Every brilliant thing (Le cose per cui vale la pena vivere) ed Esercizi per un manifesto poetico


di Elena Bartolucci

19 Ott 2022 - Commenti danza, Commenti teatro, Festival

Un monologo denso di storie e un balletto dal sapore contemporaneo decisamente promettente concludono il Festival delle arti sceniche contemporanee.

Ascoli Piceno – Sabato 15 ottobre al Teatro Ventidio Basso si è conclusa la VII edizione del Festival delle arti sceniche contemporaneeAPP (Ascoli Piceno Present). Come degna chiusura del festival sono stati scelti due spettacoli molto interessanti.

Il primo è un’opera teatrale che è stata messa in scena in Italia solo dall’anno scorso grazie alla traduzione di Michele Panella. Un racconto di autofiction scandito da una lista lunghissima, ideata dal narratore protagonista (incarnato da Filippo Nigro), il quale da bambino inizia a stilare un elenco di cose per cui vale la pena vivere.

Questa idea ha preso il via proprio quando la madre tenta per la prima volta il suicidio. Questo suo modo di reagire però non riesce a far trovare alla figura materna il giusto modo di reagire, la quale infatti ignorerà sempre i suoi appunti disseminati per la casa.

I primi elementi della lista sono stati scritti ingenuamente di getto, mentre poi erano state stabilite delle regole di base (dato che anche altri hanno partecipato ad allungarla): non bisognava barare o ripetersi e non si poteva esagerare con troppe cose materiali. La lista si allunga con il passare del tempo e, seppure in età adulta ha rischiato diverse battute di arresto, riesce finalmente ad arrivare al traguardo di ben un milione di valide ragioni per cui vivere.

Il racconto della creazione della lista va di pari passo con alcuni momenti particolari della vita del narratore: il rapporto con il padre, il primo amore o il matrimonio fallimentare.

Alla fine, anche se la lista era stata creata per aiutare la madre, sarà stata sicuramente di supporto per il protagonista a percepire con maggiore attenzione tutte quelle piccole cose che nel corso della vita rendono tutto più bello regalando piccoli momenti di felicità, senza rischiare per forza di sentirsi schiacciati.

Oltre all’ottima struttura del racconto, la singolarità dello spettacolo è l’utilizzo che viene fatto del pubblico in sala, il quale è chiamato a partecipare direttamente: ad alcuni dei presenti è stato infatti consegnato prima dell’inizio dello spettacolo alcuni oggetti nonché biglietti con frasi varie corrispondenti a un numero chiamato a caso dallo stesso Nigro nel corso del suo monologo.

Il pubblico viene coinvolto anche in maniera più interattiva, impersonando alcune delle figure che più hanno segnato la vita del protagonista: il veterinario che pose fine alle sofferenze del suo cagnolino morente, la psicoterapeuta da cui era in cura da bambino, un professore del liceo, la prima fidanzata e il padre.

Il tono leggero del racconto (seppur legato a temi molto difficili e delicati come il suicido e la depressione) e il ritmo serrato dalle sfumature comiche e tristi allo stesso tempo rendono questo spettacolo un’ottima pièce teatrale partecipativa. In effetti, in base alla risposta dell’audience in sala, “lo spettacolo non è mai lo stesso, può essere ogni sera diverso. Di fatto, Filippo Nigro riscrive in scena il pezzo insieme agli spettatori che lo vorranno aiutare”.

Nigro ha dimostrato ancora una volta di essere un attore di primo livello: la recitazione è talmente fluida e ben costruita che non sembra nemmeno seguire un vero e proprio copione, scivolando via come un flusso di coscienza senza freni. Il fatto stesso di avere sempre le luci accese in sala e lo stesso attore sempre in platea rendono tutto il racconto ancora più intimo.

Lo spettacolo, vincitore del Premio nazionale Franco Enriquez 2022, è stato scritto nel 2013 da Duncan Macmillian insieme a Johnny Donahoe (ne è stato il primo interprete), la traduzione è di Michele Panella, la regia precisa e bilanciata è invece affidata a Fabrizio Arcuri, mentre la coregia e l’interpretazione sono affidate a Filippo Nigro. Si tratta di una coproduzione CSS Teatro stabile di innovazione del FVG e Sardegna Teatro.

La serata al teatro Ventidio Basso è poi proseguita con uno spettacolo di danza contemporanea. Vincitore dell’edizione 2019 del concorso DNAppunti Coreografici, Esercizi per un manifesto poetico segna il debutto sulle scene del Collettivo MINE formato da Francesco Saverio Cavaliere, Fabio Novembrini, Siro Guglielmi, Roberta Racis e Silvia Sisto.

“Il manifesto co-autorale trova la sua stesura danzata in una pratica coreutica scritta a dieci mani in cui respiro individuale ed unisono si compenetrano e in cui la tessitura corale e sincronica dello spazio e dei corpi diviene ispirazione per un linguaggio collettivo e una poetica evocativa. Ripetizione, determinazione ostinata, azione scenica potente e strutturata, come strumento di scrittura condivisa e capace di generare interazioni e accendere corrispondenze. Il movimento dà vita a un corpo unico che riflette sulla capacità di attraversare insieme il cambiamento e lo scorrere del tempo”.

Spiazzante la scelta di portare in scena uno spettacolo che, solo in apparenza, può sembrare banalmente ripetitivo, date le microsfumature nei movimenti che riescono invece a sorprendere lo spettatore piano piano. Il cambio di direzione sul palco è leggerissimo: i quattro danzatori in scena mantengono sempre la stessa velocità e lo stesso di ritmo di esecuzione dei propri balzi sul posto, creando una sorta di illusioni ottiche in diagonale.

Esercizi per un manifesto poetico “indaga la compresenza di una scrittura coreografica rigorosa e di una temperatura emotiva aperta e vibrante che si gioca in un hic et nunc post-moderno”. Più che una coreografia sembra una vera e propria prova di resistenza fisica, in cui la coerenza dei passi è la parola d’ordine dell’intero balletto.

Rispetto all’inizio, con il crescere della musica di stampo elettronico i movimenti riescono finalmente ad andare all’unisono con le note, mentre viene aggiunto anche l’uso delle braccia e si perde piano piano la sincronia fino a quando verso la fine tutto tornerà come all’inizio.

La circolarità del racconto di questo esperimento di collettivo e scrittura coreografica a dieci mani ha dimostrato dei buoni presupposti per idee conturbanti di danza contemporanea nel prossimo futuro.

Coreografia e concept sono firmati da Francesco Saverio Cavaliere, Fabio Novembrini, Siro Guglielmi, Roberta Racis e Silvia Sisto. Gli interpreti hanno danzato sulle note musicali di Samuele Cestola, mentre il disegno luci è firmato da Luca Serafini e la consulenza drammaturgica è di Gaia Clotilde Chernetich.

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