L'”Elisir d'amore” di Katia Ricciarelli


Alberto Pellegrino

13 Gen 2004 - Commenti classica

L'Accademia Lirica Katia Ricciarelli ha messo in scena L'Elisir d'amore di Gaetano Donizetti, che ha debuttato il 13 e 14 dicembre nel Teatro Giovan Battisti Velluti di Corridonia (MC) recentemente riaperto dopo lunghi anni restauri. Si è rinnovato il successo che l'Accademia aveva riportato con il Trovatore andato in scena il 4 aprile scorso presso il Teatro Filippo Marchetti di Camerino (MC). Si è mantenuto fede alle motivazioni di fondo comuni ai due spettacoli: una messa in scena parsimoniosa ma intelligente, un cast di giovani cantanti a cui offrire un palcoscenico sul quale crescere e maturare, un giovane direttore d'orchestra capace di infondere entusiasmo e la giusta carica emotiva a tutto il cast, un organico e costi contenuti per offrire ai teatri di piccole e medie dimensioni la possibilità di mettere in cartellone un'opera lirica celebre, ma interpretata in modo “giovane” e spigliato.
Da tali presupposti è scaturito con questo Elisir d'amore nato sotto l'esperta direzione artistica di Katia Ricciarelli, con il contributo della Provincia di Macerata, dell'Associazione Arena Sferisterio, del Comune di Corridonia e di uno sponsor privato. L'Associazione “Amici del Teatro” ha curato l'organizzazione locale, mentre la Sartoria Teatrale “Arianna” Corridonia ha fornito i costumi per lo spettacolo.
Il M Enrico Reggioli ha diretto con eleganza ed autorità l'Orchestra di Puglia e Basilicata, mentre i giovani cantanti hanno interpretato al meglio i personaggi loro affidati: Cataldo Caputo è stato un Nemorino romanticamente appassionato che ha strappato il bis della celebre “Una furtiva lacrima”; Teresa Di Bari è stata una Adina spigliata, intrigante, commossa e fortemente espressiva sul piano vocale; il basso Paolo Bordogna ha presentato un credibile Belcore, ricoprendo un ruolo ormai da tempo affidato ad un baritono; Marta Calcaterra è stata una Giannetta ammiccante e discreta al fianco di Adina, per poi sfoderare una giusta dose di sex appeal nella scena quarta del secondo atto, quando si scopre che Nemorino è diventato ricchissimo e la giovane decide di conquistarlo. Una citazione a parte merita il basso-buffo Domenico Colaianni, il più esperto degli interpreti, che ha vestito i panni di Dulcamara con l'eleganza e l'ironia di uno chansonnier due giovani registi Benito Leonori e Matteo Mazzoni hanno ideato un'ambientazione urbana abbastanza originale per un'opera nasce come “villereccia”: il palcoscenico e la platea (da cui sono stati sfrattati gli spettatori) sono stati trasformati in un parco cittadino con il suolo ricoperto di appassite foglie autunnali e “arredato” con due lampioni, una panchina e due tavolini di un ipotetico caffè; i contadini sono diventati dei paesani e le villanelle delle dame di paese, mentre il povero Nemorino è un povero clochard vagamente chapliniano, che dorme sulle panchine coperto di giornali e si strugge d'amore per la bella e ricca Adina. Tutti gli interpreti si muovono con disinvoltura fra la platea e il palco, sotto il quale è collocata l'orchestra; Dulcamara fa addirittura il suo ingresso spettacolare dall'esterno preannunciato da uni spettacolare mangiafumo; si svolge un'anticipazione dei festeggiamenti per le nozze di Adina e Belcore si svolge sotto i portici della piazza di Corridonia collegata per mezzo video al palcoscenico, su sui prosegue la festa stessa; più intimo e raccolto il finale dell'opera fino all'ingresso finale di Dulcamara che saluta festante gli abitanti del paese. Al termine una selva di calorosi applausi del pubblico in sala, al quale si è certamente unito il folto pubblico che ha seguito la rappresentazione su un maxischermo collocato nella piazza e sui teleschermi dei bar opportunamente collegati in diretta con l'interno del teatro.

(Alberto Pellegrino)


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