Cento anni fa “Ulisse” di James Joyce


di Alberto Pellegrino

5 Nov 2022 - Letteratura

Sono passati cento anni dalla nascita dell’Ulisse di James Joyce, un capolavoro che ha segnato e la letteratura e la cultura del Novecento

Ricorre quest’anno il centenario di un capolavoro considerato fondamentale per l’influenza che ha esercitato a livello mondiale sul mondo culturale del Novecento: si tratta del romanzo Ulisse (Ulysses) di James Joyce, pubblicato nel 1922, tradotto e pubblicato in Italia solo nel 1960. È l’opera più importante dell’autore irlandese, costruita secondo la tecnica del flusso di coscienza, per cui la narrazione segue l’andamento dei pensieri del protagonista e non risulta sempre di facile comprensione. Per il linguaggio usato in certi passaggi, il romanzo è stato accusato, in alcuni paesi, d’immoralità e ritirato dalla circolazione.

Il romanzo Ulisse di James Joyce è considerato una delle opere più importanti della letteratura del Novecento, una pietra miliare nella genesi della narrativa moderna. Il racconto è ambientato a Dublino dove sono collocate le tappe di un viaggio del protagonista che assumono la denominazione dei luoghi omerici dell’Odissea. Tutta la vicenda si svolge in un solo giorno, il 16 giugno 1904, scelto perché in quella data la sua futura moglie, Nora Barnacle, ha capito di essere innamorata dello scrittore.

Il protagonista del romanzo è l’ebreo irlandese Leopold Bloom, un moderno Ulisse piccolo-borghese dagli orizzonti culturali e sociali limitati, con slanci lirici di breve respiro, ma con una capacità di accettare qualsiasi compromesso che possa portargli un qualche vantaggio economico. Un coprotagonista, nel ruolo di un moderno Telemaco, è Stephen Dedalus, un giovane intellettuale colto, problematico e decadente, già protagonista del precedente romanzo Ritratto dell’artista da giovane. Stephen è alla disperata ricerca di una propria identità di artista, di dare forma alla più alta aspirazione di poeta purtroppo destinato a smarrirsi nello sterminato mare dell’esistenza.

Non a caso questo personaggio porta il nome del mitico architetto costruttore del labirinto di Creta. Dedalus, come il personaggio dell’antichità, è un aspirante artista destinato a perdersi in un labirinto di parole e situazioni senza uscita, preso dalla metaforica ricerca di una figura paterna, che vorrebbe identificare in Leopold Bloom visto come controfigura positiva rispetto a due volgari e gretti personaggi che egli è costretto a frequentare: il suo coinquilino Buck Mulligan e il preside della sua scuola Mister Deasy apertamente e ottusamente antisemita.

L’altra coprotagonista è Molly, la moglie di Bloom, che riveste il ruolo di una Penelope molto particolare perché, invece di essere un modello di fedeltà coniugale, tradisce regolarmente il marito che per vendicarsi è un assiduo frequentatore di bordelli. Sarà Molly la protagonista, assolta nell’ultima parte del romanzo, con uno straordinario monologo interiore, il quale rappresenta il flusso della coscienza femminile capace di coniugare e umanizzare sia le più segrete deviazioni e perversioni mentali di Bloom, sia le ossessioni intellettuali di Stephen Dedalus.

James Joyce con la moglie Nora Barnache e il loro avvocato il giorno delle nozze. Londra, 4 luglio 1931

La nuova Odissea che rappresenta la società del Novecento

In questa moderna Odissea il protagonista compie un viaggio esistenziale che rappresenta un modo per scoprire e costruire la propria personalità, entrando a contatto di realtà e personalità diverse senza esserne assorbito o annientato. Il viaggio di Leopold Bloom rappresenta il “naufragio” nella società contemporanea di un individuo che è il risultato dell’unione di più coscienze frammentate, pertanto non ha come esclusivo punto di riferimento la vicenda del protagonista, ma riguarda anche la cultura e la storia dell’umanità, “l’epopea di due razze (Israelita e irlandese) e al tempo stesso il ciclo dell’intero corpo umano”.   

Nella città di Dublino convivono e si scontrano non solo gli eventi quotidiani, ma la storia dell’Irlanda, la liturgia cattolica, le reminiscenze della filosofia scolastica, l’antropologia, i processi fisiologici, i riti sociali. Nel corso della narrazione si superano continuamente i labili confini del mondo interiore e della realtà esterna, perché l’autore, rinuncia a ordinare la realtà circostante secondo gli schemi della ragione e della tradizione per seguire un percorso fondato sul disordine e sulla mancanza di senso, costruendo un mondo che può apparire caotico e destrutturato, tanto che lo stesso Joyce riconosce di aver “inserito nella trama così tanti enigmi e puzzle che avrebbero tenuto gli studiosi impegnati per secoli a discutere su quello che volevo dire”.

