Cento (FE): La finta giardiniera è un singspiel italiano


Athos Tromboni (Gli Amici della Musica)

1 Feb 2002 - Commenti classica

Gaia, ebbra di musica, intrigante. Sono tre definizioni che ci sono venute a caldo ascoltando La finta giardiniera di Mozart messa in scena dal Teatro Borgatti di Cento come coronamento di una rigorosa selezione curata da Claudio Desderi, mirata all'alto perfezionamento. Lo stesso Desderi era sul podio dei Virtuosi Italiani durante la rappresentazione. La regia era affidata a Josè Carlos Plaza, assistito da Matelda Cappelletti.
Il Teatro Borgatti, dopo l'esperienza trionfale dei cinque atti unici di Rossini (che saranno ripresi a Vienna, Konzerthaus, nel prossimo mese di marzo), ha continuato la propria offerta dell'opera buffa con la logica dell'opèra-comique e il pubblico (teatro esaurito) ha reagito con prolungate ovazioni. Per questa Finta giardiniera il regista inventa il singspiel all'italiana. L'opera è rappresentata, nei paesi di lingua tedesca, in forma di singspiel, cioè con le parti in prosa recitate senza accompagnamento. Quando la si rappresenta, invece, in italiano, al posto delle parti recitate vengono eseguiti i recitativi accompagnati. Plaza, d'accordo con Claudio Desderi, ha affidato l'intreccio dell'azione ad una vera e propria recita in prosa, mentre il direttore d'orchestra ha sovrapposto l'inizio della musica delle parti cantate alle ultime battute recitate, di modo che l'azione, oltre che gradevole, ha assunto un dinamismo trascinante e l'opera è trascorsa con un ritmo mozzafiato. La regia, strepitosa nella sua semplicità , ha inscenato la vicenda dentro a grandi pannelli luminosi che riproducevano i paesaggi e le scene dei dipinti del Guercino. Si è capito una volta di più, grazie alla drammatizzazione inventata da Plaza, che La finta giardiniera non è propriamente un'opera buffa, come catalogata fin dalla nascita, ma piuttosto un'opera “semiseria” (il genere aveva cominciato a diffondersi nella seconda metà del Settecento) perchè le quattro arie di Sandrina (Geme la tortorella; Una voce sento al core; Crudeli fermate; Ah dal pianto) e l'aria di Arminda (Vorrei punirti indegno), così come il Terzettino, appartengono alla miglior tradizione seria, per pathos, impeto espressivo, per tragicità plasmata dentro la fusione fra parola e musica. Certo, le parti buffe e di carattere sono ben presenti, soprattutto nei personaggi maschili, ma l'impressione è che ancora una volta Mozart, per quel che di demoniaco e sublime implementa, abbia profuso estro per darci un'opera gaia, ebbra di musica, intrigante. Che la Giardiniera sia ebbra di musica lo conferma il fatto che su 28 numeri musicali complessivi, le arie solistiche sono ben 22 (si confronti con Le nozze di Figaro, dove su 28 numeri musicali le arie sono “soltanto” 14) e quindi è richiesto ai protagonisti un gran dispendio di energia ed una elevata dose di musicalità . Quello che si è visto e udito a Cento è degno di un grande teatro lirico. Il canto femminile era affidato ad una sempre più brava Myrtò Papatanasiu (Sandrina) e ad una simpaticissima Tiziana Bellavista (Arminda), coadiuvate dalle ottime Fulvia Caruso (Serpetta) e Francesca Russo Ermolli (nel ruolo en-travesti di Ramiro). Le parti maschili erano rette da Andrea Giovannini (Contino, un tenore chiaro dalla grande musicalità ), Vittorio Bari (Podestà ), e Ioannis Vassilakis (Nardo). Tutti preparatissimi. Desderi ha fatto suonare i Virtuosi come virtuosi. Il resto ce l'ha messo Mozart.

(Athos Tromboni (Gli Amici della Musica))


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