Intervista all’attore Roberto Zibetti


di Francesca Bruni

15 Dic 2023 - Approfondimenti cinema, Interviste

Abbiamo raggiunto, con la nostra collaboratrice Francesca Bruni, telefonicamente, Roberto Zibetti che ci ha concesso questa bellissima intervista.

Roberto Zibetti è attore di origini statunitensi dal fascino ammaliante e dal talento innato; racconta per Musiculturaonline la sua brillante carriera tra cinema, teatro e televisione…

INTERVISTA

D. Quando ha scoperto che la recitazione avrebbe fatto parte della sua vita?

R. Abbastanza presto, in terza media. Durante il saggio di un laboratorio teatrale dovevo fare Pinocchio che prendeva vita uscendo da una scatola: mi divertii molto, giocando anche col pubblico, compagni e professori che erano seduti in sala. Poco dopo, sempre a Torino, al liceo, ho fatto il ruolo di Penteo nelle “Baccanti” di Euripide, in quel caso anche costruii le scene dello spettacolo: con l’aiuto di mio fratello Paolo, che ha un gran talento per la pittura costruii la facciata di un grande tempio greco in polistirolo. Lo spettacolo fu presentato anche al Caffè Pedrocchi di Padova, un bellissimo luogo neo-classico. Eccomi improvvisamente in tournée…molto eccitante…voilà, così nacque la passione.

D. Mi può raccontare del suo debutto nel mondo cinematografico?

R. Un piccolo ruolo in un film del 1993 intitolato “Nessuno”, di Francesco Calogero, girato a Messina. Curioso, quest’estate ho ricevuto il premio come miglior attore dal Reggio Calabria FilmFest per Il confessore, un cortometraggio di Filippo Pascuzzi.  Mi piace l’idea che tanto il primo film quanto il primo premio della mia carriera vengano, a distanza di 25 anni, dallo Stretto di Messina, un luogo così ricco di risonanze e significati.

Come protagonista debuttai poi l’anno successivo, in “Cronaca di un amore violato” di Giacomo Battiato, un film molto crudo sulla storia di un ragazzo che stupra la ragazza di cui è innamorato. Un film tragico e attualissimo, con Isabella Ferrari nel ruolo della ragazza. Fu un’esperienza molto tosta a livello psicologico. Prima di imparare il debito distacco rispetto ai personaggi che si interpretano, quando si è giovani ed impulsivi, si tende avere un percorso fin troppo identificativo. Diciamo che feci un sacco di brutti sogni! Ma solo prima di iniziare a girare; sul set mi resi subito conto che il nostro mestiere è soprattutto un fatto molto tecnico e, per quanto drammatico possa essere il racconto in questione, recitare rimane un gioco, pur molto serio.

Sul tema del femminicidio credo il nostro paese sia vittima di una sorta di schizofrenia: siamo un paese che si allarma, e giustamente s’indigna di fronte a quanto sta capitando ma che di fatto fatica ad avere un approccio esplicito e trasparente ai temi della sessualità: questa ipocrisia di stampo antico in un tempo fin troppo veloce e moderno genera a mio avviso importanti distorsioni sociali, di cui le devastanti tragedie a cui assistiamo in continuazione sono solo una delle conseguenze.

Bisogna secondo me essere consapevoli che l’umanità è fatta in parte di cose belle, e in parte (purtroppo molto) di cose brutte. Il nostro mestiere è particolarmente delicato perché come comunicatori abbiamo una grande responsabilità: al di là dei temi trattati (credo personalmente che tutti i temi siano leciti a priori) penso sia la qualità della scrittura, da cui discende anche quella dell’interpretazione attoriale, il miglior parametro di riferimento per procedere con la coscienza tranquilla. Come attori abbiamo la responsabilità e il privilegio di comunicare in maniera non superficiale: l’interpretazione di un ruolo dovrebbe sempre cercare di coprire al meglio tutti livelli, da quelli più esterni della cosiddetta maschera pubblica, comici o drammatici che siano, a quelli, più misteriosi e reconditi, dell’inconscio.

D. Ho notato che vive la celebrità in modo piuttosto discreto.

R. Oggi viviamo in una specie di grande Grande Fratello al cubo, il mondo è diventato davvero un enorme palcoscenico e personalmente mi rendo conto che certe leggi antiche del teatro diventano improvvisamente molto attuali, almeno per me. Mi riferisco alla distinzione precisa tra realtà e palcoscenico, che in teatro è evidente e chiarissima: per poter star bene sotto i riflettori della celebrità io sento il bisogno di un luogo intimo e protetto a cui tornare, diciamo un camerino dell’anima, dove nutrirmi di pensiero coerente, prendermi cura di me e mai smettere di allenarmi. Una visibilità fine a sé stessa, senza contenuti da comunicare, non mi attira granché, la trovo anzi faticosa da gestire, non saprei cosa dire onestamente.