Pur richiamandosi al poema omerico, Joyce si distacca da esso facendo spesso ricorso all’ironia per rappresentare un mondo segnato dalla mancanza di eroismo, dalla crisi di valori fondamentali come l’amore, la fede, il coraggio, per cui i vari personaggi sono destinati a perdersi nei labirinti della società contemporanea. Naturalmente esistono dei riferimenti al poema omerico come nel caso di Dedalus che parte come artista ribelle, mentre nel penultimo episodio (“Itaca”) appare rassegnato a sottostare alle inique leggi della società. La partecipazione di Bloom a un funerale e la conseguente meditazione sulla morte richiamano la discesa di Ulisse nell’Ade, dove si reca per interrogare l’indovino Tiresia sui futuri ostacoli al suo ritorno a Itaca, mentre per l’antieroe Bloom è l’occasione per rievocare le persone care scomparse che restano mute ai suoi interrogativi. La taverna, dove Bloom e Dedalus discutono del rapporto tra razionalità e istinto, corrisponde alla grotta del ciclope Polifemo (l’istinto) sconfitto da Ulisse (la razionalità).

La rappresentazione del mondo femminile diventa un tema cruciale del romanzo fin dall’episodio di “Nausicaa”, quando Bloom, mentre osserva di nascosto Gerty MacDovell, una bella ragazza che prende il sole sulla spiaggia, medita sull’amore, sul matrimonio, sui suoi desideri sessuali repressi. Nell’episodio dei “Buoi del Sole” si brinda e si mangia per esaltare la componente voluttuosa del cibo. Il bordello di Bella Cohen diventa il regno della sessualità paragonabile al regno della maga Circe, dove gli uomini sono trasformati in maiali. Infine il protagonista ritorna nel suo appartamento piccolo-borghese (la reggia di Itaca) dove l’attende la sua infedele Penelope, una donna passionale e insondabile che contrappone il corpo alla mente, ma che è l’unica capace di accogliere di nuovo Leopold, chiudendo il cerchio del “nostos”

La struttura e il linguaggio del romanzo

Composto da oltre mille pagine, il romanzo risulta estremamente complesso per l’avvicendarsi di storie tra loro inconciliabili, a volte raccontate da personaggi anonimi; bisogna inoltre tenere presente che diverse parti del racconto sono state realizzate secondo quella particolare tecnica di scrittura denominata “monologo interiore”, che permette di descrivere il “flusso di coscienza”, cioè il fluire dei  pensieri più intimi dei personaggi senza fare ricorso ad alcun tipo di punteggiatura proprio per indicare quanto sia intricato il procedimento cognitivo situato al di sotto dei processi mentali dell’io narrante. Inoltre nell’opera sono impiegati molti registri letterari che vanno dal satirico al parodistico, dal drammatico al filosofico, dal genere narrativo a quello musicale, per cui in alcune parti sono riportati testi di canzoni e addirittura brani di spartiti musicali.

Non a caso nella seconda parte il romanzo si trasforma per oltre duecento pagine in un dramma teatrale con la scomparsa del narratore e la presenza di nugolo di personaggi che interagiscono con il protagonista in luoghi diversi ma nel pieno rispetto delle due unità aristoteliche di spazio e di tempo. Questa parte dell’opera è ambientata nel quartiere dei bordelli e di pub malfamati di Dublino, un luogo degradato e nebbioso, segnato da un simbolico binario morto e scheletri di rotaie, da cumuli di spazzatura e di rifiuti. È un mondo abitato da una popolazione composta da ruffiane, prostitute, veggenti, aristocratiche e pari d’Inghilterra, soldati, poliziotti e pompieri, arcivescovi e preti, professori e straccioni, impiegati e professionisti, uno strano universo tenuto insieme dalla passione per il gioco d’azzardo, da forti pulsioni sessuali e da uno smodato amore per il cibo, da componenti teologico-religiose. Per tutte si può citare questa irriverente parodia delle litanie: “Rognone di Bloom, prega per noi…/ Massone caritatevole, prega per noi/Sapone errante, prega per noi/Dolcezze del Peccato, prega per noi/Rampognatore del Cittadino, pregate per noi/Amico di tutta la Biancheria di Pizzo, prega per noi/Levatrice Misericordiosa, prega per noi/Patata Preservatrice contro la pestilenza, prega per noi”. In Joyce l’amore per il teatro è talmente grande che tutto il nono episodio (Scilla e Cariddi) è dedicato a Shakespeare e in particolare ad Amleto in una discussione nella National Library tra Stephen Dedalus e altri personaggi.

La struttura e la trama del romanzo

L’Ulisse è diviso in tre parti costituite da 18 capitoli o episodi.

La prima parte (Telemachia) contiene tre episodi associabili agli episodi omerici che riguardano Telemaco, Nestore e Proteo. Come il giovane greco compie un viaggio per andare alla ricerca del padre Ulisse, così l’intellettuale Stephen Dedalus va alla ricerca delle propria identità di artista e della perduta paternità.

