Intervista all’attrice Cinzia Monreale


di Francesca Bruni

13 Gen 2024 - Approfondimenti cinema, Interviste

L’attrice carismatica e icona del cinema di genere degli anni’80 Cinzia Monreale si racconta a Musiculturaonline in questa intervista rilasciata al telefono a Francesca Bruni.

(Le foto pubblicate sono state messe gentilmente a disposizione dall’intervistata o sono di pubblico dominio)

Cinzia Monreale, è un volto simbolo del cinema di genere degli anni Ottanta. Figlia d’arte, sua madre era cantante lirica, debutta nel cinema a 18 anni.

Le sue interpretazioni si alternano tra cinema e tv e lavora con grandi registi del calibro di Marco Ferreri, Dario Argento, Joe D’Amato, Lucio Fulci, Steno, Marco Risi…

La ricordiamo tutti nei ruoli di Anna in Buio omega di Joe D’Amato e Emily in …e tu vivrai nel terrore! – L’aldilà di Lucio Fulci.

Sarebbe riduttivo pensare solo ai suoi ruoli nel cinema horror; nella sua carriera ha affrontato, grazie alla sua capacità di interpretare, personaggi diversissimi tra loro.

Nella nutritissima lista di interpretazioni, tra cinema e televisione ricordiamo: Perdutamente tuo, mi firmo Macaluso fu Giuseppe (1976) e Per amore di Cesarina (1976) di Vittorio Sindoni, Quel movimento che mi piace tanto (1976) di Franco Rossetti, Bermude: la fossa maledetta (1978) di Tonino Ricci, Sella d’argento (1978) di Lucio Fulci, Buio Omega (1979) di Joe D’Amato, Piedone d’Egitto (1980) di Steno, …e tu vivrai nel terrore! – L’aldilà di Lucio Fulci(1981), Sotto il ristorante cinese (1986) di Bruno Bozzetto, Nel continente nero (1992) di Marco Risi, Diario di un vizio (1993) di Marco Ferreri, Casa Vianello (1992) – serie TV, La sindrome di Stendhal (1996) di Dario Argento, Festival (1996) di Pupi Avati, Caro maestro (1996) – serie TV, I.A.S. – Investigatore allo sbaraglio (1999) di Giorgio Molteni, L’accertamento (1999) di Lucio Lunerti, Turbo (1999) – serie TV, Ultimo stadio (2002) di Ivano De Matteo, Everybloody’s End (2019) di Claudio Lattanzi, ecc. ecc. 

L’INTERVISTA

D. Lei ha debuttato nel mondo del cinema molto giovane, mi può raccontare di questa sua prima esperienza e che impatto fu a livello personale?

R. Ero una ragazzina, avevo 18 anni quando ho incontrato Vittorio Sindoni con il quale ho lavorato molto nel corso degli anni. Il mio debutto con lui è stato in una commedia all’italiana con grandissimi attori come Luciano Salce, Stefano Satta Flores, Umberto Orsini, Leopoldo Trieste. Il film è “Perdutamente tuo, mi firmo Macaluso fu Giuseppe” e racconta il ritorno in Sicilia di un emigrato in Germania, un ingenuo operaio che vuole far vedere a tutti che ce l’ha fatta, sfoggiando un’auto di lusso, vantando cento milioni e cadendo nella rete di una famiglia di nobili decaduti. Si innamora della giovane contessa (il mio ruolo appunto), che è l’esca usata dalla famiglia per derubarlo di tutti i suoi averi. È una storia che mi ha toccato il cuore. Era il mio primo film e l’inizio di una grande amicizia con Sindoni.

Perdutamente tuo mi firmo Macaluso fu Giuseppe

D. La sua prima collaborazione con il maestro Lucio Fulci è stata nel film “Sella d’argento” del 1978 a fianco di Giuliano Gemma. Come è stato recitare con lui?

R. Quello con Lucio è stato un incontro importante, in un periodo incredibile della mia vita, ero appena diventata madre mentre avanzavo nella professione.  In “Sella d’argento” ho continuato in un certo senso i miei giochi di bambina quando facevo finta di essere Calamity Jane, con una colt, bambole e bambolotti.  Girare un film western è stato molto, molto divertente a fianco del mitico Giuliano Gemma. Giravamo nel deserto ad Almeria, nel sud della Spagna, dove Sergio Leone aveva fatto costruire un villaggio che è stato il set di tanti “spaghetti western”. Il cinema è un lavoro molto impegnativo, però con quel lato ludico che alleggerisce tutto, è un lavoro per nomadi di spirito, ci si sposta per il mondo così come nei ruoli, in personaggi che magari non ti somigliano, ma che diventano te che gli dai vita.

D. Ha interpretato più volte il ruolo di una morta. La ricordiamo, in “Buio Omega” di Joe D Amato e in “E tu vivrai nel terrore! L’aldilà” di Lucio Fulci, due facce diverse della stessa medaglia. Quanto è stato difficile immedesimarsi in tali ruoli?

