"From Hell": la recensione e gli approfondimenti


di Manuel Caprari e altri

11 Ago 2013 - Senza categoria

Cinema: Recensioni

La schedadi
Manuel Caprari

La Vera Storia Di Jack Lo Squartatore
Titolo originale: ( From Hell, USA 2001)
Distribuzione: 20th Century Fox
Sceneggiatura: Terry Hayes, Rafael Yglesias
Regia: Albert & Allen Hughes
Musiche: Trevor Jones, Marilym Manson
Montaggio: Joanna Page
Cast: Johnny Depp, Ether Graham, Ian Holm
Durata: 137'

Nei confronti di un film come From Hell – stupidamente reintitolato La Vera Storia di Jack Lo Squartatore, titolo chilometrico e fuorviante- si rischia di essere ingenerosi. Perchè trattasi di operazione talmente superflua da far passare in secondo piano i pregi della realizzazione. Prima di tutto c'è da chiedersi a chi serve, oggi, sentirsi raccontare per l'ennesima volta la storia di Jack lo Squartatore in maniera così pedissequa, rispolverando le solite teorie, ormai trite e ritrite, sulla possibile identità dell'assassino e sul perchè non ne siamo mai venuti a conoscenza, magari giusto
rimpastandole un po'; e con uno stile visivo, poi, che è sì efficace, almeno a tratti, ma che sembra un 'accozzaglia di luoghi comuni di certo cinema del decennio appena trascorso, in una specie di post- moderno del post-moderno che non riflette su se stesso ma si divora da solo. Il risultato è che si è scomodato il caro vecchio Jack per confezionare l'ennesimo film sui serial killer, che negli anni '90 si sono riprodotti come conigli dopo che Demme con l'eccellente Il Silenzio Degli Innocenti aprì la strada a tutti e Fincher con l'ottimo Seven ne fissò gran parte dei canoni estetici. Senza considerare che Johnny Depp è sempre più identico a se stesso (le parti che continuano ad assegnargli non lo aiutano di certo a rinnovarsi ), e, quel che è peggio, sempre più monoespressivo. Anche l'occasione, tra l'altro apparentemente ricercata, di usare la figura del serial killer come alibi o fulcro di una ricostruzione d'epoca sembra centrata solo in minima parte. Tanto per fare un
esempio: i delitti di Jack lo Squartatore sono stati anche il primo grande caso “mediatico” ( o perlomeno il più grande fino a quel momento) della storia: i giornali hanno svolto un ruolo importantissimo nel seminare il panico e creare un mito; ma la
cosa nel film è appena accennata. Il film poi si apre con la frase con cui Jack lo Squartatore si attribuiva un ruolo di precursore dei tempi: con queste premesse era lecito aspettarsi dei parallelismi tra la vicenda narrata e gli aspetti più tragici del Novecento; cosa che, invece, bisogna andare a cercare col lanternino e una buona dose di fantasia. Di fronte a tanto spreco, dicevamo, si rischia di essere ingenerosi. Si rischia di tapparsi gli occhi e rifiutare di lasciarsi affascinare dal taglio nervoso, violento e fumettistico del film , tra l'altro anche piuttosto sanguinolento per la media del thriller-horror degli ultimi anni. E chissà se quello che ci rende così poco soddisfatti alla fine non siano tanto i motivi citati sopra, quanto il semplice fatto che il ritmo cruento e indiavolato con cui il film inizia rallenta inesorabilmente in seguito, imbrigliato nello sviluppo della trama poliziesca, nella prevedibilità dei colpi di scena e nell'inutile prolissità del finale.
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La scheda di
Simone Godano (Fonte: Film.it)

