Nino Migliori e il suo “viaggio” fotografico a Londra


di Alberto Pellegrino

4 Apr 2020 - Altre Arti, Eventi e..., Arti Visive

Il ritratto di uno dei maggiori fotografi italiani, Nino Migliori, in calce alla Mostra One Day in London, ospitata nei mesi scorsi a Palazzo Bonaccorsi, sede di “Macerata Musei”.

Il Palazzo Bonaccorsi, sede di “Macerata Musei”, ha ospitato dal 6 febbraio al 6 marzo 2020, la Mostra One Day in London dedicata a Nino Migliori, allestita a cura di Roberto Maggiori con il patrocinio del Comune di Macerata e dell’Accademia di Belle Arti. La mostra è accompagnata da un piccolo ma elegante catalogo pubblicato dall’Editrice Quinlan (www.aroundphotography.it). L’iniziativa è entrata a far parte del “Festival Indipendenze” organizzato dal Dipartimento Dipendenza dell’Area Vasta 3 dell’Asur Marche con lo scopo di esplorare i vari linguaggi artistici e avviare una riflessione sui mali più aggressivi e subdoli della nostra società come le dipendenze e le nevrosi, che si possono curare anche attraverso le relazioni sociali, la partecipazione e il senso di responsabilità, per cui l’arte diventa un’efficace terapia come sta dimostrando l’esperimento portato avanti insieme all’Accademia di Belle Arti di Macerata.

Chi è Nino Migliori

Nino Migliori (1926) deve essere considerato uno dei maggiori fotografi italiani a livello nazionale e internazionale ed è stato sempre un’artista che ha fatto della ricerca di nuove forme di espressione una cifra fondamentale della sua attività. Si tratta di  una ricerca in continuo rinnovamento, perché l’autore si propone di coniugare le tradizioni delle arti visive con le nuove tecnologie e le modalità contemporanee della comunicazione in una totale indipendenza sia da scuole e correnti artistiche come dalle  richieste del mercato d’arte, seguendo con coerenza quella inclassificabile “poligamia espressiva” (come l’ha definita Michele Smargiassi) che ha portato il maestro “a lavorare per settant’anni con tutti i materiali, gli strumenti, i linguaggi del fotografico”.

Quasi per un prodigioso sdoppiamento della personalità artistica, abbiamo un Migliori che in un primo momento sembra essere attratto dal “chiarismo poetico” di Cavalli (si pensi a opere come Muro Bianco o a M’illumino d’immenso), per poi diventare un indiscusso maestro di un Neorealismo interpretato secondo una chiave personalissima e poetica. Si pensi a Gente dell’Emilia, Gente del Sud, Gente del Nord, Gente del Delta; all’uso particolare del “racconto per immagini”; alla sua particolare attenzione per il mondo dell’infanzia (ancora nel 2018 è tornato nelle scuole per proporre e realizzare le sue Favole di luce); ad alcune immagini come Il tuffatore o Il portatore di pane che sono diventate un patrimonio iconico dell’immaginario collettivo.

In tutti questi anni, con diverse modalità e forme espressive, questo autore non ha mai tralasciato di essere un costante indagatore della realtà sociale del nostro Paese interpretata attraverso il filtro poetico del suo obbiettivo.

Esiste in parallelo un altro Nino Migliori: il riconosciuto maestro dell’informale fotografico, l’erede di Man Ray e Moholy-Nagy nel campo di una sperimentazione fotografica iniziata nel 1948 con una serie di fondamentali ricerche come Ossidazioni, Pirogrammi, Ideogrammi, Stenopeogrammi, Collogrammi, Cliché verre, che hanno aperto in Italia nuove strade al linguaggio fotografico.

Questa passione per la ricerca non è mai venuta meno, basti pensare che nel 2016 (per festeggiare i suoi novant’anni) Migliori ha creato uno straordinario racconto fotografico intitolato Lumen. Ilaria del Carretto. Infatti, ha ripreso il celebre monumento realizzato da Jacopo della Quercia nel Duomo di San Martino a Lucca, servendosi solo della luce di sei grandi ceri e creando delle atmosfere particolarmente suggestive. L’artista ha voluto fornire una nuova chiave di lettura di questa scultura, perché ha dato una particolare sensibilità e densità alla materia; è riuscito a evidenziare, attraverso un continuo gioco di luci e ombre, una serie di suggestivi particolari nel volto, nel panneggio, nella postura delle mani che potrebbero sfuggire sotto la piena illuminazione artificiale. Si tratta di un’opera che ancora una volta dimostra come per Migliori fotografare sia un continuo modo d’inventare originale e geniale. “Sono sempre attratto da quello che mi circonda. – ha dichiarato l’artista nell’intervista che introduce la mostra di Macerata – È un gioco di seduzione che può innescarsi e quando ne vengo catturato non posso fare altro che seguire il bersaglio del desiderio, sentirne forte il richiamo…Che sia un paesaggio, una persona, un oggetto, una situazione, non importa, quello che mi piace fermare con la fotografia…è tutto quello che mi ha suscitato un’emozione”.