R. Allora, Emily è un fantasma, agisce nella realtà della storia, come un angelo che cerca di salvare gli altri personaggi. Penso sia questo il motivo per cui il personaggio è così amato dal pubblico, Emily passa leggera, impalpabile attraverso la vita degli sventurati che arrivano in quell’hotel, cerca di metterle in guardia dalla ferocia che incombe. In “Buio Omega”, Anna è vittima della sua stessa esistenza, è morta di malattia e continua a vivere solo nel cuore del protagonista maschile. Quindi a livello interpretativo, l’impegno è stato decisamente minore rispetto a Emily che invece crea l’atmosfera di tutto il film, crea le situazioni, è lei che manda avanti il racconto.

D. Che caratteristiche avevano i due maestri sul set?

R. Erano due personalità molto differenti. In comune avevano la grande padronanza del set, il mestiere. Cresciuti sul set di altri maestri, sono entrambi rappresentanti dell’artigianato puro del cinema italiano. D’Amato era molto allegro, molto vivace, sorridente. Sembrava che niente fosse un problema per lui. Non ricordo di averlo mai visto arrabbiato. Lucio, che ho conosciuto più a fondo, (ho girato più di un film con lui) era una personalità più complessa, problematica.

D. Mi può raccontare qualche particolare aneddoto durante le riprese di “…e tu vivrai nel terrore! L’aldilà” e di “Buio Omega”?

R. “L’aldilà” è stato molto impegnativo, abbiamo girato sia negli studi a Roma della De Paolis sia in splendide ambientazioni a New Orleans. Io ero cieca, l’aneddoto è quello che non vedevo veramente niente, il truccatore mi inseriva le famose lenti bianche (lui solo aveva la ventosa per estrarle) e da quel momento non vedevo nulla, venivo portata dal camerino al set per mano.

D. È stata considerata il volto simbolo del cinema horror degli anni 80. Questa cosa la gratifica?

R. Si, certo che mi fa piacere. Anche se raramente sono soddisfatta di ciò che faccio.  Sono ipercritica nei confronti di me stessa, sono un giudice feroce. Penso sempre che avrei potuto fare meglio. Ma il personaggio di Emily ne “L’aldilà” mi ha impegnata molto e devo ammettere che la mia performance non mi è dispiaciuta, grazie a Fulci che è stato grandioso nel dirigermi.

D. Di tutt’altro genere è la sua partecipazione al film “Piedone d’Egitto” di Steno a fianco di Bud Spencer, è stato divertente vivere questa esperienza?

R. Questa è stata un’altra esperienza professionale giocosa e gioiosa sotto la direzione di Steno, maestro di Fulci. Di tutt’altro genere, sì, proprio qualche giorno fa sono stata invitata a una fiera di musica a Roma dove c’era anche la figlia di Bud Spencer di cui ho un piacevole ricordo.

D. Secondo lei, il cinema horror esiste ancora oppure è andato scomparendo?

R. Credo invece che vada sempre di più. I giovani si incontrano e dicono: “vediamoci un horror stasera”.

D. Com’è stata scelta dal regista Dario Argento per la pellicola “La Sindrome di Stendhal”?

R. Era il 1996, avevo già lavorato molto nell’horror prima di conoscere Dario, poi mi ha chiamata anche lui per un piccolo ruolo in quella interessante trama.

D. Ha avuto il privilegio di lavorare in televisione con Sandra Mondaini e Raimondo Vianello nella seria tv “Casa Vianello”, che emozioni ha provato nel lavorare al loro fianco?

R. Che fortuna che ho avuto! Era come conoscerli da sempre, Sandra e Raimondo sono stati tra i primi personaggi a popolare l’allora nascente TV ed io da bambina, mi divertivo molto con loro. Una fantastica coppia. Non sono più riuscita a vedere quell’episodio, non so come fare per rivederlo.

D. Parlando sempre degli anni ‘90, ha interpretato il ruolo di Francesca nel film “Nel continente nero” di Marco Risi del 1992, quanto è legata a questo ricordo?

R. Enormemente. Andai all’appuntamento con Marco Risi dopo una mattina a cavallo, vestita con camicia e pantaloni, struccata con i capelli pieni di vento. Credo di ricordare che Marco mi disse subito che il ruolo era mio. Quel personaggio femminile, Francesca, mi somiglia molto. L’amore per quel continente, lo specchiarsi in quella dimensione umana e ritrovarne le proprie origini, l’incanto del passato dell’umanità. Francesca era parte di quel luogo, affascinata dalla semplicità disarmante dei sorrisi della gente, al contrario degli altri loschi personaggi del film, avventurieri senza scrupoli. Mi era preso il “mal d’Africa”. Ci sono tornata tante volte per lunghi periodi anche con la mia famiglia.