Londra, fine ottocento, quartiere di Whitechapel, ghetto malfamato, l'inferno della città . Cinque poverissime prostitute, legatissime fra loro, vivono ai margini della società , lottando ogni giorno per la sopravivenza. Non posseggono nulla, eccetto il loro corpo, grazie al quale riescono a guadagnare dei soldi per vivere. A rovinare la loro vita uno spietato omicida, che la stampa del tempo chiamerà Jack Lo Squartatore, folle assassino la cui identità non è mai stata scoperta, che inizia a perseguitarle. A difendere le cinque donne giunge da un posto molto lontano l'investigatore Abberline ( Johnny Depp), un uomo tormentato dal passato che cura il sua animo ferito con l'oppio. Diffidenti nei confronti dell'investigatore e del suo fidato assistente, le cinque donne si avvicinano ad Abberline quando la situazione inizia a diventare drammatica. In maniera particolare Mary Kelly ( Heather Graham) che inizialmente teme che Abberline voglia solamente sfruttarla; poi tra loro si insatura un rapporto profondo che solo la follia dell'assassino potrà spezzare.
“From Hell” è una pellicola che indaga sui misteri intorno alla figura di Jack Lo Squartatore. Personaggio mai arrestato, mai identificato, si pensa possa essere anche frutto dell'immaginazione della stampa dell'epoca, ma anche di un complotto che vede tra i suoi protagonisti “rispettabili” e ricche persone legate alla Corona.
Girato a Praga dai due fratelli gemelli Hughes, il film fornisce una significativa interpretazione degli aspetti psicologici della leggenda, purtroppo diventata col tempo affascinante, di Jack Lo Squartatore. I registi ci presentano come loro solito un mondo povero, violento, corrotto. Il punto di vista non è più quello dell'alta borghesia, come avevano fatto i precedenti film sull'argomento, ma quello di cinque prostitute e un visionario investigatore dipendente dall'oppio, circondati da criminali, spacciatori e alcolizzati.
L'atmosfera ricreata nella magica città ceca è inquietante. Le strade, per lo più ricostruite, sono costantemente avvolte dalla tipica nebbiolina londinese, i colori dominanti sono cupi e tetri, la tensione e il nervosismo contagiano tutti, sia gli spettatori che i protagonisti della leggenda.
“From Hell”, che prende il titolo dall'indirizzo scritto su una lettera da Jack Lo Squartatore, è un film riuscito, spettacolare, ma che non ricerca uno stile puramente commerciale. E'un film lungo, anche se non ti accorgi della sua durata. E' un film che indaga su certi misteriosi omicidi avvenuti nel lontano 1888, ma che non svela niente. E' un film che racconta la storia di un qualcuno che incarna la paura e il male, ma che probabilmente non è mai esistito. Forse ci dice questo. E ci dice anche che “ per molti anni le vittime di Jack Lo Squartatore non sono mai state importanti. Noi abbiamo voluto dare loro una vita, uno spessore umano. Non sono morte per caso. Erano esseri umani”. Ma questo ce lo dicono i fratelli Hughes.

(Fonte: Film.it)
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JHONNY DEPP
di Alessandra Taddei (film.it)

