Guido Giannini fotografo napoletano


di Alberto Pellegrino

26 Apr 2023 - Arti Visive, Libri

Il fotografo Guido Giannini è l’occhio poetico e ironico della sua Napoli.

Guido Giannini

Guido Giannini è un fotografo napoletano di 93 anni, che ha cominciato a fotografare alla fine degli anni Cinquanta e non ha mai smesso di raccontare la sua città. Ha collaborato con importanti giornali come Il Mondo di Pannunzio, L’Unità, Il Manifesto, La Repubblica. Ha pubblicato numerosi volumi fotografici e ha tenuto mostre in molte città italiane e in diverse città straniere. Questo autore è entrato a far parte con le sue immagini della eccezionale tradizione culturale della Napoli tra Ottocento e Novecento, che ha donato all’Italia e al mondo Salvatore Di Giacomo e la grande canzone napoletana, il mondo di Matilde Serao e i “misteri” di Francesco Mastriani, il teatro di Scarpetta e di Eduardo, i racconti di Giuseppe Marotta e Ermanno Rea, Totò, Mario Martone e tutta la produzione teatrale e cinematografica napoletana.

Riteniamo che Giannini sia un grande fotografo di strada nel senso più nobile di questa accezione, anche se lui ama definirsi un “fotoreporter per vocazione”, ma preferiamo “fotografo di strada”, perché Giannini è l’occhio poetico, ironico, svagato, appassionato di Napoli, di quella città che da oltre settant’anni ha sempre e solo fotografato in tutti i suoi aspetti sentimentali, antropologici, sociologici, architettonici, religiosi, artistici, con una immediatezza e una partecipazione che può avere solo un autore che è sempre vissuto in mezzo alla gente.

Due piccoli capolavori

Soprattutto in Luoghi d’autore (1995) e Fotografo per vocazione (2010), le sue immagini racchiudono e raccontano l’anima di una città “magica” con le sue bellezze e le sue storture, la continua dicotomia tra miseria e nobiltà, il fascino straordinario dei suoi panorami, l’intreccio dei vicoli e le ombre dei cortili, le celebri strade e le piazze con i loro monumenti, le chiese e i palazzi nobiliari (il più famoso è Palazzo San Felice alla Sanità), i parchi pubblici e le ville con gli scorci dei loro misteriosi giardini, le bancarelle di frutta e ortaggi, modeste botteghe e lo scintillio dei quartieri nuovi. Giannini è l’interprete di una storia secolare e ancora attuale, perché riesce a trasmettere in modo naturale la poesia quotidiana della gente che anima tutti questi luoghi: intellettuali e barboni, ragazzi e anziani, uomini e donne maturi, musicisti di strada e fotografi ambulanti, coppie d’innamorati che si baciano per le strade.

Vi sono poi momenti in cui la fotografia diventa introspezione metalinguistica, metafora iconica, inquadratura concettuale: il contrasto ricchezza/povertà con il barbone che dorme sulla soglia di un hotel con la saracinesca sbarrata o sullo scalino di un negozio alla moda; l’amara ironia di due manifesti che celebrano la storia del partito comunista e la commemorazione dei defunti; una sedia vuota sulla riva di fronte alla spazio infinito del mare, quasi una citazione da Mimmo Jodice o Luigi Ghirri.

Racconti fotografici a tema

Giannini ha anche pubblicato reportage “tema” (Letture, 2007), dove l’immagine diventa racconto legato da un filo conduttore di persone immerse nella lettura, a dimostrazione di quanto la cultura faccia intimamente parte di una città che ha consegnato un enorme patrimonio, letterario, teatrale e artistico a tutto il Paese. Leggono bambini e anziani, nonni e nipoti, persone sole o coppie d’innamorati, suore e sacerdoti. Ogni spazio urbano diventa un luogo deputato per leggere libri e quotidiani: i “classici” tavolini dei caffè, le soglie delle case e i marciapiedi, gli scalini delle chiese e dei monumenti, la tolda di una nave o uno scompartimento ferroviario, una spiaggia o una fontana, una biblioteca e lo studio di un intellettuale, venditori ambulanti e barboni; c’è persino un’autocitazione con una bella ragazza che legge Luoghi d’autore seduta su una panchina. Altri “classici” luoghi deputati sono le librerie e le bellissime, numerose bancarelle di libri, dove il sapere si deposita e si offre ai passanti lungo le strade.

