L’Apocalisse non è stata mai così vicina


di Alberto Pellegrino

27 Mar 2023 - Letteratura, Libri, Varie

Editoriale del nostro direttore Albero Pellegrino sul pensiero, attraverso alcune loro pubblicazioni, di cinque personaggi che hanno parlato della fase storica difficile che stiamo attraversando: Adrien Candiard, Moni Ovadia, Danilo Dolci, Ghunter Anders e Stefano Massini.

Viviamo in una fase storica difficile, segnata da catastrofi ambientali, pandemie, siccità, guerre, minacce nucleari che ritornano come un “fantasma” del passato.

Adrien Candiard

Di questo ha parlato il padre domenicano Adrien Candiard nel volume Qualche parola prima dell’Apocalisse. Leggere il Vangelo in tempo di crisi (Libreria Editrice Vaticana, Roma, 2023). L’autore, partendo dalle parole di Gesù che nel Vangelo di Marco annunciano “l’abominio della devastazione”, sostiene che, per affrontare il paradosso della Buona Novella, “bisogna accettare di parlare un po’ della fine del mondo per ritrovare, in questo stesso mondo, un pizzico di speranza”. Stiamo vivendo tempi duri, ma non si tratta di strumentalizzare determinate angosce, piuttosto di trovare delle risposte. In un momento di grave pericolo il Vangelo può essere un punto di riferimento, perché “se la vita spirituale è solo un momento per sentirsi bene, non c’è bisogno della fede cristiana”. È vero che Gesù offre una visione drammatica della vita, ma non lo fa per spaventarci: vuole invece ricordarci che “il male nella storia è presente perché noi facciamo il male”. Se viviamo una stagione drammatica, non accade perché le calamità sono considerate un modo per punire l’umanità dei suoi peccati. “Questa è un’idea stupida, infantile e ricola. Peccato vuol dire fare il male, cosa che ha conseguenze che oggi vediamo nella loro misura forse massima. Il rischio di distruzione nucleare è il risultato di una secolare ricerca di modi per ucciderci e soddisfare il nostro desiderio di dominio…All’origine della catastrofe ci sono sempre le nostre azioni… La buona notizia è l’amore di Dio dato a tutti gratuitamente. È un amore che si può accettare o rifiutare. E infatti è stato subito respinto, con effetti che conosciamo: lo scandalo di Gesù è il perdono, che lo ha portato sulla croce”.

Moni Ovadia un laico predicatore di pace

Sugli stessi temi è tornato Moni Ovadia (Rocca, 1-11- 2022), quando ha affermato che “la situazione è catastrofica e le ragioni economiche sono sempre e solo secondarie. Le ragioni prime sono etiche, sociali e culturali”. Viviamo nell’angoscia di una guerra assurda “che sta annientando tutto ciò che avevamo costruito”, in un sistema socioeconomico che “fa vivere gli essere umani in uno stato di perenne alienazione e disperazione, perché li costringe ad essere sempre in costante competizione con la vita per reggere il ritmo di questo sistema che non tutela l’Uomo, che non concepisce una società giusta, equa, solidale, che non aspira alla felicità ma solo al denaro e al potere”. Bisogna battersi per l’Uguaglianza perché non può esserci Giustizia vera senza che vi sia uguaglianza. L’Uguaglianza significa pari dignità, pari diritti, pari accesso alle eccellenze conoscitive del sapere e della profondità culturale e artistica”.

Danilo Dolci un profeta inascoltato

Nel secondo Novecento Danilo Dolci (1924-1997) è stato un sociologo, poeta, educatore, attivista della nonviolenza e nel suo libro Non sentite l’odore di fumo? (Laterza, 1971) ha messo in guardia non solo contro il neonazismo, ma anche contro il pericolo atomico, sostenendo che si dovrebbe portare a Hiroshima ogni essere umano per meditare davanti a quelle rovine sconvolte, per ricordare come è possibile, con la tecnologia più raffinata, distruggere centinaia di migliaia di vite, seminare cancro e leucemia per decenni: “Dieci adulti su cento ad Hiroshima/Ignorano quanto è accaduto/Il 6 agosto del ’45… /E quanti al mondo trasalgono pensando/ad Hiroshima? /Vi hanno costruito delle case, /dove era scoppiato lo sterminio/vi hanno squadrato giardini/su cui posano ignare colombe…/Dovevano lasciarci la cancrena/intatta delle macerie/che erano state nidi di vita, /coi cenci bruciacchiati/le fasce dei bambini appena nati/gli orologi fusi a segnare/le otto e undici di quel mattino/quando le carni bruciavano”.