Johnny be good, fai il bravo Johnny. Questo è probabilmente il mantra scaramantico della minuta Vanessa Paradis, attuale fidanzata di Johnny Depp e madre della piccola Lily-Rose Melody Depp, nata nel maggio del ‘99. Lunga è in effetti la scia di amori che il bel Johnny si è lasciato alle spalle; e di uno, quello per Wynona Ryder, gli è rimasto un ricordo parzialmente indelebile, il tatuaggio a forma di cuore che ancora gli segna l'avambraccio destro. Dopo Vanessa e Lili-Rose, Johnny giura che la lista di ex fidanzate illustri non si allungherà ancora, ma come credergli fino in fondo, visto che il turbinio della sua vita privata ha finora concorso non poco a fargli guadagnare notorietà e successo: è stato fidanzato con Sherilyn Fenn e con Jennifer Grey, ha avuto una relazione di cinque anni con la tormentata top model Kate Moss, a venti anni è stato sposato con la musicista Lori Anderson. E fu lei a presentare Nicholas Cage al giovane Johnny, giunto a Los Angeles dalla Florida deciso a sfondare come rock star. L'agente di Cage gli procurò il ruolo di Glen, lo sfortunato giovanotto che finisce… divorato da un letto in “Nightmare – Dal profondo della notte” di Wes Craven, ossia la prima, gloriosa apparizione del memorabile Freddy Krueger negli incubi di tutti gli adolescenti. Il destino di Depp è segnato: accantonata la musica per il cinema, Johnny sopravvive a quattro anni di televisione, interpreta il teppistello dal cuore d'oro nel musical parodistico “Cry Baby” di John Waters e finalmente approda, nel 1990, ad “Edward mani di forbice”, la triste storia del freak dolce ed oscuro che la colorata provincia americana non può che rifiutare con violenza. Il successo del film proietta sia lui che il regista, Tim Burton, nell'olimpo delle celebrità che possono permettersi anche scelte difficili: nel ruolo di Edward è infatti già preconizzato il conclamato amore di Depp per i deboli, i perdenti, le voci fuori dal coro, un amore mai più rinnegato. Continua la sua vita allegramente dissipata fra risse e party selvaggi organizzati nel suo malfamato locale, il Viper Club di Los Angeles, (di fronte al quale, nel 1993, morì di overdose River Phenix) e si conquista un'aura da ultimo dei ribelli, paragonato a James Dean e a Marlon Brando, perseguendo le sue scelte artistiche fortunatamente non convenzionali. E' Axel in “Arizona Dream” di Kusturica, un complesso affresco di simboli sulla provincia americana distribuito solo nel 1996, quattro anni dopo la sua effettiva realizzazione. Viene diretto da Lasse Hallstrőm nel suo film più ispirato, “Buon compleanno Mr Grape”, in cui rifulge (e non era certo un'impresa facile) come fratello maggiore di un ragazzino handicappato incarnato da un giovanissimo Di Caprio. Nel 1994 torna a lavorare con Tim Burton in “Ed Wood”: Depp si cala nei panni, all'occorrenza anche di foggia femminile, del regista fino a quel momento più sconosciuto di Hollywood, un sognatore che non ha mai accettato di piegarsi di fronte alla dura realtà e che il film di Burton ha trasformato in un noto autore di B-movies. L'anno dopo, Depp viene diretto dal grande Jim Jarmush in uno dei suoi film più cupi, “Dead Man”, ed ha così la fortuna di essere l'insolito protagonista dell'ultimo dei western, la storia di un commesso viaggiatore che attraversa tetre lande innevate, inseguito dai banditi più abbietti che si siano mai visti e destinato a morte certa da una pallottola che si porta dentro. Il film di Jarmush è una vera e propria lapide posta sul genere, e Depp lo sottolinea con la sua angelicità , dando vita ad un personaggio completamente estraneo alla ruvida epica della frontiera. L'anno successivo, Depp sceglie per la sua prima regia “Il coraggioso” la storia di un mezzosangue che finisce in uno snuff movie, un'immersione verso il fondo dello squallore nato dall'esclusione razziale, tema questo che accalora sempre Depp, il quale ha sangue Cherokee nelle vene. Nel geniale “Paura e delirio a Las Vegas” di Terry Gilliam appare invece grottescamente imbruttito, con occhialoni e capelli diradati, giornalista on the road dedito alle pratiche drogastiche più deliranti, affiancato da un Benicio del Toro ingrassato, anch'egli pressochè irriconoscibile.
E, dopo Ichabod Crane, il poliziotto di “Sleepy Hollow”, ancora con il mentore Tim Burton, Depp ha scelto due personaggi diversi ma accomunati proprio dalla passione per la droga: cocaina in “Blow”, la storia di uno dei trafficanti più noti di tutti i tempi; oppio in “From Hell”, in cui è un investigatore sulle tracce di Jack lo squartatore.
E così, gentile ma inesorabilmente attratto dall'oscurità , prima scatenato cultore di mille stravizi adesso compìto padre di famiglia che si concede solo qualche sigaretta ed un po' di vino, Johnny Depp continua ad infondere nei suoi personaggi un'ambigua, affascinante mistura di ingenuità e profonda conoscenza della vita, rendendoli sempre riconoscibili e, probabilmente, simili a sè.