Poesia della strada e ironia tornano a mescolarsi nel gustoso libretto Buon appetito (2018) che riunisce immagini scattate tra il 1959 e il 2017, un foto-racconto popolare divertente e divertito, appassionato e nostalgico che ha ancora per protagonista una Napoli che in grande parte non esiste più. Il tema è il cibo consumato “plein aire” per le strade, le piazze e i parchi; sui gradini dei monumenti e sui marciapiedi; all’aperto davanti a osterie dal sapore antico: è sempre presente un popolo variopinto e variegato di famiglie in “canotta” che mangiano nella spiaggia di Pozzuoli, di giovani studenti e operai, di turisti ed emigranti, di sofisticate signore e di popolane, di mendicanti o posteggiatori che hanno “apparecchiato” il loro umile pranzo tra le automobili. Una Napoli antica e sempre nuova, dove si consuma la pizza sotto fantastici cartelli indicatori come “Vico del fico, Al Purgatorio, Vicolo d’arte, Vico delle bici” oppure locali dai mitici nomi; Pizzeria d’e Figliole, Zia Esterina Sorbillo. Antica pizza fritta, Ciccio. Cielo mare terra.

Rom

Giannini nell’aprile 2023 ha pubblicato per Langella Edizioni di Napoli una “brochure” intitolata Rom, una preziosa edizione numerata impressa con caratteri Bodoni e su carta Amalfi di Amatruda dai torchi dell’antica Tipografia Mirate operante dal 1785. Una presentazione di Moni Ovadia, La verità dell’immagine, accompagna le sei fotografie firmate dall’autore che fanno parte di fotoreportage del 1979 dedicato alla popolazione rom portatrice di una storia e di una cultura millenarie e formata da “persone ospitali – dice Giannini – che appartengono a un popolo che ho sempre ammirato, l’unico al mondo a non aver mai fatto una guerra”.

L’autore ripropone queste immagini, perché è “tuttora convinto che l’arte sia uno strumento fondamentale per combattere i luoghi comuni e i radicati pregiudizi che purtroppo sopravvivono contro il popolo Rom”.  Le sei fotografie sono state scelte con cura e, nonostante il loro numero esiguo, riescono a comunicare un mondo ormai “antico” eppure ancora presente nella nostra storia, proprio per quella capacità di sintesi che appartiene alla comunicazione fotografica.

Questo percorso inizia con le immagini di cinque bambini sorridenti che fissano l’obiettivo con stupore e un pizzico di timore; poi c’è una famiglia con padre, madre, una figlia e un figlio; tre immagini sono dedicate a un matrimonio con gli sposi e un musicista con tanto di violino e l’archetto che attraversa parte dell’inquadratura come a segnare come la musica sia parte integrante di questo rito rom; segue la classica foto di famiglia con la sposa (lei molto bella con velo e abito bianco) e lo sposo tra due componente femminili della famiglia; infine il banchetto di nozze ripreso dalla parte degli uomini e dei bambini che guardano dentro l’obiettivo tra il soddisfatto e l’incuriosito. Il racconto si conclude con il ritratto in primo piano di un’affascinante e sorridente ragazza rom che tiene in braccio il suo piccolo dagli occhi azzurri, il quale guarda un po’ smarrito “l’occhio” della strana macchina che lo sta fissando. Sullo sfondo i palazzoni delle Vele ricordano una realtà ben diversa rispetto a quella serena bellezza. Moni Ovadia scrive che le immagini di Giannini ci fanno scoprire un mondo e una gente, la quale ci fa ricordare con questi sguardi che apparteniamo alla stessa umanità, in fondo una verità semplice da capire, una verità che diventa commovente sui volti e sugli sguardi dei bambini: “Solo le grandi fotografie – dice Ovadia – rendono eterno un accadimento, un’identità, una personalità ed è per questa intrinseca capacità che gli artisti della fotografia supereranno ogni trasformazione tecnologica per dare futuro al vero e all’autentico”.

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