Dolci propone una rivoluzione nonviolenta per difendere la pace attraverso una complessa strategia capace di sensibilizzare le coscienze, di promuovere la partecipazione democratica ai vari gruppi sociali di quanti sono deboli e isolati. Per promuovere la pace è indispensabile conoscere e sviluppare i valori più profondi, richiamare tutti all’assunzione di precise responsabilità, ricordando che “è necessario per l’umanità, per ciascun uomo al mondo…apprendere come si possano mettere in moto interessi profondi per riuscire a vincere ignoranze, complessi, superstizioni di ogni tipo”. Bisogna avere il coraggio di capire situazioni e sistemi in cui siamo immersi fino ad esserne soffocati; bisogna individuare chi organizza e alimenta le guerre, capire chi difende i propri privilegi e chi difende la vita, saper sperimentare nuove realtà senza vendersi ma opponendosi ai prepotenti e agli sfruttatori, ai fuorilegge. Occorre essere consapevoli che fare la pace “vuol dire decantare rabbie e rancori […] trovare il modo per eliminare il male senza eliminare il malato o nuocergli, avere capacità di sacrificio personale, saper maturare le qualità essenziali […] La pace che amiamo e dobbiamo realizzare non è dunque tranquillità, quiete, assenza di sensibilità, evitare i conflitti necessari, assenza di impegno, paura del nuovo, ma capacità di rinnovarsi, costruire, lottare e vincere in modo nuovo; è salute, pienezza di vita, modo diverso di esistere” (Inventare il futuro, Laterza, 1968).

L’uomo antiquato di Ghunter Anders. La cecità verso l’Apocalisse

Ritornano attuali, a trenta anni dalla sua scomparsa, le tesi di Ghunter Anders (1902-1992), uno dei più grandi filosofi del Novecento, fuggito dalla Germania nazista nel 1933 e vissuto in esilio a Parigi e negli Stati Uniti per poi ritornare in Europa nel 1950. Negli anni della guerra fredda si è battuto contro la minaccia dell’olocausto nucleare, la violenza del potere e il riarmo atomico. La sua opera più importante rimane L’uomo è antiquato (1956, Il Saggiatore, 1963), un volume suddiviso in quattro parti. Nella prima, Della vergogna prometeica, egli parla dell’uomo moderno che costruisce macchine più perfette di lui, provocando un dislivello tra gli umani e i loro prodotti meccanici, fabbricando congegni sempre nuovi, efficienti e meravigliosi, ma che hanno ridotto gli uomini come “animali antidiluviani”, li hanno resi “antiquati”. Nella seconda parte, Il mondo come fantasma e come matrice,mette a punto una precisa e approfondita analisi filosofica sulla radio, la televisione e la fotografia. Nella terza, Essere senza tempo,prende in esame la commedia Aspettando Godot di Samuel Beckett, una parabola negativa considerata come la massima espressione del pessimismo cosmico incarnato da uomini senza più storia, senza più parole da dire o azioni da compiere.

Nella quarta parte, Della bomba e delle radici della nostra cecità all’Apocalisse, Anders affronta il problema della “nostra esistenza sotto il segno della bomba”: noi uomini “l’onnipotenza che da tempo avevamo agognato, con animo prometeico, l’abbiamo realmente acquisita, seppure in forma diversa da quella sperata. Dato che possediamo la forza di apprestarci vicendevolmente la fine, siamo i signori dell’Apocalisse […] Fino ad oggi ogni potenza superiore, sia che ai nostri occhi apparisse naturale o sovrannaturale, si era dimostrata clemente: ognuna ci aveva minacciato solo parzialmente, ognuna aveva cancellato soltanto singole cose: “soltanto” uomini, “soltanto” città, “soltanto” regni, “soltanto” civiltà; ma noi – se per “noi” intendiamo l’umanità – ci aveva sempre risparmiati […] Noi, uomini d’oggi, siamo i primi uomini a dominare l’Apocalisse, perciò siamo anche i primi a subire senza posa la sua minaccia. Siamo i primi Titani, perciò siamo anche i primi nani o pigmei che non siano più mortali come individui, ma come gruppo; e la cui esistenza è sottoposta a revoca”.