(fonte: Film.it)
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JACK LO SQUARTATORE AL CINEMA

di Adriano Ercolani (film.it)

JACK LO SQUARTATORE AL CINEMA DA ALFRED HITCHCOCK A LUCIO FULCI
“From Hell” (questo il titolo originale dell'opera dei fratelli Hughes), interpretato da Johnny Depp ed Heather Graham, ripropone una figura mitica dell'immaginario orrorifico di ogni tempo, quella del famigerato Jack lo Squartatore. Le macabre vicende dell'assassino di prostitute nella Londra vittoriana sono state trasposte più volte per il grande schermo, seppur spesso in maniera discontinua e non sempre fedele e pertinente ai reali fatti storici; spesso infatti questo archetipo dei moderni serial-killers è diventato protagonista di vicende assurde o completamente implausibili. La storia di “Jack the Ripper” al cinema ha però un padre illustre e diventato poi uno dei grandi maestri della “settima arte”: il primo a dirigere una pellicola sull'argomento è infatti stato infatti Alfred Hitchcock, che nel 1926 portò nelle sale “The Lodger”. Da allora però questo personaggio è stato relegato all'interno della produzione “horror” più disparata, un filone che da sempre è stato considerato all'interno dell'industria mainstream come un prodotto di serie B. Mentre ad esempio la doppia figura del Dottor Jeckill e di Mister Hyde -probabilmente per il fatto di essere frutto della fantasia letteraria di Stevenson- hanno trovato, soprattutto negli anni '30, registi illustri e sopratutto grandi attori come Fredrich March e Spencer Tracy, Jack lo Squartatore non ha goduto di una simile popolarità e di tal blasone: ciò probabilmente è dovuto al fatto che la sua vicenda e soprattutto la sua identità non è stata mai scoperta del tutto, lasciando un alone di buio e di insicurezza che mal si addice alla necessità del cinema di proporre personaggi chiari e coerenti, anche se negativi. In tutto i film che lo hanno avuto per protagonista sono stati in tutto circa quaranta: si va dal “Phantom Friend” (1932) di Maurice Elvey a “Una Mano Nell'Ombra” (1954) di Hugo Fregonese, con Jack Palance. A parte qualche sporadico caso, quasi nessuno dei film che hanno avuto a che fare con questo personaggio sono diventate opere memorabili sia sotto il profilo estetico che sotto quello del consenso del pubblico. Nel 1979 esce invece quello che probabilmente è il film più riuscito ed allo stesso tempo divertente su Jack lo Squartatore: “L'Uomo Venuto dall'Impossibile” di Nicholas Meyer, interpretato da un tris di attori d'eccezione come Malcolm McDowell, David Warner e Mary Steenburgen: la storia narra il duello tra il perfido assassino e…lo scrittore H.G.Wells, a colpi di battaglie attraverso le epoche, grazie ad una macchina del tempo che trasporta i duellanti ovunque essi vogliano! Il film, peraltro piuttosto originale e bizzarro, ottenne il Gran Prix al Festival Fantastico di Avoriaz. Altro incontro stravagante effettuato dallo squartatore è stato quello proprio col dottor Jeckyll nel poco riuscito “Dr. Jeckyll e Mr.Hyde sull'Orlo della Follia” (1989), interpretato dal pur bravo Anthony Perkins e diretto dallo sconosciuto Gerard Kikoine. In altre due occasioni sulle tracce del maniaco si è messo addirittura Sherlock Holmes, ma di queste due pellicole preferiamo ricordare soltanto la seconda, il bel “Assassinio su Commissione” (1979) di Bob Clark, con i grandi Christopher Plummer e James Mason come protagonisti. Le avventure sanguinarie dell'omicida hanno poi ispirato pellicoledi genere più scabroso: il sottotesto morboso delle vicende del pazzo ha portato poi a numerose pellicole di stampo fortemente erotico, come ad esempio “Erotico Profondo” (1976) di Jesus Franco, con l'icona trasgressiva di Klaus Kinski ad interpretare l'assassino. Oltre che molti film sulla sua figura, il mitico Jack ha poi suscitato una serie di pellicole di basso costo in cui tremendi maniaci omicidi uccidevano le loro vittime rifacendosi direttamente ai metodi dell'originale: il film che ci sembra più doveroso citare è senza dubbio “Lo Squartatore di New York” (1982) di Lucio Fulci, grande e compianto “maestro artigiano” della nostra più fulgida stagione dell'horror.

