“La Marescialla d'Ancre” e le altre a Jesi


Alberto Pellegrino

12 Nov 2003 - Commenti classica

A partire dal 1995, il palcoscenico del Teatro Pergolesi si è ogni anno proposto come un grande laboratorio dove vengono restaurati i melodrammi di compositori marchigiani spesso dimenticati nel quadro di un Progetto di riscoperta della civiltà musicale marchigiana , che ha visto tornare alla luce una serie di opere (Teseo riconosciuto di Gaspare Spontini, Giulietta e Romeo di Nicola Vaccai, Il Prigionier Superbo e la Serva Padrona di Giovanni Battista Pergolesi, Ruy Blas di Filippo Marchetti, Ines di Castro di Giuseppe Persiani, Il Domino nero di Lauro Rossi (2001), Mirra di Domenico Alaleona) che rappresentano un notevole contributo, anche sotto il profilo discografico, alla conoscenza della storia musicale delle Marche.
La XXXVI Stagione lirica di Jesi si è aperta il 26 e 28 settembre con l'allestimento dell'opera La Marescialla d'Ancre, composta dall'operista Alessandro Nini (Fano 1805 – Bergamo 1880), il quale ha iniziato gli studi a Fano per poi proseguirli e concluderli presso il Liceo Musicale di Bologna. Nel 1830 Nini ricopre gli incarichi di maestro di cappella in Ancona e Montenovo, quindi si trasferisce a Pietroburgo dove dirige la Scuola di canto fino al 1837. Ritornato in Italia debutta come operista nel Teatro San Benedetto di Venezia con il melodramma Ida della Torre, nel 1840 va in scena con l'opera Cristina di Svezia su libretto di Salvatore Cammarano e Giovanni Sacchero. Quindi riprende la sua attività di maestro di cappella prima a Novara (1843), poi a Bergamo dal 1847 alla morte, impegnato anche come direttore dell'Istituto Musicale fino al 1875. Nini ha lasciato in tutto tredici opere liriche, una vasta produzione sacra, romanze per canto e pianoforte e la cantata I Crociati in Palestina per soprani, bassi e orchestra.
La Marescialla d'Ancre, che deve essere considerata il suo capolavoro, va in scena con successo nel 1839 presso il Teatro Nuovo di Padova. L'opera resta in cartellone fino al 1851 con oltre quindici allestimenti a Genova, Bergamo, Firenze, Roma, Torino, Venezia e Milano, mentre in Europa viene rappresentata a Zara, Barcellona, Lisbona e Oporto, per poi oltrepassare l'oceano e andare in scena a Rio de Janeiro (1850), Buenos Aires (1855) e Valparaiso (1857). Nella seconda metà dell'Ottocento il melodramma esce purtroppo dai cartelloni stagionali, soppiantata dal ciclone Donizetti e Verdi, per cadere progressivamente nel dimenticatoio, da cui l'ha ora strappata questa edizione jesina che è la prima rappresentazione mondiale in epoca contemporanea. L'opera, che presenta la liricità e la passionalità della stagione romantica, già dominata da Bellini e Donizetti, si fa apprezzare per una sua cantabilità e l'avvincente e drammatica connessione fra musica e avvenimenti, arrivando a punto di indubbio valore con la Cavatina Oh! vane pompe, la Romanza Chi ti ruba agli occhi miei, il Duetto di particolare bellezza Chi ti ruba agli occhi miei, il Quartetto Vedi, o Concini, il fato nel primo atto; il coro O luce, conforto ai mesti mortali, il Terzetto Ecco Isabella, apprestati, l'Aria O sogni miei di gloria, il Duetto Per trent'anni io ti cercai, il coro funebre Il perdono delle tue viscere e l'Aria finale Odi i supremi accenti nel secondo atto.