La seconda parte (Odissea) vede l’ingresso in scena di Leopold Bloom ed è composta da dodici episodi denominati Calypso, Lotofagi, Ade, Eolo, Lestrigoni, Scilla e Cariddi, Rocce vaganti, Sirene, Ciclopi, Nausicaa, I buoi del sole, Circe. Il nostro eroe post-omerico svolge il lavoro di pubblicitario presso un quotidiano dublinese e, alle otto del mattino esce per comprare il rognone, quindi ritorna a casa per preparare la colazione alla moglie Molly, una cantante d’opera che lo tradisce con Huch “Blazes” Boylan. Leopold teme che nell’arco della giornata la moglie lo tradirà, ne è quasi certo, ma evita di pensarci, si chiude in bagno e defeca con soddisfazione. Nell’episodio dei Lotofagi, Bloom è di nuovo in strada e si reca presso l’ufficio postale per ritirare la lettera di una sua ammiratrice ma, lungo il cammino, il suo pensiero è impegnato in una riflessione teologica, dal desiderio sessuale (la vista di una bella ragazza che prende il sole sulla spiaggia), dall’attrazione per il gioco d’azzardo: tutte tentazioni che allontanano il suo ritorno a casa. Leopold vaga per le strade ed è coinvolto in molte avventure: si reca in carrozza nel cimitero (l’Ade del mondo classico) dove secondo lo spirito creativo del borghese tuttofare, progetta in modo parodistico un grammofono da mettere sulle tombe per ricordarsi dei defunti (“E poi come si fa a ricordarsi di tutti? Gli occhi, l’incedere, la voce. Bene, la voce, sì: il grammofono. Mettere un grammofono in ogni tomba o tenerne uno a casa. La domenica dopo pranzo. Metti un po’ su il povero trisnonno… Ti ricorda la voce come una fotografia ti ricorda un viso. Sennò non ti ricorderesti un viso dopo, mettiamo, quindici anni”).

Il successivo episodio (Eolo) si svolge nella redazione del Freeman Journal, dove Bloom deve pubblicare un annuncio pubblicitario ma non ci riesce. Nello stesso momento anche Dedalus si trova negli uffici del giornale ma non incontra Bloom, mentre i due si ritrovano in un Pub, il luogo dell’alcol che, secondo la tradizione linguistica neolatina, è detto anche “spirito” da spiritus, il vento. Stephen racconta una storiella senza però riuscirsi, perché viene continuamente interrotto. 

Nell’ottavo episodio (Lestrigoni) domina il cibo. Bloom deve scegliere dove andare a pranzo: opta per il pub Davy Byrne. Poi si dirige al Museo Nazionale dove la sua vista è attratta dalla bellezza delle rotondità delle dee greche (in particolare il sedere). Con il pensiero si rivolge a Molly e al suo matrimonio in decadimento. Esce dal Museo, vede Boylan, l’amante della moglie. Decide di evitarlo.

Il nono episodio (Scilla e Cariddi) parte con una divagazione di Stephen Dedalus sulla genesi dell’Amleto, collegato alla infedeltà della moglie di Shakespeare. La presenza di Amleto è fondamentale, perché nella tragedia si affronta il tema della paternità e della fedeltà femminile, argomenti basilari anche in questo romanzo.

La terza parte riguarda i “i ritorni” (nòstoi) ed è formata dagli episodi Eumeo, Itaca, Penelope. Nel primo subentra la stanchezza del lungo giorno che accomuna Stephen sia Leopold, i quali discutono sulla misoginia e quindi si può comprendere come “Itaca-Penelope” sia metafora della terra che genera e che accoglie secondo l’archetipo delle divinità ctonie del mondo classico. La Donna nel suo insondabile mistero domina tutto l’ultimo capitolo che è un lungo e meraviglioso soliloquio di Molly Bloom, la quale riflette sulla vita e sulla sua situazione coniugale; pensa alla bellezza del corpo femminile e, in particolare, a quella dei seni paragonati all’organo maschile; ripensa all’orgasmo avuto quel giorno con il suo amante e a come sarebbe stato giacere anche con Stephen Dedalus. Ricorda, infine, la proposta di matrimonio di Bloom fatta a Gibilterra, il luogo delle mitiche colonne d’Ercole che l’Ulisse dantesco aveva superato per smarrirsi poi nell’immensità dell’Oceano. In quel mitico luogo con il suo “sì” aveva avuto inizio per lei una nuova vita (Gli misi le braccia intorno sì e me lo tirai addosso in modo che mi potesse sentire il corpo tutto profumato sì e il mio cuore batteva come impazzito e sì dissi sì voglio SI’). È lei la Madre Terra da quale si parte e alla quale l’uomo fa sempre ritorno, consapevole che è sempre pronta ad accoglierci.

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