(fonte: Film.it)
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EDDIE CAMPBELL

di Francesco Pisaniello (Film.it)

Intervista col disegnatore scozzese del personaggio del film

Disegnatore quarantaseienne, Eddie Campbell nasce in Scozia nel 1955 ed inizia a lavorare a metà degli anni '70 per le piccole fanzine britanniche. Le sue collaborazioni più importanti arrivano quando, nel 1983 inizia a lavorare per la Escape, di Paul Gravett, dove crea e pubblica “Alec MacGarry”, un fumetto autobiografico con protagonista un giovane scozzese.
Ci dedica anima e corpo, testi e disegni, fino a quando si trasferisce in Australia.
E' di quel periodo il pluriosannato “Bacchus” (in origine “Deadface”), dedicato ad alcune divinità greche alle prese con i nostri tormentati tempi. “Bacchus” passa di casa editrice in casa editrice fino ad approdare definitivamente nella fondata Eddie Campbell Comics. Con questa nuova marcia porta avanti le sue serie e nel 1988 passa alla rivista horror “Taboo” di Steve Bissette.
Insieme ad Alan Moore da via al suo fumetto più famoso, “From Hell”, che vive una stentata esistenza fino al 1999, periodo in cui la Eddie Campbell Comics riunisce i sei capitoli già pubblicati in eleganti volumi. L'ultimo uscito di questa fortunata serie è il numero quattro. A partire dal 21 dicembre vedremo anche in Italia la versione cinematografica, dei fratelli Huges, con Johnny Depp e Heather Graham. Durante il tour pubblicitario per annunciare l'imminente uscita nelle sale del tenebroso film su From Hell, in Italia rinominato “La vera storia di Jack lo Squartatore” Eddie Campbell si è fermato a Romics per celebrare il suo Romics d'Oro 2001.

Cosa può dirci sulla trasposizione sul grande schermo di “From Hell”?

E.C.: “Credo che la sua realizzazione e la sua regolarità siano state le cose più difficili da portare avanti. Pensate che durante i dieci anni di pubblicazioni sono fallite ben tre case editrici e non certo a causa di “From Hell”. Questa serie esiste da dodici anni ma negli ultimi due è passata in mano alla Campbell Comics. Tre diverse compagnie cinematografiche si sono interessate al fumetto. La prima, già nel '94, è stata la Disney, che però ha abbandonato l'impresa perchè voleva un lieto fine alla storia, ma penso che un lieto fine nella vicenda di Jack Lo Squartatore sia davvero un'idea pessima. La seconda compagnia è stata la NewLine che però voleva un cast di grandi attori del calibro di Sean Connery, Patrick Stewart, Jodie Foster, Brad Pitt.
L'aspetto che più mi piace nella storia di Jack Lo Squartatore è la grande varietà di leggende, storie e fatti che le vicende del tempo gli hanno tessuto intorno. Adoro la teoria che vede come colpevole il nipote della regina Vittoria, Eddie, e i tentativi dei servizi segreti reali dell'epoca per celare lo scandalo agli occhi del popolo.
Di teorie ce ne sono state tantissime. Una in particolare narra che un certo Pitt di Liverpool avrebbe scritto dei diari che raccontavano le sue avventure nei panni dell'assassino Jack. Tutto questo si è poi rivelato un falso ma la NewLine, che aveva giudicato ottima questa storia, abbandonò il progetto. La Fox, terza concorrente per i diritti su From Hell, in quel periodo decise di fare un film su Jack Lo Squartatore ma ad un certo punto si scontrò con un bivio: scegliere tra il fumetto e il falso.
Ovviamente alla fine scelsero il fumetto e finalmente, dopo sette anni di attesa, c'è stata un'anteprima hollywoodiana alla quale ho partecipato. Purtroppo tale avvenimento coincise con la tragedia delle Torri Gemelle e molti invitati erano adirati con la produzione per aver permesso lo stesso l'anteprima del film, naturalmente violento. Tutto andò avanti come stabilito ma l'unica cosa che venne annullata fu il party di gala dopo l'anteprima”.

