BBKing la leggenda ad Ancona


Manuel Caprari

14 Lug 2004 - Commenti live!

Ancona 10 luglio 2004 – Quante volte capita di vedere dal vivo una leggenda vivente? Magari senza spostarsi troppo lontano da casa, se non si vive in una delle città italiane più grandi? Vero è che nelle Marche negli ultimi anni di grandi artisti, celeberrimi, famosi o di nicchia che siano, ne son passati e ne stanno passando veramente tanti. Ma trovarsi di fronte ad uno degli uomini che hanno contribuito ad inventare il blues elettrico, dandogli un'impronta personale che poi è diventata uno degli aspetti codificati dell'identità del genere stesso, quante volte ancora ci potrà capitare?
Accompagnato da una band di otto elementi: tre fiati, due chitarre, basso, batteria e tastiere/pianoforte, che nell'introduzione si sono sbizzarriti in assoli che ne hanno subito fatto capire la stoffa, B.B. King suona seduto; dice di avere le ginocchia e la schiena malandate, e vorremmo ben vedere, a 79 anni o giù di lì! Ma il vocione roco e il tocco delle sue dita sulla chitarra sono quelli, magnifici, di sempre. Certo, l'impressione è quella di assistere alla performance di un navigato professionista che si crogiuola nella splendida routine dei grandi, testimone, oramai, soltanto di se stesso e del suo glorioso passato, che cerca e ovviamente trova un fin troppo facile dialogo col pubblico, incitandolo a prodursi in coretti d'accompagnamento, lanciando battute, a tratti gigioneggiando un po'; ma gli si perdona tutto: quello che abbiamo di fronte non è un relitto, è un artista certamente invecchiato, ma invecchiato nel migliore dei modi possibili per uno che ha scelto un genere che fa della propria immutabilità il proprio punto di forza. Il suo blues scorre robusto e travolgente con il gusto delle cose piacevolmente uguali a se stesse, e proprio per questo sorprendentemente fresche ed emozionanti, ancora una volta.
Pochi lenti, tantissimo ritmo, un po' di boogie, un po' di shuffle, ad un tratto anche un accenno di funky da parte del bassista; si flirta col jazz, in maniera piacevolmente disinvolta; non solo gli assoli di sax, trombe e addirittura di flauto all'inizio del concerto, ma è lo stesso B.B. King che suona Summertime e canta When the Saints Go Marchin' in; che sono poi i brani che sembrano emozionare di più il pubblico, insieme ai classici del suo repertorio come The Thrill is Gone (il momento migliore del concerto, secondo noi) e quella When Love Comes to Town, scritta ed incisa insieme agli U2, che forse lo ha anche un po' riportato alla ribalta alla fine degli anni '80, o perlomeno gli ha permesso di accostarsi a una fetta di pubblico che magari lo conosceva solo di nome. Questa canzone la reinventa di sana pianta, la suona molto meno rock e molto più rythm'n'blues, si mangia le parole e magari salta pure qualche strofa, e però il risultato è esaltante. Adrenalina pura.
Alla fine qualcuno spera nel bis, ma le luci sono accese, il sipario sta calando e il batterista ha lanciato le bacchette al pubblico come souvenir. Il concerto è durato un paio d'ore. Non è poco, ma anche fosse durato il doppio sarebbe sembrato troppo corto.

(Manuel Caprari)


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