La mostra di Macerata

L’idea di questa mostra ha rappresentato una scelta particolarmente significativa, perché ha permesso di far conoscere alcuni degli ultimi lavori di Migliori. Sono stati infatti esposti tre racconti per immagini realizzati nel 2006 e il 2014/15 e ambientati a Londra, una città che costituisce una particolare fonte d’ispirazione per il Maestro. Essi sono la dimostrazione che per questo artista la fotografia è più vicina alla letteratura rispetto alle altre arti figurative, perché essa ha un suo specifico linguaggio e una precisa capacità narrativa che può essere contenuta in una sola immagine o può essere sviluppata in una narrazione di più ampio respiro.

Il primo racconto in bianco e nero s’intitola The South Kensington Suway-Windws e si richiama alle prime astrazioni sperimentate dall’autore: è costituito da alcune fotografie realizzate nel tunnel di questa metropolitana londinese che porta alle entrate sotterranei dei tre musei vittoriani Victoria and Albert Museum, Science Museum e Natural History Museum.

Dall’interno del vagone Migliori è rimasto colpito da alcune finestre poco illuminate dietro le quali s’intravvedevano delle ombre in movimento e dalle forme insolite, le quali hanno acceso la fantasia dell’artista che vi ha scorto paesaggi lunari, animali fantastici, mari in tempesta, per cui ha avvertito il bisogno di fotografare quella “realtà magmatica” per poi accorgersi, una volta entrato nel giardino che circonda i Musei, come quelle forme erano create dalle foglie cadute dagli alberi e agitate dal vento: l’artista era stato riportato alla realtà, ma ormai la sua fantasia aveva creato quelle fantastiche e magiche immagini.

Il secondo racconto è intitolato Cadmen Market e rientra nel progetto “Imago Mentis” iniziato nel 2012 e formato da generi fotografici diversi capaci di rappresentare “il lato fantastico, fiabesco e illusorio della realtà” come afferma il Maestro. In questo caso egli ci trasporta nelle atmosfere del Pop psichedelico grazie ai forti colori e alle immagini delle insegne dei negozi che si trovano lungo la Cadmen Town. Si tratta di fotografie che trasfigurano una semplice realtà pubblicitaria in atmosfere e forme divise tra fantasia e consumismo, delle icone che in qualche modo simboleggiano forme di vita legate al mondo contemporaneo. Il terzo e ultimo racconto è intitolato Cuprum e ci riporta a quello sperimentalismo che costituisce un ritorno alle origini ma anche una costante del mondo artistico di Migliori. A differenza del primo percorso narrativo fatto d’immagini fantasiose e poetiche nate dall’invenzione creativa dell’autore, ci troviamo di fronte a un’opera che nasce quasi per caso all’interno di un affollato pub londinese, dove l’autore è entrato all’ora di pranzo. Seduto dinanzi a un piccolo tavolo di rame, Migliori è attratto dalle tracce che i bicchieri, le bottiglie, i boccali di birra, gli stracci dei camerieri hanno lasciato nel tempo su quella superfice rotonda ed è colto da una improvvisa folgorazione: quei segni devono avergli richiamato alla memoria quelle “ossidazioni” realizzate nell’ormai lontano 1954; è stato come un flash che lo ha riportato agli anni della giovinezza e che ha sollecitato la sua immaginazione. Allora ha cominciato a fotografare tutti i tavolini di quel pub ed è nato uno straordinario universo dominato dal colore rossastro del rame e recante i segni del passaggio dell’uomo nel tempo. Quelle rosse immagini su fondo nero, filtrate dal suo obbiettivo, hanno perso ogni connotazione e consistenza materiale per diventare dei corpi astrali, dei lontanissimi pianeti ancora da esplorare e Migliori sembra volerci prendere per mano per invitarci a fare un viaggio in un mondo astrale apparentemente lontanissimo eppure reso vicino e quindi accessibile dalla sua e dalla nostra fantasia.

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