Cavalleria rusticana e Pagliacci allo Sferisterio


di Alberto Pellegrino

28 Lug 2015 - Commenti classica, Musica classica

1. Cavalleria Rusticana - Anna Pirozzi MusiculturaonlineMacerata ( 18 luglio 2015) – Dopo diversi anni ritornano allo Sferisterio di Macerata i due drammi più rappresentativi dell’opera verista, i cui canoni fondamentali sono esplicitati nel Prologo dei Pagliacci, vero e proprio manifesto del melodramma verista inteso come autentica rappresentazione di vita ispirata al “vero”. A questa chiave di lettura si è fedelmente ispirato il giovane regista Alessandro Talevi che, invece di seguire cervellotiche innovazioni, ha preferito per Cavalleria la strada dell’assoluto rigore tradotto in “oscure” atmosfere di tragedia. È una cupa Pasqua di sangue quella che si accingono a vivere i protagonisti di un tragico triangolo (amante- donna tradita-marito tradito), una Pasqua che non conosce il cromatismo dei campi splendenti rievocati dal coro, né le atmosfere della festa e della processione pasquale, perché tutto viene spento nei toni e nei colori per esaltare il dramma di Santuzza, il suo incontro-scontro con Turiddu, la sua vendetta-tradimento nel momento in cui rivela ad Alfio la tresca d’amore tra Turiddu e Lola. Una balconata e una squallida piazza sono i luoghi deputati di tutta la vicenda e tanto rigore è abbandonato solo per seguire un gioco d’ombre che mimano l’incontro d’amore tra i due amanti e il sanguinoso duella finale.2. Cavalleria Rusticana - Rafael Davila Musiculturaonline
Il tema della gelosia, del tradimento, della ritorsione e della vendetta ritorna anche nei Pagliacci, per la cui messa in scena il regista Talevi sceglie un’inversione di atmosfere: per quanto cupa, non solare, quasi deprimente è la vicenda di Cavalleria, tanto gioiosa appare agli inizi l’animazione del villaggio, dove una folla di contadini e di borghesi, di giovani e di anziani, di donne e di bambini, chiusi nei bei e colorati costumi anni Venti, è in festosa agitazione per la ricorrenza del Santo Patrono e per l’arrivo dei commedianti che si apprestano a narrare l’amorosa vicenda di Pagliaccio, preannunciata dall’arrivo nella piazza di un colorato Carro di Tespi.
Tocca a Canio annunciare che lo spettacolo inizierà a ventitré ore e a ricordare a tutti che con lui è meglio non scherzare sul tema dell’amore, perché “il teatro e la vita non son la stessa cosa”. Quindi Nedda esegue la bella romanza O che bel sole di mezz’agosto (la cui esecuzione a volte 1. Pagliacci  Musiculturaonlineviene tagliata) e qui entra ancora in scena il gioco delle ombre a evocare quel volo d’uccelli che per Nedda rappresenta una metafora di fuga e di libertà. Momenti di profonda intimità si hanno con il duetto tra Silvio (“E allor perché, di’, tu m’hai stregato”) e Nedda (“Nulla scordai”). La tragedia ritorna poi nel suo alveo naturale con il tradimento di Tonio, il gioco terribile della realtà che s’innesta nella irrealtà della scena, il duplice omicidio dei due amanti, al quale fa seguito il suicidio di Canio (unica libertà che si è 2. Pagliacci - Marco Caria (Tonio) Musiculturaonlinepreso il regista rispetto al libretto), per cui tocca a Tonio pronunciare la celebre frase conclusiva “La commedia è finita!”.
Nonostante la direzione un po’ discontinua del M° Christopher Franklin, gli interpreti sono stati all’altezza della situazione, in particolare Anna Pirozzi nella duplice veste di Santuzza e di Nedda, molto intensa nella prima interpretazione, più malinconica e dolente nella seconda; Rafael Davila è stato un accettabile Turiddu con qualche incertezza nelle vesti di Canio; meno felice l’Alfio di Alberto Gazale, mentre è stato convincente Marco Caria come Prologo e come Tonio; molto lirico l’Arlecchino di Pietro Adaini e appassionato il Silvio di Giorgio Caoduro.

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