Nel continente nero

D. Nel corso della sua lunga carriera se tornasse indietro rifarebbe tutto o rifiuterebbe qualche ruolo?

R. Rifarei quasi tutto, come nella vita del resto.  La mia vita è piena e intensa, fatta non solo di cose perfette, ma tante di queste sono stupende. Conosco solo una maniera per vivere, accettando quello che è stato. È la bellezza che ci salverà. Il cinema, il teatro, la pittura, il guardare sculture meravigliose.

D. Tra le innumerevoli fiction la ricordiamo in “Un posto al sole” ed “Incantesimo 10”, che dinamiche ci sono tra il recitare in televisione rispetto a quelle nel cinema?

R. Beh, nel caso di proprio “Un posto al sole”, e “Incantesimo”, stiamo parlando di due prodotti televisivi che all’epoca venivano girati quasi interamente in studio.  Niente viaggi e ritmo di lavoro serratissimo.

D. Con quale regista ha avuto più libertà di esprimersi?

R. Vediamo un po’. Con Marco Ferreri, ho girato “Diario di un vizio”.  Il personaggio era quello di una donna di una sensualità eterea, che vive in un mondo tra il reale ed il fantastico. Quando sono andata sul set mi sono trovata in una scenografia bellissima che ricordava un tempio. E Marco si è avvicinato appunto a me e a Jerry Calà e ci ha indicato a grandi linee quello che dovevamo fare nella scena ma ciò che è diventato un dialogo è stata un’improvvisazione, una scena nata lì sotto gli occhi di Ferreri. Più libera di così… Nel maggio scorso ho girato “Compulsion”, un thriller con il regista britannico Neil Marshall che uscirà. In questo cameo sono Madame Karmelina, una stravagante italiana che vive a Malta, in un palazzo dove si tiene un party equivoco, scena di efferati delitti. Marshall diceva che voleva girare un giallo all’italiana, alla Dario Argento in stile anni ’70, con l’assassino in guanti neri.  Anche qui come in “Diario di un vizio”, il mio personaggio dice delle cose che non sono scritte in sceneggiatura. Il regista vedendomi nei panni di Madame K come l’ha creata la costumista, in quel preciso contesto scenografico, mi ha fatto improvvisare delle battute mai scritte. Neil è stato il produttore di “Dark signal” un film del regista gallese Edward Evers-Swindell.Cercatelo, vedetelo e morirete di paura!

D. Nei vari ruoli che ha interpretato, quali si avvicinano di più alla sua personalità?

R. Come ho già detto, Francesca di “Nel Continente nero” è una donna che per tanti aspetti è simile a me. E poi, mi viene da dire Emily. Anche io sono una che non si fa gli affari suoi, sono molto nelle cose, attenta a ciò che mi circonda.

D. Le volevo chiedere che musica ascolta, le piace ascoltare?

R. La musica è parte integrante della mia vita. Amo quasi tutti i generi musicali, dal classico al pop, al jazz. Quand’ero piccola mia madre accendeva la radio, si sentivano i Platters, Mina, Sinatra…c’erano i Festival di Sanremo e poi le mie zie,  avevano i dischi dei Beatles, ballavo il twist alle loro feste … crescendo sono passata alle sonorità affascinanti, gigantesche della mia generazione, come i Pink Floyd, Doors, Bowie, Battisti e poi Pino Daniele, Prince, Tina Turner, Al Green che sono stati formativi per me insieme a Bach, Beethoven, Tchaikowscky, come nel cinema sono stata plasmata da Kubrick, Scola, Coppola, De Sica.

D. Che artisti le piacciono di pittura?

R. Dalla pittura rupestre a Caravaggio, arrivando al contemporaneo. Ho avuto la fortuna di incontrare Mario Schifano. Siamo diventati amici e devo dire che ha avuto una grande influenza sulla mia vita artistica. Fu lui a presentarmi Ferreri. Faccio parte del cast di “Mario Schifano Tutto” il film diretto da Luca Ronchi con Schifano stesso, Mick Jagger, Marianne Faithfull, Moravia, Keith Richard. Amo la sua pittura. Portavo mio figlio bambino a vedere la pop art di Mario Schifano, anni prima di conoscerlo personalmente.

D. La performance art, gli piace Marina Abramovic?

R. Si mi piace la sua performance art che si avvicina al teatro. È buttarsi tra le braccia del pubblico che ti accoglie e ti giudica. Come l’attore che fa un mestiere ad alta intensità, continuamente esposto… non è per tutti questo lavoro, ci vuole un grande equilibrio o meglio, bisogna continuamente ricercarlo.  Come nella vita, non si può rinunciare alle cose per paura ma neanche buttarsi in un burrone. Quindi trovare la giusta via, andare sempre un po’ oltre sé stessi e poi valutare quando è il momento di fermarsi

D. Che progetti ha per il futuro?

R. Sto scrivendo un reading per il teatro. Seguirà lo sviluppo di un cortometraggio, un progetto che avevo accantonato ma che ora urge essere portato a compimento.

Bene, ti ringrazio tantissimo per questa bellissima intervista molto intima.

Tag: , , , , ,

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *