Servo per due. Uno spettacolo di rara bellezza


di Alberto Pellegrino

20 Feb 2015 - Commenti teatro

servo per due2_MusiculturaonlineCamerino (MC) 10.02.2015 – Erano anni che non si vedeva uno spettacolo con venti interpreti in scena tra attori e attrici, con un complesso di quattro musicisti (i Musica da ripostiglio) che eseguono dal vivo una serie di canzoni degli anni trenta, con un cast che recita, canta e balla per tre ore consecutive senza che il pubblico faccia uno sbadiglio, con un testo intelligente che non scade mai nella volgarità, perché usa l’arma dell’ironia e della comicità filtrata attraverso l’antica e gloriosa tradizione della Commedia dell’Arte. Questa specie di miracolo è stato compiuto dalla Compagnia degli Ipocriti e dal Gruppo Danny Rose che hanno messo in scena per la stagione 2014/2015 Servo per due, dopo oltre un anno di prove sul testo, di seminari sul corpo, sul canto e sul ballo.
Nel 2011 l’inglese Richard Bean adatta per il National Theatre di Londra, con il titolo One Man, Two Guvnors, la commedia Il servitore di due padroni che Carlo Goldoni nel 1745 scrive sotto forma di canovaccio per l’attore Antonio Sacco, in arte “Truffaldino”, che naturalmente recitava all’impronta. Successivamente Goldoni trasforma il canovaccio in una versione completamente scritta, creando una delle sue commedie più famose e più rappresentate in tutto il mondo. L’adattamento inglese risulta così funzionante e divertente che da tre anni va ancora in scena nel West End con un’immutata affluenza di pubblico.
Pierfrancesco Favino, Paolo Sassarelli, Marit Nissen e Simonetta Solder sono affascinati da questo testo, lo traducono dall’inglese, lo adattano a un contesto italiano, scegliendo come ambientazione la Rimini del 1936 e sostituendo la tipica comicità inglese con un umorismo più vicino alla cultura teatrale italiana, quindi formulano un progetto di produzione per portarlo sulla scena. Sono ancora Pierfrancesco Favino e Paolo Sassarelli a occuparsi della regia, scegliendo la strada della comicità, della velocità di ritmo, servo_per_due_ Musiculturaonlinedell’agilità fisica, della caratterizzazione dei personaggi che sono stati italianizzati, per cui i gangster diventano piccoli criminali di borgata, un aspirante attore è un guitto che scimmiotta il teatro classico e futurista, la servetta goldoniana diventa una procace maliarda della provincia romagnola, l’avvocato è un trombone che spara citazioni latine a vanvera, Clarice è una povera ragazza oppressa dalla famiglia, come Rachele in fuga da una serie di disgrazie e dall’ambiente d’origine, tutti presi da una vertiginosa girandola di equivoci e di inganni.
L’unico a rimanere sempre fedele a se stesso è Pippo (l’Arlecchino goldoniano) sempre affamato, sempre in cerca di cibo e di denaro, costretto a dividersi in modo alquanto schizofrenico tra due diversi padroni, un servo-per-due [1] Musiculturaonlinepersonaggio interpretato da uno straordinario Pierfrancesco Favino, attore cinematografico solitamente impegnato in parti drammatiche, che in questo caso sfoggia una verve, una fisicità, una comicità insospettate e scoppiettanti, per cui il teatro di prosa italiano scopre un interprete che non solo ha delle grandi qualità recitative, ma è anche capace di cantare, ballare e rotolarsi sulla scena per tutta la durata dello spettacolo. Al successo della rappresentazione contribuiscono in modo decisivo anche le belle scene stile anni trenta di Luigi Ferrigno, i costumi colorati e frizzanti di Alessandro Lai, le luci di Cesare Accetta e le coreografie di Fabrizio Angelini, il tutto incorniciato da un boccascena da avanspettacolo. Un tocco di classe è dato dalle musiche eseguite dal vivo dal gruppo Musica da Ripostiglio, quattro musicisti-cantanti che citano e rivisitano canzoni di successo della rivista e della radio del primo Novecento. Naturalmente abbondano le citazioni: le macchiette e le gag del varietà; l’apparizione sulla scena del Trio Lescano che furoreggia nella radio del tempo; la discesa dalle scale della “divina” Vanda Osiris, incontrastata regina della rivista riportata sulla scena da un attore en travesti; il ricordo del regime fascista con il ripetuto ingresso delle Camice Nere che ballano e cantano frivole canzonette, tenendo in pugno il fatidico manganello. Non manca nemmeno un omaggio al Fellini di Amarcord con il profilo del transatlantico Rex che, quasi alla fine dello spettacolo, attraversa la scena come un nostalgico e mitologico reperto storico.
