonda della sua forza il locale. La band, quasi in maniera emblematica, ha al suo interno due elementi di colore, come di colore è la nascita e l’anima del funk, colonna sonora di due decenni afroamericani, e due elementi bianchi ma provenienti dalla fredda Scandinavia, a dimostrare quanto questa musica sia stata importante nel mondo intero, arrivando a connettere, muovere e far ballare insieme, travolte da un groove irresistibile, persone da qualunque luogo. E irresistibile è anche l’energia e la forza nel ritmo della Nielsen e dei suoi 3 musicisti, che possono essere sicuri di aver tenuto, anche questa sera, il funk in vita.

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