Sono entusiasta del personaggio di Claudio Cecchetto, che ho appena finito di interpretare nella serie sugli 883 di Sidney Sibilia. Cecchetto è stato capace di unire enorme comunicatività e contenuti di grande qualità: è stato il primo a portare il pop mondiale nella nostra cultura radiofonica e televisiva, riscuotendo uno straordinario successo che dura ancora oggi. Il suo “Giocajouer” era d’altronde già perfetto per Tik Tok.

Bernardo Bertolucci, Liv Tyler e Roberto Zibetti sul set di “Io ballo da sola”, estate 1995

D. Lei ha lavorato con registi del calibro di Bernardo Bertolucci, precisamente nel film “Io ballo da sola”. Cosa ha significato per lei professionalmente vivere questa esperienza?

R. Che dire. Guardando indietro fu un vero privilegio, un enorme regalo. “Io Ballo da Sola” era veramente un pezzo di Hollywood atterrato in pieno Chianti, un incontro magico fra la nostra tradizione e quella anglosassone.

D. Nel film “Radiofreccia” di Luciano Ligabue interpreta Boris, un ragazzo cinico, senza scrupoli. È stato secondo lei un personaggio che in quel periodo professionale le calzava a pennello?

R. A dire il vero è un personaggio che mi calza a pennello anche oggi. Cinico sì, ma questo non vuol necessariamente dire senza scrupoli. Anche di Nicolò, il personaggio che interpreto in “Io Ballo da Sola”, spesso mi è stato detto: “Ah, quello stronzo!” Così un giorno, per curiosità, chiesi a Bernardo come l’avesse inteso quando lo scriveva. Mi rispose: “Perché stronzo? È un ragazzo, semmai un po’ farfallone!” Ecco, anche il Boris di “Radiofreccia” è solo un personaggio dal pensiero disincantato, pieno di quella spocchia un po’ irriverente e giudicante che (per fortuna) si ha spesso a vent’anni. Il suo è un modo di vedere le cose molto lucido, con qualcosa di punk. Non dimentichiamo che “Radiofreccia” è la storia di una società di provincia molto chiusa e asfittica, che non riesce in ultimo ad essere una buona società, se pensiamo, ad esempio, alla fine prematura che fa proprio il buon Freccia, il protagonista del film. Buffo, anche nella serie Hanno ucciso L’uomo ragno Claudio Cecchetto parla della provincia ai due giovanissimi 883, Max Pezzali e Mauro Repetto: “Ma perché vi ostinate a parlare della provincia? Guardate che anche io sono nato in provincia, della provincia non gliene frega niente a nessuno!” E invece poi le sue stesse parole sono smentite dall’enorme successo che gli 883 avranno di lì a poco. Nei primi anni Novanta con loro, e con lo stesso Ligabue, la provincia diventa protagonista e i suoi abitanti si identificano con le nuove storie in musica che la raccontano.

Roberto Zibetti in “Non ho sonno”

D. E della scelta del maestro Dario Argento per il ruolo di Lorenzo in “Non ho sonno”?

R. Lo incontrai negli uffici della Film Commission a Torino. Mi ricordo questi occhiali azzurrati, dietro cui sembrava proteggere la sua enorme sensibilità. Dario lavora sulle sue stesse fobie, indagandole attraverso il cinema. Alla fine del provino mi guardò sornione e mi disse: “fatti un giro da uno psicanalista”. Certo, si riferiva al personaggio, ma ho sempre pensato che l’invito sotto sotto fosse rivolto anche a me come persona. Conosci te stesso, disse qualcuno.

D. Inoltre, ha collaborato anche con il regista Marco Tullio Giordana, prima nel film” I cento passi”, e più di recente interpretando il protagonista Massimo Bossetti in “Yara”; a tal proposito, quanto è stato complicato interpretare un ruolo così scomodo?

R. Ho lavorato in modo molto tecnico, un percorso di approfondimento molto interessante, il personaggio ha un’emotività molto stratificata e particolare. C’era parecchio materiale online, quello di Bossetti è un personaggio che ha scosso l’immaginario collettivo e se ne trovano tracce dappertutto. Il mio lavoro non comporta un giudizio, l’indagine si ferma di fronte all’abisso del mistero umano. Non siamo magistrati, anche se il tribunale assomiglia al teatro e viceversa, viste le toghe, i ruoli, i rituali. D’altronde Amleto dice chiaramente: “Il teatro, ecco il luogo dove prenderò in trappola la coscienza del re!» Ad un attore però, contrariamente a quanto avviene per un magistrato, non è richiesto un giudizio nei confronti dei suoi personaggi, solo grande compassione.

Roberto Zibetti in “Yara”

D. Fra i vari registi importanti con cui ha collaborato con chi ha avuto maggiore affinità?

R. Direi Bernardo Bertolucci. “Io Ballo da Solaˮ era un’acuta riflessione sul concetto di Arcadia, un concetto che ci viene dalla cultura rinascimentale e che trovo molto importante, specie oggi: la cultura e l’arte come strumenti di riposo dello spirito e dunque di pace. In cucina, ho una sua foto dentro una cornice dorata, con un grande cappello cinese, sul set de “L’Ultimo Imperatore”. Mi manca non poter più andare a trovarlo: anche se capitava raramente, era ogni volta illuminante.

D. Nelle sue innumerevoli apparizioni in molte “fiction” televisive ha riscontrato differenze tra il fare cinema e televisione?

R. Per me l’atto di recitare è sempre lo stesso, sia che avvenga su un set cinematografico o televisivo, o su un palcoscenico. La differenza sta semmai nel tempo che hai a disposizione, perché in televisione le cose vanno ben più veloce e spesso questo le rende più difficili. Ma le serie con molti episodi offrono d’altro canto il vantaggio, una volta creato il personaggio, di potersi divertire ad esplorarlo a fondo, come se potessi girare tre o quattro film in una volta sola.

D. Nella sua brillante carriera, noto che lei ha interpretato spesse volte il ruolo del “cattivo”. È più difficile, a suo parere, recitare parti del genere?

R. Più complesso sì, più difficile non saprei. Per fare un paragone musicale, una volta che sai suonare il tuo strumento non c’è veramente una musica più facile o più difficile da eseguire correttamente. Per esempio, certi temi di Mozart sembrano leggerissimi, ma eseguirli con la grazia quasi infantile che esprimono può non essere per nulla facile.

D. Pensa che fare Arte possa aiutare a conoscere sé stessi?

R. Ne sono particolarmente convinto, fare arte ed esprimersi creativamente è molto importante. In un’epoca di grande omologazione come la nostra credo anche che aiuti a sviluppare una certa responsabilità morale individuale, una pianta rara che rischia l’estinzione.

D. Nella sua vita cosa avrebbe fatto se non fosse diventato attore?

R. Il regista di documentari sugli animali. Mi divertono un sacco, gli animali, sono degli attori straordinari. Bambini e animali sono grandissimi attori naturali. O il paesaggista, perché mi piace molto occuparmi delle piante.

D. Altra sua passione è il teatro, è stato amore a prima vista?

R. Sì, il palcoscenico è lo specchio incantato della realtà. Come si fa a non amarlo?

D. Anche la sua esperienza come regista teatrale è altrettanto ricca di soddisfazioni?

R. La regia teatrale è un’arte davvero complessa. Mettere in scena un autore per me è ogni volta un viaggio di formazione. Devo moltissimo, in termini di crescita personale, ad Aldous Huxley, J.D. Salinger, Natalia Ginzburg, Torquato Tasso, Dante e gli altri scrittori con cui mi sono confrontato.

D. A quale progetto sta attualmente lavorando per il 2024?

R. Sto preparando una versione in francese del primo canto della “Divina Commedia” da farsi a Parigi.

D. A questo punto le faccio una domanda aggiuntiva. Che musica le piace ascoltare?

R. Ascolto di tutto. Sono un vero onnivoro musicale. Ad esempio, prima di iniziare la serie “Hanno ucciso l’uomo ragno” conoscevo poco gli 883, ora mi piacciono un sacco, specie i remix. In generale passo molto liberamente da un genere all’altro, dal reggae alla classica, dal pop al soul, al R&B, dal jazz ai cantautori, fino alla techno e all’elettronica, e mi piace scoprire musica nuova, purché sia bella musica, italiana o straniera senza troppe preferenze.

Le domande sono terminate, la ringrazio tantissimo per la bellissima intervista che mi ha concesso.

Grazie a te e al magazine. Buon Natale e buon 2024!

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