L'opera è stata interpretata con intensità e valore dal soprano Chiara Taigi (La Marescialla) e dal mezzosoprano Monica Minarelli (Isabella Monti), mentre nelle parti maschili si sono distinti il baritono Marzio Giossi (Michel Borgia), il basso Francesco Palmieri (il Conte di Luynes) e il tenore Maurizio Comencini (Concino Concini), bene il Coro Bellini diretto dal M Carlo Morganti e l'Orchestra Filarmonica Marchigiana diretta dal M Fabrizio Maria Carminati che ha voluto sottolineare la carica romantica dello spartito, abbandonandosi a qualche passaggio bandistico di troppo. La regia è stata affidata a Michele Mirabella che, pur rimanendo nella tradizione, ha puntato sulla drammaticità del melodramma connotata da forti sentimenti (odi, vendette, amori infelici, passioni e intrighi politici) e sottolineata da una gestualità tendente ad esternare (secondo una citazione ottocentesca) questa prorompente passionalità ; sulla stessa linea le scenografie di Paolo Calafiore che ha rispolverato le forti architetture gotiche così care ad Alessandro Sanquirico; eleganti e cromaticamente armonici i costumi di Paolo Rovati. Il libretto costituisce un'autentica sorpresa, perchè rappresenta l'unica incursione nel mondo della lirica di un giovane Giovanni Prati (1814-1884), un poeta destinato a diventare, insieme all'Aleardi, il maggiore esponente della seconda generazione romantica, come autore della novella in versi <i<Ermengarda e di alcune raccolte di liriche fra cui vanno segnalati i Canti lirici e i Canti per il popolo e ballate; in vecchiaia egli abbandona gli ardori patriottici e risorgimentali, per dare il meglio di sè nei poemetti Iside e Psiche, che precorrono per certi aspetti il simbolismo del Pascoli.
La storia è ambientata nella Parigi del primo Seicento, dopo la morte violenta di Enrico IV che ha lasciato sul trono il piccolo Luigi XIII. Il ruolo di reggente è svolto dalla madre Maria de' Medici, che affida il governo al suo favorito, il fiorentino Concino Concini (1575-1617) al cui fianco c'è la moglie Eleonora Galigai (la Marescialla). Nel 1617 finiscono entrambi giustiziati per ordine di Luigi XIII eseguito dal suo consigliere il conte De Luynes. In questo modo il re si riappropria del potere che gestirà , a partire dal 1624, avendo al fianco il cardinale Richelieu (che nella regia di Mirabella ha assistito impassibile alle vicende dal palco di proscenio del primo ordine).
Giovanni Prati, mescolando storia e fantasia, ha ambientato la vicenda a Parigi nel 1617, quando i congiurati si apprestano ad abbattere Concini; uno di questi, Michel Borgia, si appresta a vendicarsi dell'italiano che gli rapito la donna amata, Eleonora Luisa Galigai, a cui invia una lettera anonima per informarla del pericolo che corre. Intanto l'ebreo Armando l'Alchinista aderisce alla congiura, mentre nella sua casa entra Concini travestito da cantor italiano , essendosi invaghito di Isabella, moglie del Borgia. In realtà egli vuole scoprire le trame politiche del marito ed assiste ai tormenti di Isabella, che sospira d'amore ed è addolorata dall'idea che il marito abbia un'amante di cui ha trovato il ritratto. Quando la donna mostra il medaglione al Concini, questi scopre che si tratta della Marescialla, per cui in preda alla collera esaspera la gelosia di Isabella. Irrompono nella casa il Borgia e la Marescialla e le due coppie si affrontano sconvolte dall'odio, dalla gelosia e dall'opposta rivalità . Sopraggiungono anche i partigiani di Luigi XIII che fanno prigionieri di due Concini. Nella Bastiglia, dove è rinchiusa con i due piccoli figli, la donna sta meditando sulle sue sciagure, quando entrano nella cella il Borgia e Isabella, a cui la Marescialla raccomanda i due bambini, di fronte ai quali la rivale commossa dichiara che testimonierà a suo favore dinanzi ai giudici. Nel frattempo Concini viene liberato dai suoi partigiani, mentre de Luynes annuncia che il destino della Marescialla, accusata di arti magiche dinanzi all'Inquisizione, è ormai nelle mani di Luigi XIII. La Marescialla, trascinata dinanzi al tribunale, viene scagionata da Isabella, ma sopraggiunge un dispaccio del re con la sentenza che condanna a morte Elena Luisa Galigai. Nella via dove è stato assassinato Enrico IV, il Borgia si scontra con Concini che viene ucciso dal rivale. La Marescialla viene condotta al patibolo accompagnata dai figlioletti, al maggiore dei quali affida il compito di vendicarla.
Nabucco
La seconda opera in cartellone è stata il Nabucco, ormai un classico del repertorio verdiano che ha visto un'ottima prova del Coro Lirico Marchigiano Vincenzo Bellini diretto dal M Carlo Morganti, che ha assolto il ruolo fondamentale richiesto da questo melodramma dall'impostazione essenzialmente corale. Di buon livello anche la prova fornita dagli interpreti principali: il baritono coreano Ko Semg Hyuon (Nacuccodonosor), il soprano Lucia Mazzaria (Agigaille), il mezzosoprano Monica Minarelli (Fenena), il Basso Afredo Zanazzo (Zaccaria) e il tenore Stefano Consolini (Abdallo). Le storiche scene dell'inglese Peter Hall, pur suggestive nel loro insieme, si sono rivelate di dimensioni eccessive per il palcoscenico del Pergolesi con una inevitabile compressione degli spazi e uno risultato inferiore alle attese; al pari la regia del croato Petar Selem è apparsa abbastanza tradizionale pur nella precisa lettura la partitura verdiana, diretta con irruenza dal M Carlo Palleschi.
Madama Butterfly
Infine la terna operistica è stata completata con una bella edizione della Madama Butterfly di Puccini segnata dalla bella prova di canto del soprano di origine giapponese Mina Tasca che disegnato in maniera credibile e commovente il personaggio della protagonista, affiancata da un bravo Antonio Salvadori (Sharpless) e da un meno convincente Emil Ivanov (Pinkerton) rimasto abbastanza in superficie nel tratteggiare i passaggi salienti e caratterizzanti del suo personaggio. Buona la prova del Coro Bellini e dell'Orchestra Filarmonica Marchigiana diretta dal M Angelo Cavallaro. Una particolare segnalazione merita naturalmente la regia di Lindsay Kemp che non ha tradito le attese, fornendo un'interpretazione essenziale e poetica dell'intera opera caratterizzata dalle suggestive atmosfere marine e dalla particolare attenzione ai richiami propri dell'ambiente culturale giapponese come lui stesso ha affermato: tre sono gli elementi che, a mio giudizio, dominano Madama Butterfly: una storia d'amore commovente e melodrammatica, la sua ambientazione giapponese e il mare. Il mare, senza dubbio, trascende, connette e mescola culture differenti: è l'infinito, simbolo di libertà è l'estasi, è la morte. Per questo i marinai sono come angeli: figure umane da amare, un archetipo umano che combatte con il desiderio ardente di superare i propri limiti. Mio padre, il marinaio lontano che morì annegato Pinkerton, la sua libertà immatura che si impiglia tragicamente nell'amore Butterfly che si annega nella pazzia dell'isola della solitudine e il mare, una marea d'amore che si trascina verso due persone unendole, la distanza che subito le separa . Kemp ha messo questa sua lettura dell'opera al servizio della musica e della vicenda, senza stravolgimenti e manomissioni, ma puntando sulla poesia luminoso-cromatica, sulla delicatezza gestuale, sulla immersione in uno spazio terreste in costante simbiosi con il mare, il resto lo ha messo la musica di Puccini che, soprattutto nel secondo atto, tocca le corde più sensibili e segrete di chi si pone in ascolto.
(Alberto Pellegrino)


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