Alessio Boni meraviglia tutti con il suo “Don Chisciotte”


di Elena Bartolucci

26 Dic 2019 - Commenti teatro

Un bravissimo Alessio Boni è Don Chisciotte al Teatro dell’Aquila di Fermo: uno spettacolo difficile che ha saputo riassumere le avventure del famoso cavaliere errante. Straordinaria Serra Yilmaz nella parte di Sancho Panza.

Fermo – Martedì 3 dicembre il palcoscenico del Teatro dell’Aquila ha ospitato lo spettacolo Don Chisciotte nell’adattamento di Francesco Niccolini.

Alessio Boni nelle vesti del famoso cavaliere errante ha portato in scena una versione scanzonata e piena di pathos di questo personaggio dalle mille sfaccettature che viene creduto pazzo, perché desidera semplicemente raggiungere una morte gloriosa. Anche se tutti credono che abbia perso la ragione, Don Chisciotte ha votato la sua vita per liberare gli oppressi, garantire la giustizia degli ultimi e combattere i corrotti e gli sfruttatori. Non si tira mai indietro a una nuova avventura (neppure contro i mulini a vento) e crede fino in fondo ai suoi ideali e in particolare al sogno di poter lasciare ai posteri un mondo migliore e soprattutto più giusto.

La complessità e la tragicomicità di questo personaggio è comunque smorzata dal suo buffo modo di parlare (che ricorda infatti per molti versi il linguaggio strampalato di Vittorio Gassman nel film L’armata Brancaleone di Monicelli) e al contempo controbilanciata dall’incredibile ironia del suo prode compagno e fidato scudiero Sancho Panza (una straordinaria Serra Yilmaz) che conquista lo spettatore sin dal suo ingresso in scena.

Per spiegare al meglio chi sia veramente Don Chisciotte, Alessio Boni ha dichiarato nelle note dello spettacolo: “[…] forse ci vuole una qualche forma di follia, ancor più che il coraggio, per compiere atti eroici. La lucida follia è quella che ti permette di sospendere, per un eterno istante, il senso del limite: quel “so che dobbiamo morire” che spoglia di senso il quotidiano umano, ma che solo ci rende umani. L’animale non sa che dovrà morire: in ogni istante è o vita o morte. L’uomo lo sa ed è, in ogni istante, vita e morte insieme. Emblematico in questo è Amleto, coevo di Don Chisciotte, che si chiede: chi vorrebbe faticare, soffrire, lavorare indegnamente, assistere all’insolenza dei potenti, alle premiazioni degli indegni sui meritevoli, se tanto la fine è morire? Don Chisciotte va oltre: trascende questa consapevolezza e combatte per un ideale etico, eroico. Un ideale che arricchisce di valore ogni gesto quotidiano. E che, involontariamente, l’ha reso immortale. È forse folle tutto ciò? È meglio vivere a testa bassa, inseriti in un contesto che ci precede e ci forma, in una rete di regole pre-determinate che, a loro volta, ci determinano? Gli uomini che, nel corso dei secoli, hanno osato svincolarsi da questa rete – avvalendosi del sogno, della fantasia, dell’immaginazione – sono stati spesso considerati “pazzi”. Salvo poi venir riabilitati dalla Storia stessa. Dopotutto, sono proprio coloro che sono folli abbastanza da credere nella loro visione del mondo, da andare controcorrente, da ribaltare il tavolo, che meritano di essere ricordati in eterno: tra gli altri, Galileo, Leonardo, Mozart, Che Guevara, Mandela, Madre Teresa, Steve Jobs e, perché no, Don Chisciotte”.

Nonostante il romanzo originale sia stato chiaramente alleggerito di numerose avventure per poter concentrare il cuore del libro in quasi più di due ore di spettacolo, il finale aperto e trasposto ai giorni nostri è di difficile accesso allo spettatore che rimane comunque piacevolmente soddisfatto di una rappresentazione ben costruita in grado di raccontare con uno sguardo scanzonato e attento al tempo stesso le vicende legate al famigerato cavaliere errante.

Il testo è liberamente ispirato al romanzo di Miguel de Cervantes Saavedra e la regia è firmata da Marcello Prayer insieme a Alessio Boni e Roberto Aldorasi. Le scene sono di Massimo Troncanetti, i costumi di Francesco Esposito, le luci di Davide Scognamiglio e le musiche di Francesco Forni.

Insieme ai due bravissimi protagonisti, Alessio Boni e Serra Yilmaz, in scena ci sono anche Marcello Prayer, Francesco Meoni, Pietro Faiella, Liliana Massari ed Elena Nico e Nicoló Diana, il quale ha dato letteralmente vita al cavallo Ronzinante di Don Chisciotte (gestendo gli spostamenti del modello meccanico del quadrupede grazie all’ausilio delle ruote posizionate sulle zampe e i movimenti del muso, delle orecchie e della coda rendendo così l’espressività dell’animale ancora più realistica). Lo spettacolo è una produzione di Nuovo Teatro insieme alla Fondazione Teatro della Toscana.

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