Campanella al Teatro dell'Aquila
Andrea Strappa
6 Apr 2000 - Commenti classica
Programma di notevole impegno quello presentato dal pianista Michele Campanella il giorno 31 marzo al Teatro dell'Aquila di Fermo, tutto dedicato a Liszt trascrittore-reinventore di pagine wagneriane (Lohengrin, Parsifal, Olandese volante) e verdiane (Simon Boccanegra, Aida, Rigoletto). Tutte le premesse per un ottimo concerto non sono state disattese: dalla rara acustica del Teatro, che fa amare anche il suono degli accidentali scricchiolii e colpi di tosse, al pianoforte Steinway & Sons del 1892 della collezione Valli – limpidissimo nel registro medio-acuto e molto particolare in quello medio-grave, quasi un fortepiano, ma con un'evoluzione timbrica ben più ricca – fino alla chiara fama dell'interprete, considerato uno dei maggiori. Campanella ha offerto, contrariamente ad abitudini consolidate, un'interpretazione dal carattere tutto introspettivo delle musiche di Liszt, depurata da sonorità plateali e da gesti teatrali. Le variazioni agogiche sono state sempre contenute e le libertà che il pianista si è concesso non sono state quelle del cantante per l' acuto o per i respiri espressivi, ma quelle che si sarebbe preso un Debussy nel contemplare la magica evoluzione sonora di un accordo. Il timbro del pianoforte ha soppiantato infatti ogni artificio teatrale e avvolto il fluire melodico. Anche le soluzioni pianistiche più difficili di Liszt, sono rientrate nella sfera dei colori-timbrici-al-servizio-della-melodia. Generalmente, i passaggi pianistici più ostici che Liszt impone vengono risolti come se si trattasse di segni di interpunzione, dei commenti messi in mezzo tra una frase melodica e l'altra o dei massicci accompagnamenti che finiscono per condizionare la fluidità melodica, con ciò disturbando assai la continuità e frammentando il tempo musicale. Campanella ha escluso a priori questa accomodante soluzione, rimanendo al servizio di una continuità e di una priorità melodica ai limiti del possibile. Se in qualche rarissimo passo dei brani d'ascendenza wagneriana tale impresa ha rischiato di cadere (ma solo rischiato, perchè ciò non è accaduto), nei brani ispirati a Verdi il nostro interprete ha dato prova di riuscire pienamente nell'impresa, manifestando tutta la sua migliore vena musicale, libero da qualsiasi ostacolo tecnico. Il pubblico non è stato numerosissimo l'aspetto pubblicitario è stato probabilmente inadeguato ma molto caloroso. Campanella ha eseguito allora arabeske di Schumann e un moment musical in fa minore di Schubert, a suggello della sua idea introversa e visionaria della musica di Liszt.
(Andrea Strappa)