La Biennale di Fotografia Industriale di Bologna


di Alberto Pellegrino

2 Nov 2019 - Altre Arti, Eventi e..., Arti Visive

Per un mese (24 ottobre-24 novembre), a Bologna, in 11 sedi espositive, la quarta edizione di Foto/industria 2019, organizzata dalla Fondazione MAST, l’unica Biennale al mondo dedicata alla fotografia dell’Industria e del Lavoro.

La Fondazione MAST (Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia) ha organizzato la quarta edizione di Foto/industria 2019, l’unica Biennale al mondo dedicata alla fotografia dell’Industria e del Lavoro che è stata inaugurata a Bologna il 24 ottobre per rimanere aperta fino al 24 novembre. Il tema di questa edizione è il complesso e dinamico sistema del fare che caratterizza la presenza dell’uomo sul pianeta e che riguarda le città e le industrie, le reti energetiche e quelle infrastrutturali, i sistemi di comunicazione e le reti digitali. Questo insieme di attività costituisce la Tecnosfera, che il geologo Peter Haff, professore di geologia e ingegneria civile presso la Duke University, ha definito nel 2013 lo strato artificiale che si trova al di sopra della crosta terrestre con un peso stimato di 30 miliardi di miliardi di tonnellate.

Attraverso lo sguardo di numerosi artisti, la Biennale offre una panoramica di quello che il genere umano ha costruito nel tempo e che attualmente si sta sviluppando a velocità vertiginosa come sottolinea il direttore artistico Francesco Zanot: “La vastità dell’intervento umano sull’ambiente e su ogni cosa che lo circonda è resa evidente dalla diversità dei soggetti e dei luoghi rappresentati nelle immagini degli autori. Macchina fondamentale per fabbricare l’immaginario degli ultimi due secoli e aggiornarlo costantemente, la fotografia è allo stesso tempo un indispensabile strumento di ricerca e un prodotto dell’inestinguibile bisogno dell’uomo di cambiare (e rivedere) il mondo”.

Il tema argomento dell’attività dell’uomo sul pianeta è affrontato nella mostra Anthropocene attraverso un‘esplorazione multimediale basata sulle fotografie di Edward Burtynsky, i film di Jennifer Baichwal e Nicholas De Pencier, una serie di installazioni di realtà aumentata. La manifestazione ospita inoltre dieci mostre di autori che hanno fatto la storia della fotografia e di giovani autori emergenti con una serie di opere che hanno lo scopo di dimostrare come la fotografia non sia una spettatrice passiva ma un’artefice della costruzione del mondo da parte dell’uomo con una serie di paesaggi artificiali che sono il segno del progresso ma che, in diversi casi, costituiscono un danno provocato da un’eccessiva invasione della natura.

André Kertész – american viscose 1

La prima mostra è dedicata al grande André Kertész, uno dei protagonisti della “street photography” che ha fotografato durante la seconda guerra mondiale la fabbrica di pneumatici “Firestone” impegnata a rifornire i mezzi meccanici al fronte e gli stabilimenti della “American Viscose Corporation”, mettendo soprattutto in evidenza il rapporto tra l’uomo e la macchina.

Albert Renger-Patzsch

Albert Renger-Patzsch, tra il 1927 e il 1935, è stato il più importante esponente della corrente “Nuova Oggettività” e uno degli inventori della fotografia industriale. A Bologna è stata esposta una serie di paesaggi industriali della Ruhr, che costituiscono un capolavoro della fotografia documentaria contemporanea.

Una presenza di rilievo è quella di Lisetta Carmi, una delle fotografi più importanti del Novecento italiano, presente in mostra con due lavori realizzati nel 1964: il primo dedicato all’Italsider; il secondo al porto di Genova con la rappresentazione delle forme maestose e inquietanti degli impianti portuali e la fatica degli uomini.

Luigi Ghirri – Ferrari

Luigi Ghirri è uno dei più grandi artisti italiani del Novecento per aver creato uno straordinario immaginario fotografico, nel quale gli oggetti della quotidianità e il paesaggio circostante diventano autentici messaggi concettuali. Nella mostra a lui dedicata sono esposti per la prima volta i servizi realizzati su commissione per Ferrari, Costa Crociere, Bulgari e Marazzi.

Il fotografo belga David Claerbout ha realizzato una serie di immagini visionarie dedicate al celebre “Olympiastadion” di Berlino realizzato per ospitare le Olimpiadi del 1936 dall’architetto Werner March. Secondo le intenzioni del regime nazista, l’impianto avrebbe dovuto resistere per mille anni, mentre Claerbout ha progettato un software di computer grafica, ipotizzando come lo stadio sarà così degradato da arrivare fino alla sua totale sparizione.

Il fotografo e videomaker italiano Armin Linke lavora principalmente sulle trasformazioni del territorio e sulle cause che vanno attribuite alle forze economiche e politiche. Ha presentato un suo progetto intitolato “Prospecting Ocean” nel quale analizza, attraverso le immagini e la consulenza di scienziati e giuristi, lo sfruttamento delle risorse marine e la gestione dei fondali di tutto il mondo.

Il fotografo svizzero Matthieu Gafsou è il più noto esponente del movimento “Transumanesimo” che ha come obiettivo il miglioramento delle performance cognitive, psichiche e fisiche dell’uomo attraverso l’uso della scienza e della tecnologia, per cui ha presentato un progetto fotografico basato su una vasta ricerca condotta all’interno di istituzioni scientifiche, laboratori e comunità di paesi diversi.

Il fotografo Delio Jasse, che vive in Angola, è l’autore di “Arquivo Urbano”, una serie di immagini dedicate alla captale Luanda, una città di otto milioni di abitanti, partendo da immagini che riguardano il passato coloniale e che sono messe a confronto con le nuove costruzioni destinate ad aprire una riflessione verso il futuro.

La fotografa americana di origini filippine Stephanie Syjuco ha realizzato il video “Spectral City”, usando le immagini scaricate dal Google Earth per ricostruire il percorso attraverso la città di San Francisco nel film A Trip Down Market Street, realizzato nel 1906 dai Miles Brothers che avevano montato una cinepresa sulla parte anteriore di una “cablecar”. In questo modo l’artista statunitense è riuscita a proporre una riflessione sui limiti e le distorsioni prodotte dalle macchine, sull’uso dello spazio pubblico e sul continuo processo costruzione e di ricostruzione di una città.

Infine, il fotografo giapponese Yosuke Bandai ha trattato il tema dei rifiuti che minacciano il futuro dell’umanità con tempi di smaltimento che richiederanno decenni, secoli o addirittura millenni. Le sue immagini appaiono attraenti, misteriose e conturbanti, il risultato di un processo di revisione con il quale gli oggetti di partenza risultano completamente trasfigurati.

INFO

Orari mostre: martedì – domenica, 10-19* (ingresso gratuito)

* il MAMbo chiude alle 18,30

www.fotoindustria.it

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