Quanto sono state sostanziose le modifiche alla struttura originale del fumetto?

E.C.: “Il libro è lungo e complicato da rendere in una trasposizione quindi la produzione ha ridotto e semplificato la trama. Una di queste “semplificazioni” si basa sui due personaggi principali, l'ispettore che dà la caccia a Jack e il veggente della regina. Sul film i due personaggi sono stati fusi e il risultato è una specie di detective con super poteri di chiaroveggenza. Il prodotto somiglia più ad un fumetto che il fumetto stesso. Nonostante ciò reputo il film ottimo, la realizzazione della scenografia è bellissima e hanno fatto uno stupendo lavoro sul set scegliendo i colori adeguati per ricreare le cupe atmosfere del fumetto. Come autore è stato eccitante vedere qua e là pezzi di mie idee e disegni dal bianco e nero ai colori della pellicola, interpretate da attori in carne ed ossa. E' stata ricostruita l'ambientazione della Londra vittoriana, tramite le scene del set, non in Inghilterra bensì nella Repubblica Ceca, in un campo vicino Praga. Lo scenografo è lo stesso che ha lavorato su “Shakespare in love”. Anche se hanno semplificato la trama, sono riusciti comunque a ricatturare il giusto spirito di “From Hell” ”.

E' stata sua la decisione di scegliere Johnny Deep come protagonista?

E.C.: “Ho visto Johnny solo per un attimo. La mia collaborazione si è limitata ad una supervisione quindi non ho potuto influire molto sulla scelta del personaggio. Penso, tutto sommato, che sia riuscito in modo abbastanza convincente ad interpretare il protagonista, mentre non avrei mai dato fiducia all'attrice scelta dalla produzione perchè ad una prima impressione mi era sembrata troppo piccola e fragile, ma mi sono ricreduto: sulla foto che i protagonisti hanno fatto insieme lei è risultata più grande e piena di vita”.

Come è stato ricreato l'ambiente povero e decadente che caratterizza il fumetto?

I due registi sono stati davvero bravi a rendere l'atmosfera di squallore tipica della Londra vittoriana, anche perchè già avevano fatto esperienze simili con film su ghetti e paesini cupi, come ad esempio la pellicola intitolata, mi sembra, “American Pimp”, sul tipico “pappone” americano. Quindi sono abbastanza esperti di zone antiche e decadenti.
In particolare ricordo alcune scene che sono praticamente identiche al fumetto come, ad esempio, quella dei dormitori dove, per metà del prezzo di un letto, si poteva dormire in piedi appoggiati ad un filo teso in mezzo alla stanza, appesi come camice bagnate. La mattina, per svegliare i clienti, l'inserviente non faceva altro che sciogliere una cima della corda e lasciar cadere le persone per terra. Sono stato contento che queste scene siano state riprodotte fedelmente sui miei disegni”.
Com'è il dottor Gall?

