“Agosto a Osage County”: una saga familiare dai toni acrimoniosi


di Elena Bartolucci

24 Nov 2023 - Commenti teatro

Un intenso testo in grado di offrire uno spaccato vivo su una accesa faida familiare. Recitazione e ritmi perfetti. Successo di “Agosto a Osage County”, per la regia di Filippo Dini, sul palco del Teatro delle Muse di Ancona.

(Le foto di scena sono di Luigi De Palma)

Ancona – Sabato 18 novembre, sul palcoscenico del Teatro Le Muse è andato in scena “Agosto a Osage County”. Vincitrice del premio Pulitzer nel 2008, questa commedia firmata da Tracy Letts è un vero e proprio viaggio attraverso ogni genere di emozione: disgusto, odio, amore, passione e profondo cinismo.

È stata portata al successo mondiale sul grande schermo grazie alla pellicola I segreti di Osage County in cui hanno recitato attori del calibro di Meryl Streep, Chris Cooper, e Julia Roberts.

Nella contea di Osage (Oklahoma – Stati Uniti), la famiglia Weston si riunisce dapprima per la scomparsa del capostipite Beverly, poeta alcolizzato ormai in declino da decenni, il quale si scoprirà poi essere morto suicida. Questa tragica scomparsa diventerà motivo per ritrovarsi tutti insieme prima e dopo il funerale, ma l’affetto e il ricordo per il defunto non sembrano affievolire i principali dissapori all’interno del nucleo familiare.

Tutti odiano tutti e non si sopportano: ogni piccolo dettaglio diventa una scusa per gettare sale sulle ferite aperte. Anche il più semplice dialogo riesce a trasformarsi in un complesso battibecco in grado di dare vita a un funambolesco conflitto intergenerazionale che fa così trasparire le complesse disfunzionalità famigliari a vari livelli.

Ciascuno dei personaggi serba un particolare segreto o rancore che nemmeno il tempo è riuscito a seppellire o scalfire e sarà proprio in occasione della cena, dopo il funerale, in cui tutti i parenti daranno il peggio di loro stessi: la violenza verbale e lo scontro indiretto vincono su tutto.

Lo stesso interprete e regista Filippo Dini ha dichiarato: “Chi o cosa siamo o siamo stati o saremo in rapporto alle aspettative, i desideri e le sconfitte che proiettiamo sugli altri e in particolare su coloro che occupano più intimamente la nostra vita? […] Attraverso i personaggi di Letts abbiamo la possibilità di confrontarci con una parte di noi, che ha a che fare con ciò che riflettiamo sulle persone che ci circondano, alle quali inevitabilmente consegniamo un pezzetto del nostro essere, fatto di tutto ciò che ci nutre e ci avvelena in quel preciso momento. Questo si arricchisce del confronto, espresso nelle maniere più disparate, e qui inizia la condivisione. Tutto questo processo sembra essere molto ammalato nella nostra epoca, sembra soffrire di un cancro incurabile […], che ci impedisce di comunicare, appunto, di ristabilire l’umana trasmissione tra gli individui: sembra costantemente e quotidianamente alla vigilia di un’apocalisse […].”

Un cast di tutto rispetto, in cui davvero ogni interprete è stato all’altezza della situazione dimostrando di riuscire a mantenere alla perfezione i ritmi pressanti di un testo dalle mille sfaccettature.

Grande merito alle interpretazioni femminili di Anna Bonaiuto e Manuela Mandracchia, che hanno interpretato rispettivamente i ruoli di Violet, la matriarca malata di cancro alla bocca, perfida e dipendente dai medicinali e Barbara, la figlia maggiore che si è autonominata nuovo capofamiglia rispetto alle altre due sorelle decisamente più deboli e meno autoritarie.

Ottimo anche tutto il resto della compagnia: Filippo Dini, Fabrizio Contri, Orietta Notari, Andrea Di Casa, Fulvio Pepe, Stefania Medri, Valeria Angelozzi, Edoardo Sorgente, Caterina Tieghi e Valentina Spaletta Tavella.

Davvero interessante la scelta di adottare una scenografica girevole messa in movimento direttamente dagli attori sul palco: gli spostamenti delle scene seguono il ritmo della narrazione senza mai disturbare lo spettatore.

Oltre all’estrema lunghezza dell’intero adattamento, unica nota dolente è sicuramente la scelta sopra le righe di creare un momento musical che sinceramente ha stonato con i toni più acrimoniosi e cupi della storia.

La regia asciutta e precisa è di Filippo Dini, mentre le scene sono firmate da Gregorio Zurla, i costumi da Alessio Rosati, le luci da Pasquale Mari, le musiche da Aleph Viola e il suono da Claudio Tortorici. Lo spettacolo, la cui traduzione è stata curata da Monica Capuani, è una produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale.

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