“Absolument Moderne”


Vincenzo Pasquali

22 Mar 2000 - Commenti classica

Assolutamente unica in Italia, la 18 Rassegna di Nuova Musica di Macerata ha preso il via, al Teatro “Lauro Rossi” il 21 Marzo, con tutte le premesse per essere ricordata come una delle edizioni più memorabili. “Absolument Moderne” (titolo della rassegna) ha ospitato per quattro giorni il prestigioso Arditti String Quartet, nella nuova formazione: Irvine Arditti e Graeme Jennings (primo e secondo violino); Dov Scheindlin, viola; Rohan De Saram, violoncello. Abbiamo assistito ad una carrellata significativa della musica scritta per quartetto d'archi nel '900 (la seconda, dopo l'edizione del 1997). Un pubblico molto motivato, anche se non numerosissimo, per lo più esperti, musicisti ed appassionati, ha sottolineato con grandi applausi la prova dell'Arditti Quartet. Nella prima serata abbiamo ascoltato tre brani: il Quartetto n.1, “Sonata a Kreutzer” di Leo Janà cek; il “Quartetto” di Witold Lutostawski e il Fragmente-Stille, an Diotima di Luigi Nono, musicista italiano scomparso da un decennio e personalità di spicco nel dibattito estetico e nell'impegno politico. A parte l'incidente (l'esplosione di un faro con i detriti pericolosamente precipitati nei paraggi dei musicisti), risolto con una breve pausa, i tre pezzi hanno evidenziato la capacità tecnica irresistibile dei musicisti, la perfezione degli sfumati, il calore passionale dell'interpretazione, la conoscenza viscerale delle soluzioni compositive del secolo del “rumore” assurto a suono. Nel brano di Janà cek spruzzi di motivi popolari articolati nella forte drammaticità , la dolcezza e il dolore si sono visti sublimare in pura musica concettuale. Il brano di Lutostawski, rinchiuso in una forma a blocchi, bellissimo nel suo rigore compositivo, in una lettura forse azzardata, ci è sembrato metafora della condizione umana con la comunicazione relegata ai soli gesti dei musicisti che si passano la “mano”. Ha concluso la serata il brano di Nono, una prova alta di quartetto. Bene descrive il senso dell'opera un pensiero dello stesso autore: – risvegliare l'orecchio, gli occhi, il pensiero umano, l'intelligenza, l'esteriorizzazione di un massimo d'interiorizzazione. Questa è la cosa più importante oggi – .

La seconda serata ha visto la prima esecuzione italiana del “Quartetto n.3” di Mauricio Kagel. La melodia/e tradizionale si sono perdute e ritrovate in simulacri di forme. L'esplorazione delle estensioni armoniche fino all'inverosimile dell'andante hanno preceduto quella ritmico-timbrica dell'andantino. Nel terzo movimento abbiamo intravisto echi ritmico-melodici barocchi trasfigurati in una lezione di estetica contemporanea.Dopo l'allegro finale, lo scrosciare degli applausi ha concluso la serata. Hanno preceduto il brano di Kagel i “Tre pezzi per quartetto d'archi” di Igor Stravinskij, dove tutta la poetica del musicista russo è stata frammentata in piccole perle, e il Notturno (Quartetto III) di Luciano Berio, dove la poeticità ci è sembrata costretta dentro ad un tecnicismo esasperato. Una grande prova di stile, quella di Berio, alla quale è mancata la forza di quella voce solo evocata dal pensiero musicale e da accenni imitativi. La Rassegna di Nuova Musica, organizzata dal Macerata Opera in collaborazione con il Comune della città marchigiana, ha presentato, nella terza serata, cinque brani: “Officium breve” di Gyà rgy Kurtà g; “Uy U T'an” (ascolta come parlano) di Hilda Paredes (presente in sala) in prima esecuzione italiana. Il brano, in una forma compiuta, esplora il materiale sonoro soprattutto in senso melodico e ritmico, opponendo dialetticamente linea-glissati e punti-saltellato. “La souris sans sourire” di Donatoni ha messo in luce magnificamente le doti virtuosistiche del quartetto Arditti. Interessante il brano, in prima assoluta, “Altri Visas”, di Stefano Scodanibbio, curatore della rassegna, coordinata, alla produzione, da Gianfranco Leli. Aveva aperto la serata un brano pervaso da una vena di tristezza (Quartetto IV) del compianto compositore marchigiano Fernando Mencherini, scomparso prematuramente nel 1997 e per il quale, in maggio, verrà inciso a Cagli un cd “Suono di una mano sola”. Gran finale, il 24 marzo, con il “Quartetto n.5” di Eliott Carter, il “Quartetto n.32 di Brian Ferneyhough, il “Quartetto n.3” di Conlon Nancarrow, in prima esecuzione italiana: un brano leggiadro, giocato su fili armonici e gocce pizzicate. L'attesissima “Grande Fuga” in si bemolle maggiore op.133 di Beethoven ha concluso la rassegna. à stato un momento emozionante ascoltare quel brano, del 1825, nel quale il grande Ludwig compie il miracolo del superamento della tradizione e l'Arditti Quartet è riuscito perfettamente ad esaltarne gli aspetti più innovativi. Inutile dire degli applausi a non finire, freddati da un bis non concesso, ma tant'è: abbiamo avuto quattro giorni di puro godimento estetico, e questo ci è bastato.

(Vincenzo Pasquali)


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