La mostra dedicata a Peter Lindbergh alla Venaria di Torino


di Alberto Pellegrino

26 Ott 2017 - Altre Arti, Eventi e..., Arti Visive

La Reggia di Venaria Reale di Torino fa da splendida cornice, fino al 4 febbraio 2018, alla mostra Peter Lindbergh. A Different Vision on Fashion Photography, una retrospettiva dedicata a uno dei più famosi fotografi di moda contemporanei. La mostra, che è divisa nelle sezioni “Supermodels”, “Stilisti”, “Danza”, “Unknown” e “Il grande schermo”, si propone di ripercorrere lo stile e i temi di Lindbergh attraverso 220 foto scattate dal 1978 a oggi, con l’inserimento di alcune immagini inedite.
Peter Lindbergh è nato il 23 gennaio 1944 a Leszno, una città che allora si trovava in Germania, mentre ora fa parte della Polonia. È cresciuto a Duisburg, dove ha iniziato a lavorare come vetrinista di un grande magazzino. A 18 anni si è trasferito in Svizzera, poi a Berlino e ad Arles, per poi riprendere a viaggiare in Spagna e in Marocco. Tornato in Germania, ha studiato pittura all’Università di arte di Krefeld, ma nel 1971 ha cominciato a dedicarsi alla fotografia per diventare in pochi anni uno dei maggiori fotografi di moda. Nel 1978 si è trasferito a Parigi e ha iniziato a lavorare per l’edizione italiana, inglese, francese, tedesca e americana di Vogue e a collaborare con prestigiose riviste come il New YorkerVanity FairHarper’s Bazaar.  Egli ha realizzato diverse campagne pubblicitarie per importanti marchi di moda, tra cui Giorgio Armani e Prada; ha ritratto celebri personaggi del mondo dello spettacolo come Catherine Deneuve, Mick Jagger, Charlotte Rampling, Tina Turner, John Travolta, Madonna e Sharon Stone; ha reso famose modelle come Naomi Campbell, Linda Evangelista, Cindy Crawford, Milla Jovovich e Kate Moss.
Le fotografie di Peter Lindbergh hanno rivoluzionato il mondo della moda, perché le modelle sono rappresentate secondo uno stile del tutto nuovo che permette di far emergere la loro personalità, la loro grazia e la loro femminilità, oltre alla loro indiscussa bellezza: non ci sono pose rigide o stereotipate; le riprese avvengono quasi sempre all’aperto con una predilezione per gli ambienti urbani; si fa uso di un linguaggio fotografico ispirato alla danza e al cinema, in particolare al cinema espressionista tedesco; è solito dire “non fotografo vestiti, faccio ritratti” di donne, che non devono essere necessariamente famose, ma che devono colpire la sua sensibilità di artista.
Peter Lindbergh sostiene che la fotografia deve raccontare la vera bellezza senza trucchi e senza fare ricorso al fotoritocco, liberandosi dalla schiavitù della perfezione: “Se davvero i fotografi sono responsabili della creazione e della rappresentazione della donna nella società moderna, allora credo che ci sia una sola via per progredire, ed è quella di dare volto e corpo a una femminilità forte e indipendente. Questo è il compito dei fotografi oggi: liberare il mondo dalla tirannia della giovinezza e della perfezione”. Peter Lindbergh sintetizza così la sua concezione della fotografia maturata in quasi quarant’anni di attività, durante i quali si è battuto  contro preconcetti e stereotipi per dimostrare che “la vera bellezza è il coraggio di essere se stessi” e che dentro i vestiti ci sono degli esseri umani con la loro personalità.
Peter Lindbergh, a differenza di altri grandi fotografi di moda come Cecil Beaton, Horst Horst, Helmut Newton, ha rivoluzionato questo genere fotografico, facendo la semplice scelta di ritrarre le modelle così come sono, senza gli artifici e gli eccessi in voga, inaugurando un nuovo tipo di estetica: «Non sono mica un supereroe – dice il fotografo – è che ero stufo di quelle donne in serie, tutte perfette e dai fisici scolpiti. Così, quando mi avevano chiesto di fare un servizio per Vogue USA, avevo portato su una spiaggia un gruppo di ragazze “nuove”, completamente diverse, e le avevo ritratte struccate con addosso una camicia bianca”.
Siamo nel 1988 e la direttrice della rivista guarda queste foto e rifiuta, ma poco dopo la nuova direttrice chiede a Lindbergh di realizzare per Vogue una linea fotografica rigorosamente in bianco e nero («lo preferisco al colore perché ci allontana dalla realtà») con modelle in jeans e capelli spettinati al vento, dando inizio a una nuova epoca nella quale la bellezza femminile è rappresentata senza tenere conto degli stereotipi in voga, ma secondo un  approccio che richiede sincerità e una piccola dose di coraggio nel porsi davanti all’obiettivo soprattutto quando si tratta di stelle di prima grandezza per cui il farsi ritrarre al naturale potrebbe apparire un rischio: «Lo so perfettamente che da parte di queste donne ci vuole del fegato per affrontare la macchina fotografica senza ritocchi: tutto si basa sul rapporto di fiducia che si crea tra me e loro. Quello che mi è sempre premuto mostrare è che la bellezza resta tale anche con le rughe o con i capelli non perfetti».  È la strada percorsa anche per realizzare il Calendario Pirelli 2017, che ha come protagoniste 16 donne più o meno mature (comprese tra i 27 e 71 anni) e senza alcun nudo, un bel cambio di rotta rispetto al solito stile del più celebre calendario del mondo noto per esaltare la bellezza dei corpi femminili. Lindbergh ha spiegato così la sua scelta: “Il mio Pirelli è un calendario non nudo, ma che spoglia l’anima delle attrici: quindi è più nudo del nudo. The Cal 2017 è un calendario sulla sensibilità, sull’emozione, non certo sui corpi perfetti”.

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