Sono questi gli spettacoli che fanno bene al teatro, perché offrono un divertimento intelligente che non anestetizza le intelligenze, perché riescono a sopportare uno sforzo produttivo che comporta un rischioso investimento di capitali grazie al consenso accordato dal pubblico, perché assicurano lavoro e soddisfazioni professionali a un folto gruppo di attori e tecnici, perché nascondono, dietro la caratterizzazione comica dei personaggi, un secondo livello di lettura che investe aspetti e problemi della società contemporanea, come giustamente sottolinea Pierfrancesco Favino quando dice che “in questa opera ognuno vuol sembrare di essere ciò che non è, come accadeva in quegli anni in cui gli italiani volevano sembrare ciò che non erano”.
La storia si apre con Pippo, affamato e senza soldi, che si aggira per Rimini in cerca di una soluzione per i suoi problemi. Egli incontra Rocco, un ambiguo personaggio giunto in città per concludere un affare con Bartolo, padre della sua promessa sposa la dolce e svampita Clarice, per cui diventa il suo servitore. Rocco in realtà è stato ucciso e il suo posto è stato preso dalla sorella gemella Rachele che ha indossato abiti maschili. Di nascosto da Rocco, Pippo incontra Ludovico che è arrivato in città in cerca della sua fidanzata Rachele e accetta di diventare suo servitore, per cui si ritrova impegnato a servire due diversi padroni, cominciando a fare una gran confusione e combinare tutta una serie di guai. La vicenda si complica quando Clarice rifiuta di sposare l’uomo destinatole dal padre, perché è innamorata dell’eccentrico aspirante attore Amerigo e quando lo stesso Pippo scopre di essere attratto dalla seducente Zaira. La situazione diventa ancora più complessa e confusa quando Pippo scopre quanto sia difficile servire nello stesso albergo il pranzo a due diversi padroni, perché la sua vita è complicata da missive scambiate, bottiglie di vino consegnate per sbaglio, i tanti errori commessi dai camerieri Alfredo e Gennaro. Quando il sogno d’amore di Clarice e Amerigo sembra destinato a infrangersi, quando le vite di Rocco e Ludovico appaiono giunte a un inevitabile bivio, quando lo stesso Pippo pensa di poter mai conquistare la sua Zaira, tutti i malintesi e gli inganni sono svelati e si arriva al lieto fine per tutte le coppie di innamorati, persino per il povero Pippo che riuscirà a soddisfare la sua fame e a fare sua la bella Zaira, giurando che smetterà di combinare dei guai, anche se rimane il dubbio che forse non ci riuscirà mai.
Su questa trama si regge tutto lo spettacolo arricchito da una serie di trovate e citazioni dal vaudeville, dalla rivista, dal cinema muto, dalla commedia dell’arte, dall’avanspettacolo, per cui il tutto si rivela un formidabile meccanismo teatrale sorretto anche dalla bravura degli interpreti fra i quali spiccano, oltre a Favino, Bruno Armando, Diego Ribon, Marina Remi, Luciano Scarpa, Anna Ferzetti, Fabrizia Sacchi, Ugo Dighero. Lo spettacolo è venuto nelle Marche per compiere dal 10 al 16 febbraio una breve tournée che ha preso l’avvio dal Teatro Marchetti di Camerino, per passare poi al Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno e al Teatro Rossini di Pesaro, per concludersi infine nel Teatro Pergolesi di Jesi, riscuotendo sempre il consenso di un pubblico che ha affollato tutti i quattro teatri.

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