Secondo il filosofo tedesco, la distruzione totale dell’umanità provocherebbe la cancellazione di ogni memoria, quindi dell’intera storia dell’uomo, creando una situazione in cui le responsabilità ricadranno per la prima volta sia sugli assassini padroni della bomba, sia sulle vittime che non hanno aperto gli occhi e non si sono ribellate all’olocausto totale. Abbiamo paura della nostra morte, mentre siamo incapaci di avere paura della morte moltiplicata per dieci o addirittura rimaniamo inerti di fronte all’idea dell’Apocalisse che non ci riguarda e ci lascia indifferenti. La nostra cecità di fronte all’Apocalisse deriva dalla medialità, la quale non ci rende persone che agiscono ma solo persone che collaborano. Di fronte all’ordigno nucleare siamo tutti vittime del nichilismo globale e gli stessi “padroni della bomba sono dei nichilisti in azione”: fino a quando padroni e vittime non troveranno un accordo per sopprimere “l’ordigno” capace di annientare l’umanità, il nichilismo di massa coinciderà sempre con l’annichilazione di massa.

Stefano Massini

Stefano Massini s’interroga sugli effetti della bomba

Stiamo passivamente assistendo a una escalation che ci avvicina alla guerra nucleare e il Ministero della difesa britannico ha annunciato che saranno forniti all’esercito ucraino “proiettili perforanti con uranio impoverito”. Interpellato da Repubblica, un portavoce del Ministero ha dichiarato che questi proiettili non sono ordigni nucleari e che “ricerche indipendenti di scienziati della Royal Society hanno stabilito che l’impatto dell’utilizzo di questi proiettili è probabilmente basso sia sulla salute personale che sull’ambiente”. C’è quindi da stare tranquilli, peccato che ci sia quel “probabilmente”. Questi proiettili, fabbricati dagli Stati Uniti negli anni Settanta con gli scarti del combustibile per le centrali atomiche, contengono uranio impoverito del 40 per cento meno radioattivo dell’uranio vero. La stessa Commissione europea ha affermato che l’esposizione è sotto i livelli tollerabili e l’utilizzo di tali proiettili non è vietato dalla comunità internazionale. Purtroppo la realtà è diversa, perché i proiettili sono stati usati nelle Guerre del Golfo del 1991 e del 2003, provocando nei soldati americani tumori, leucemie, aborti e altre malattie classificate come “sindrome del Golfo”. Gli stessi proiettili sono stati impiegati dalla Nato in Bosnia nel 1994/95 e in Kosovo nel 1999, causando sindromi misteriose e gravi malattie anche tra i militari del contingente italiano.

Torniamo allora ad affidarci al drammaturgo Stefano Massini che alla fine del 2022,

nell’inserto settimanale Robinson di Repubblica, s’interroga sulle ragioni del nostro silenzio e si rivolge a un ipotetico lettore: “Ti sei reso conto che potrebbero essere gli ultimi giorni dell’umanità? Te lo chiedo perché la sensazione è che nessuno di noi abbia afferrato il concetto”. Non ci sono più le oceaniche manifestazioni di protesta contro il nucleare di un tempo e, nonostante la situazione sia grave, siamo avvolti in una “narcosi” formata da un misto di fatalismo e rassegnazione. “Ma come si spiega che una molla di paura e rabbia non ci faccia venir voglia di urlare? […] Temo che in parte la risposta si annidi in un’incredibile forma di inflazionamento, per cui la morte è ormai diventata una convitata abituale dei nostri media”. Per Massini l’angoscia è diventata il nostro habitat naturale: la crisi ambientale con i relativi disastri climatici, la pandemia virale con milioni di morti, la crisi economica con il rincaro dei costi della vita sono diventati un quotidiano mantra collettivo e tutto è condizionato dalla “spietata legge dell’abitudine, nel tritacarne della comunicazione ci siamo paradossalmente assuefatti alla catastrofe, e non tremiamo più […], perché a forza di cataclismi ci siamo allenati a fare i conti con la Signora con la Falce […] Forse c’è la convinzione che siamo vegliati da un’entità benevola e protettrice, che mai e poi mai ci lascerebbe sprofondare nei crepacci della rovina […] Anni di evoluzione, anni di consapevolezze, anni di passi avanti nella tecnologia e nelle scienze, non permetteranno mai che la vita sulla terra sia ridotta in cenere. Quindi sonni tranquilli […] No, non c’è nessuna divinità laica che ci preservi dal gorgo della barbarie, se decide di scatenarsi. Siamo in balia di qualcosa di mostruoso, di proporzioni talmente grandi da sfuggire al setaccio del nostro radar condominiale, e reagiamo distogliendo lo sguardo, forzandoci a un sorriso esorcizzante. Ripeto: Ti sei reso conto che potrebbero essere gli ultimi giorni dell’umanità?”.

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