E.C.: “E' un personaggio importante, forse ingiustamente criticato. E' stato il primo a scrivere un articolo scientifico sull'anoressia nervosa, studiandola e dandogli appunto quel nome. Gall è stato un grande personaggio ed ora, guardando indietro, mi sento un po' bastardo per come lo ho reso. Gli autori del film hanno cercato in tutti i modi un filo conduttore che unisse la moltitudine di personaggi storici presenti nel fumetto. Tutti i personaggi rendono perfettamente tutto lo splendore e le bassezze di quel periodo storico. La morale che si estrapola dal film è però molto attuale. Il fine di Alan Moore è quello di rappresentare una sorta di apocalisse del secolo ventesimo”.

Ci sono stati problemi nel trasformare “From Hell” da fumetto a film?

E.C.: “La vera sfida è stata quella di dare vita e verosimiglianza alla scenografia di Moore. I problemi nascevano dai cambiamenti subiti dalla città di Londra dal tempo della Seconda Guerra Mondiale. La maggior parte delle ricostruzioni sono state basate su foto d'epoca. Gli autori hanno scelto Praga perchè la città mantiene quasi inalterato quell'aspetto gotico e cupo tipico del diciannovesimo secolo”.

Sul film è presente la magia di “From Hell”?

E.C.: “In piccola parte: sarebbe stato decisamente complicato realizzarla sul grande schermo. Ci sono alcuni personaggi che fanno da comparse, come ad esempio l'uomo elefante, ma senza tutta quella componente magica che possiedono invece nel libro, dove l'uomo elefante è un'incarnazione di Ganesha, il dio asiatico”.

Come si trova con Moore?

E.C.: “Abbastanza bene, anche se non mancano le scaramucce. La tecnica di Moore è unica e precisa. Di solito, quando un autore vuole che sulla tavola ci sia la pioggia scrive “Sta piovendo”, mentre Moore scrive “La pioggia sembra battere sui vetri e trasmettere in codice morse il testo di un romanzo russo”. Alan è la cosa più vicina al genio che io conosca. Ora è al lavoro su “Top Strong”, un'opera in cui intende riversare le sue stravaganti e folli idee sulla scienza”.

Qual è il rapporto tra Alan Moore e la magia?

E.C.: “Questa sua mania deriva in parte da “From Hell”, gli ha messo la pulce nell'orecchio. Moore si è poi interessato personalmente alla cosa e si è autoproclamato “mago” al suo quarantesimo anno d'età . E' una cosa che lui prende molto seriamente. Ha eletto addirittura una sua divinità , il serpente, che compare su alcune copertine. In realtà si tratta di una finta divinità usata in Gran Bretagna negli spettacoli di marionette per adulti. Ha l'aspetto di un rettile con una lunga parrucca bionda. Certo, suona un po' ridicolo, ma è tutto voluto perchè Moore non vuole sorprese. Preferisce sapere che il suo dio non è altro che un pupazzetto di stoffa usato negli spettacoli. Questo interessamento alla magia ha fatto sì che anche le sue storie subissero una sorta di rinascita concettuale. Ha scoperto nuovi personaggi, nuove trame e nuove idee, visti in un ottica completamente diversa da quella che lui avrebbe usato prima dell'avvento della magia”.

Cos'è stato più difficile nel narrare la storia di Jack lo Squartatore?

E.C.: “Soprattutto il crescendo della tensione man mano che gli omicidi si accavallano. Abbiamo deciso di inscenare l'ultimo delitto con la stessa piatta atmosfera nella quale i poliziotti si sono visti catapultati quando hanno scoperto il corpo della prostituta dilaniato e smembrato in tanti pezzi, alcuni dei quali bruciati nel camino. Il fumetto cerca di ricreare quel tono di sgomento e incredulità che è scaturito in quell'episodio, realmente accaduto, ma la cosa più difficile credo sia stato alternare le emozioni pagina dopo pagina”.

(fonte Film.it)
(Manuel Caprari e altri)


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